Per rendere praticamente impossibile il reintegro nel posto di lavoro Il governo riscrive l'Art. 18 per favorire ancor di più i padroni Il governo, per venire incontro alle lamentele di Confindustria, intende riscrivere ulteriormente l'art.18 dello Statuto dei lavoratori attraverso due emendamenti al suo disegno di legge presentato in parlamento nell'ultima settimana di marzo, denominato: "Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro" per rendere praticamente impraticabile il reintegro nel posto di lavoro dei lavoratori licenziati illegalmente. Lo si apprende da una conferenza stampa del relatore in commissione Lavoro del Senato, il PDL Maurizio Castro. È proprio vero che al peggio non c'è mai fine. Si perché, al di là della piccola e impercettibile modifica, più formale che reale, introdotta a seguito della vergognosa intesa tra i leader del PD, del Terzo Polo e del PDL Bersani, Casini e Alfano la controriforma Monti-Fornero nell'art.14 del ddl aveva già riscritto la norma per aumentare la flessibilità in uscita, liberalizzare i licenziamenti e cancellare di fatto l'art.18 dello Statuto dei lavoratori. Come? Facendo in modo che in caso di licenziamento individuale illegittimo, sia per motivi disciplinari sia per motivi economici e organizzativi, l'indennizzo economico diventi la regola e il reintegro l'eccezione che si può realizzare "in presenza - ha avuto la faccia tosta di confessare Monti - di fattispecie molto estreme e improbabili". Ma vediamo cosa tolgono ancora alla tutela dei lavoratori questi emendamenti. La prima modifica riguarda i licenziamenti disciplinari. Il testo presentato in Senato prevede la possibilità per il giudice di annullare il licenziamento illegittimo e disporre il reintegro, più risarcimento, per l'insussistenza dei fatti contestati o per la condotta punibile con una sanzione "sulla base delle previsioni della legge, dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari". A Confindustria questa formulazione non va bene perché, a suo dire, estendere la "tipicizzazione" anche alla legge significherebbe reintegrare quasi in ogni caso. Non è vero per i tanti pali e paletti presenti nel ddl, tuttavia i padroni non sono mai sazi e il governo è pronto ad accontentarli. Lo scopo è quello di ridurre il potere discrezionale del giudice per quanto riguarda le possibilità di reintegro del lavoratore ingiustamente licenziato. A ben vedere i poteri del giudice sono stati limitati anche nel caso dell'indennizzo risarcitorio, stabilendo una forfetizzazione standardizzata tra le 12 e le 24 mensilità. Impedendo quindi al giudice di stabilire in modo preciso e adeguato l'entità del risarcimento dovuto con riferimento al caso concreto. La seconda modifica, più odiosa della prima, investe i licenziamenti economici. Interviene nel caso che il lavoratore si trovi in malattia nei giorni successivi all'annuncio del datore di lavoro di licenziarlo e quando scatta la procedura di conciliazione. Poiché la condizione di malattia del lavoratore blocca in modo temporaneo l'effettività del licenziamento, l'emendamento del governo è volto a correggere questo meccanismo rendendo il licenziamento operativo sin dal suo annuncio senza dover aspettare le conclusioni dell'iter conciliativo. Tra gli 800 emendamenti presentati in Senato sul ddl di "riforma" del "mercato del lavoro" (circa 300 del PDL, poco meno della Lega, 150 del PD e altrettanti dell'IDV) i partiti di Bersani, Casini e Alfano, informa Castro non hanno avanzato modifiche sull'art.18, come a dire che la suddetta intesa tra i tre ha retto. Una farsa anche questa, visto che sotto banco costoro hanno dato il loro nulla osta alle modifiche peggiorative annunciate dal governo. Mentre i lavoratori continua-no a protestare nelle fabbriche e sulle strade, impressiona il silenzio dei vertici sindacali, compresi quelli della CGIL, ridotti dalla Marchionne del governo Monti, Elsa Fornero, a un ruolo marginale e ininfluente. 9 maggio 2012 |