XXIV Congresso nazionale della Fiom Rinaldini non ci soddisfa in pieno In minoranza le posizioni di Epifani e Patta. Sconfitto il tentativo della destra riformista di normalizzare la Fiom. Dimezzati i consensi di "Lavoro e società" Occorre organizzare la sinistra sindacale Si è svolto a Montesilvano, dal 7 al 10 febbraio, il XXIV congresso nazionale della Fiom cui hanno partecipato 730 delegati e 40 delegazioni di sindacati provenienti da tutto il mondo. Un congresso molto importante perché cadeva al termine di una difficile vertenza per il rinnovo del contratto nazionale, durata ben 13 mesi, perché si è tenuto a pochi mesi delle elezioni politiche e perché si tratta dell'assise della più importante categoria e sindacato dell'industria la cui influenza nel bene e nel male è sempre stata molto forte nell'intera Cgil e nella classe operaia. Per quanto non del tutto scontati, lavori e conclusioni hanno rispettato le previsioni. Il riferimento è alla relazione introduttiva del segretario uscente, Gianni Rinaldini e al successivo vivace dibattito, all'attacco normalizzatore che la destra riformista, capeggiata da Guglielmo Epifani (e Fausto Durante in Fiom) e "Lavoro e società" di Patta e di Augustin Breda hanno lanciato, e alle votazioni sui documenti, per il nuovo Comitato centrale e per l'invio dei delegati al congresso nazionale confederale della Cgil previsto per i primi di marzo a Rimini. Diversamente da quanto accaduto in altre categorie della Cgil, nel congresso dei metalmeccanici non ci sono state "conclusioni unitarie". Le votazioni sono state organizzate su tre liste contrapposte per volere delle correnti minoritarie. Evidentemente c'era la voglia di contarsi. I numeri dicono chiaramente chi ha vinto e chi ha perso: Rinaldini è stato rieletto segretario generale con 142 voti, 10 contrari e 3 astenuti. Alla componente maggioritaria di Rinaldini è andato il 72,26% dei consensi (131 seggi al Comitato centrale), alla componente che fa riferimento alle tesi di Epifani il 20,38% (37 seggi) e a "Lavoro e società" il 7,35% (13 seggi). Per la composizione della delegazione che parteciperà al congresso della Cgil le percentuali delle tre liste sono risultate rispettivamente del 70,85%, del 20,16% e del 7,86%. Confermata in blocco la segreteria nazionale uscente composta, oltreché da Rinaldini da Giorgio Cremaschi, Fausto Durante e Maurizio Landini. L'unica novità riguarda Francesca Re David che lascia per scadenza naturale dei due mandati, sostituita da Laura Spezia della Fiom Piemonte. Saltato il "patto dei 12" In Fiom, lo si sapeva, il patto precongressuale chiamato dei 12 segretari confederali che assegnava l'80% dei posti alla corrente di Epifani e il 20% alla ex sinistra sindacale di Patta, non ha funzionato. Anzi, "Lavoro e società" che ha già annunciato di non volersi sciogliere come area programmatica, ne esce più che dimezzata nei consensi. Le tesi di Rinaldini, appoggiate da "Rete 28 aprile" di Cremaschi, e anche dai militanti e dai simpatizzanti del PMLI, sia pure in forma critica, invece ha ottenuto nei congressi di base una media del 15%, saliti a 20 e 30% nelle regioni e province del Nord più sindacalizzate e dove l'industria metalmeccanica ha un insediamento più forte. La linea congressuale della Fiom, approvata a grande maggioranza, è sintetizzata nella relazione introduttiva e nelle conclusioni di Rinaldini. Le sue posizioni ruotano essenzialmente attorno ai temi trattati nelle sue "tesi alternative" n. 8 e 9 del documento per la discussione congressuale messo a punto da Epifani e che porta il titolo: "Riprogettare il paese - Lavori, saperi, diritti, libertà". E cioè il sistema di contrattazione, la democrazia sindacale e in definitiva il modello di sindacato. Posizioni che non ci soddisfano in pieno. In parte condivisibili e in parte no, specie l'ispirazione politica e strategica di fondo che si potrebbe definire "riformista di sinistra", di sapore operaista. Il che richiama la sua formazione e i suoi punti di riferimento che sono l'ex segretario della Fiom, il defunto Claudio Sabattini, con cui condivideva l'ammirazione per la trotzkista e femminista Rosa Luxemburg. No alla concertazione La prima parte della relazione la dedica al contratto di lavoro appena firmato magnificandone oltre misura i risultati. Solo perché sono state limitate le pretese della Federmeccanica. La difesa del contratto nazionale e la firma dell'accordo unitario con Fim e Uilm, dopo 4 anni di intese separate, la riconferma del diritto delle Rsu nella contrattazione aziendale, sono certo importanti ma non sufficienti per dare un giudizio positivo. Perché gli aumenti salariali ottenuti sono irrisori, perché certe concessioni sulle flessibilità ai padroni ci sono state, perché le regole sull'apprendistato non ci piacciono per niente. Ma su questo Rinaldini ha sorvolato. Giusta la sua opposizione alla controriforma contrattuale di stampo liberista perseguita dalla Confindustria che vorrebbe ridimensionare se non cancellare il contratto nazionale a favore dei contratti aziendali, territoriali e financo individuali. Che vorrebbe mano libera nell'uso della forza-lavoro, cancellando di fatto il sindacato come organizzazione autonoma, indipendente e conflittuale dei lavoratori per la difesa collettiva dei suoi interessi economici e normativi. Che vorrebbe imbrigliare ulteriormente e rendere innocuo il diritto di sciopero. In questo ambito Rinaldini richiama l'esperienza storica del movimento sindacale europeo, diversa e migliore rispetto agli Usa. Trattando di globalizzazione e di Ue allargata, denunciando le tendenze liberiste, come la direttiva Bolkestein e la delocalizzazione delle imprese nei paesi dove il "costo del lavoro" e i diritti sindacali sono al minimo, Rinaldini propone che si vada verso la formazione di sindacati europei e verso il contratto di lavoro europeo senza i quali, sostiene, è più difficile opporsi al dumping sociale e difendere i diritti dei lavoratori. Per l'Italia si domanda se non sia il caso di pensare a un contratto nazionale dell'industria. Ma è questa una proposta che rimane nel vago e rende difficile valutarne tutte le conseguenze. La parte migliore della posizione congressuale di Rinaldini è forse quella che riguarda il rifiuto della concertazione e del patto sociale del 23 luglio '93, che è stato utilizzato, afferma, dai padroni per contenere i salari e per accrescere i profitti; anche se permangono delle ambiguità. Alla Cgil propone di superare la logica dell'inflazione programmata e di rivendicare incrementi retributivi reali. "Pensiamo di riproporre - dice - il percorso dell'inizio anni Novanta, oppure pensiamo a un percorso diverso? Ritengo - aggiunge - quel percorso non possibile anche in presenza di un auspicabile nuovo governo, per la semplice ragione che le condizioni sono profondamente mutate, le condizioni dei lavoratori, delle lavoratrici e dei pensionati, non sono comparabili con quelle di allora". Di seguito da sottolineare la critica alla politica devastante del governo Berlusconi e la richiesta "che l'intera legislazione sul lavoro, prodotta nel corso di questi anni, sia abrogata e superata con una nuova e diversa legislazione, che rimetta al centro il lavoro a tempo indeterminato e definisca un sistema universale di copertura degli ammortizzatori sociali". Insomma la cancellazione della legge 30, della Bossi-Fini, della Moratti, dei Cpt, ecc. Quanto alla crisi della Fiat che permane tuttora, c'è un no esplicito a nuovi licenziamenti. Lo stesso si può dire della critica alle guerre di aggressione e la richiesta del ritiro immediato dei contingenti militari italiani dall'Afghanistan e dall'Iraq. Ma queste richieste troveranno udienza nell'Unione di Prodi e in un eventuale suo governo? No, in larga misura! No ai "governi amici" Altri due aspetti rilevanti della posizione di Rinaldini attengono al rapporto tra sindacato e governo e tra Fiom e Cgil. Sul primo tema, in coerenza al rifiuto della concertazione e all'affermazione che il sindacato deve essere un soggetto autonomo e indipendente che deve rispondere democraticamente ai lavoratori che rappresenta, dichiara che non ci possono essere "governi amici". "Questo è un paese allo sbando - esclama -, la situazione è persino pericolosa, si sono rotti gli argini delle garanzie democratiche e dobbiamo saperlo: una conferma di questo governo sarebbe una sciagura per il paese e i lavoratori. Nello stesso tempo diciamo agli altri, da Mastella a Bertinotti, per passare da Rutelli a Fassino e arrivare a Prodi, che noi non abbiamo Governi amici". Sul secondo tema Rinaldini rivendica uno spazio e un ruolo della Fiom nella Cgil sempre meno sopportato dalla destra confederale e dai DS. "Non è in discussione tra noi la confederalità e tanto meno l'unità della Cgil. La Fiom e la Cgil - aggiunge - sono inscindibili. La Fiom senza la Cgil, non sarebbe la Fiom. Così come, la Cgil senza la Fiom, non sarebbe la Cgil. Perché questa è la nostra storia fin dalla nascita della nostra organizzazione". Ed è proprio su questo punto, sulla "diversità" della Fiom e sul peso di essa in Cgil che Epifani ha centrato il suo intervento pesantemente polemico. "Sono d'accordo quando si dice che non ci può essere Fiom senza Cgil e viceversa però voglio dirvi che non c'è solo questo nella vita della Cgil. In questi anni sono cresciute altre realtà, molte categorie hanno fatto esperienze straordinarie dalla scuola agli edili. Mi sono battuto - dice - con forza per contrastare l'isolamento della Fiom anche all'interno della Cgil, ma non si può ridurre tutto al rapporto a due". In parole povere Epifani dice alla Fiom che è un sindacato di categoria tra gli altri e che è tempo che rientri nei ranghi e si allinei alle posizioni destrorse confederali. Che questo sia il significato vero del suo intervento si capisce dal fatto che nulla ha detto sul contributo dato dalla Fiom in questi ultimi cinque anni nel duro scontro col governo e il padronato. Occorre organizzare la sinistra sindacale Rinaldini sin dall'inizio ha sostenuto, come hanno fatto dal canto loro sia Epifani che Patta, il "congresso unitario". E si è adoperato concretamente in questo senso. Ha convinto la "Rete 28 aprile" a non presentare un documento congressuale "alternativo" e ad appoggiare le sue due tesi "alternative". Nello stesso tempo ha votato il documento congressuale che contiene la linea del segretario della Cgil uscente e l'antidemocratico regolamento congressuale che tanto ha contribuito a monopolizzare e falsare i congressi che si sono tenuti sin qui. Rinaldini inoltre ha sostenuto sin dall'inizio che non avrebbe dato vita a una componente programmatica della sinistra sindacale, in sostituzione di quella di "Lavoro e società" di fatto confluita nella maggioranza di Epifani. E in sede di congresso Fiom ha confermato pari pari questa impostazione ("non intendo dare vita ad alcuna area programmatica nella Cgil"). Anche se ha lamentato scorrettezze nei suoi confronti e dei suoi sostenitori e rivendicato maggiore equilibrio nella formazione dei gruppi dirigenti. Noi abbiamo avversato questa impostazione congressuale che favorisce più la destra che la sinistra sindacale. Abbiamo bollato come un errore la rinuncia alla presentazione del documento alternativo a quello di Epifani. Lo svolgimento dei congressi ci ha dato piena ragione. Tatticamente si è reso necessario sostenere le tesi presentate da Rinaldini nell'ambito della nostra proposta del grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale alle Assemblee generali dei lavoratori. Abbiamo criticato la svolta a destra di "Lavoro e società" e formulato la necessità di riorganizzare e riunire la sinistra sindacale della Cgil, e non solo. Ciò attraverso la costruzione nel tempo della Corrente sindacale di classe che rimane uno dei maggiori impegni dei sindacalisti, delle lavoratrici e dei lavoratori e dei pensionati marxisti-leninisti. 15 febbraio 2006 |