Le risorse idriche in Italia
In linea teorica l'acqua non dovrebbe mancare in nessuna parte d'Italia. Dal punto di vista idrogeologico e meteorologico la nostra penisola è in condizioni ideali, nonostante presenti un'estrema variabilità di situazioni. Ai grandi bacini del Nord, alimentati dalle copiose precipitazioni, e dall'acqua che dilava dai ghiacciai alpini, fanno da contrappunto corsi d'acqua più circoscritti e dall'andamento più irregolare lungo l'arco appenninico e nel Mezzogiorno. Nelle regioni centrali è ancora abbondante la circolazione di acque sotterranee, mentre nel sud si fa maggiore ricorso alle acque superficiali poiché le falde sotterranee utilizzabili diventano più scarse e confinate entro brevi tratti di pianura costiera, dove spesso subiscono fenomeni d'ingressione salina e di progressivo prosciugamento anche a causa del processo globale di desertificazione del suolo.
Permangono quasi dappertutto condizioni di degrado dei corpi idrici, particolarmente critiche nei periodi di minore deflusso; le infrastrutture di depurazione non bastano per nulla a garantire una qualità accettabile della risorsa idrica. Aggredita dall'inquinamento organico, chimico e batteriologico che non colpisce solo i grandi fiumi italiani ma anche i corsi d'acqua minori e i tratti sorgentizi. Un esempio su tutti la compromissione gravissima della acque superficiali e profonde in tutta la pianura della Campania, dal Garigliano al Sele, a causa delle migliaia di discarica abusive di rifiuti controllate dalla camorra con un alto tasso di diossina nel ciclo vitale. A livello nazionale dei dati omogenei sull'inquinamento prodotto da agricoltura, industria, zootecnia, energia, settore civile e turismo, non sono disponibili, o lo sono solo per alcune aree e per alcuni corpi idrici, per lo più limitatamente agli ultimi 10-15 anni, mentre le uniche informazioni sistematiche si riferiscono alla balneazione.
Quel che è certo è che manca del tutto una programmazione, pianificazione e controllo da parte del governo e del parlamento sulla distribuzione e l'uso delle risorse idriche: un dossier pubblicato quest'anno dal "contratto mondiale dell'acqua" dal titolo "gli otto grandi mali dell'acqua in Italia" rileva infatti che ancora nel 2005 un terzo degli italiani non ha accesso all'acqua potabile, che in tutto il paese pessimo è lo stato della rete di distribuzione (nelle sole infrastrutture civili si perde in media il 30-40% della risorsa con picchi fino al 70%); che oltre il 30 per cento degli abitanti è privo di un sistema di depurazione delle acque reflue; che l'Italia ha il maggior consumo per usi domestici (213 litri al giorno pro capite) tra i paesi Ue ed è il primo consumatore di acque minerali nel mondo (secondo una recente indagine dell'Istat, il 50% degli italiani beve acqua minerale al posto dell'acqua del rubinetto), che la situazione sta peggiorando da quando le ex-municipalizzate sono state trasformate in società per azioni.

Mappa dell'inquinamento e della devastazione ambientale

IL FIUME PO:
il Bacino del fiume Po, con i suoi oltre 70.000 chilometri quadrati, attorno al quale gravitano circa 17 milioni di abitanti è di gran lunga il più vasto e problematico d'Italia. Fin dagli anni '70 una grande quantità di composti eutrofizzanti soffocano la vita dei grandi laghi prealpini, con un peggioramento costante dell'inquinamento negli anni '80 e '90. Gli interventi abusivi di escavo lungo il corso degli affluenti del grande fiume comportano rischi per la disponibilità delle risorse idropotabili a causa della compromissione delle falde e la scomparsa delle risorgive, l'inquinamento e la cementificazione degli argini mettono a rischio anche la sicurezza idrogeologica del territorio come dimostra il susseguirsi di devastanti alluvioni in Piemonte e Lombardia.

LA VAL DI SUSA: è stato progettato il mega-tunnel del Gran d'Ambin, uno sventramento della montagna che creerà pesanti devastazioni in una zona ricca d'acquiferi e di sorgenti.

LA VAL LEMME: la Cementir, del gruppo Caltagirone, a lungo assecondata dall'amministrazione provinciale di Alessandria e dalla Regione Piemonte, ha impiantato una cava di marna da cemento su un'area di 195 ettari, minacciando 1 milione di alberi e una decina di sorgenti. Un decreto dell'allora presidente del Consiglio D'Alema nel 1999 gli rinnovò la concessione mineraria senza neppure sottoporla alla Valutazione di Impatto ambientale, ponendo come unica condizione che la ditta si impegnasse a realizzare un acquedotto sostitutivo per i comuni di Gavi e Carrosio. Questi ultimi si sono opposti denunciando che la cava va a compromettere le fonti dei loro acquedotti mentre le associazioni ambientaliste hanno scoperto e denunciato la presenza di amianto in natura sia nei luoghi interessati dalla costruzione dell'acquedotto sostitutivo sia nell'area di miniera. In seguito ad un corposo esposto su tutta la vicenda presentato alle Procure della Repubblica di Alessandria e Tortona, è venuto alla luce anche un traffico di rifiuti pericolosi provenienti dalla zona dei lavori e diretti verso un'area ex industriale in periferia di Tortona, nonché il mancato adempimento di tutte le norme di sicurezza durante i lavori dell'acquedotto sulla strada provinciale.

IL LAGO DI NOVATE: il Pian di Spagna - Lago di Novate Mezzola è una delle più importanti zone umide della Lombardia, con un'estensione di oltre 1.700 ettari. Nonostante quest'area sia riserva naturale regionale dal 1985 l'ente di gestione è incapace di garantirne la conservazione. Il lago è costellato di costruzioni abusive, discariche non autorizzate di rifiuti, assenza di depurazione.

I MONTI LIGURI: il consorzio d'imprese Co.Civ. ha iniziato la costruzione del cosiddetto Terzo Valico sulla direttrice Genova-Milano, che prevede la costruzione di tratti in galleria per complessivi 42 km con ricadute molto negative sull'ambiente e con il rischio di depauperamento delle risorse idriche. Un gruppo di esperti ha rilevato che si sta procedendo sul versante padano al disalveo del torrente Scrivia, affluente del Po, con un prelievo di 600 mila mc di inerti, senza considerare gli squilibri molto gravi che potrebbe generare questo ingente prelievo, con conseguenze anche disastrose su argini, ponti e falde. Dalla cava Cementir di Voltaggio sono stati scaricati sul territorio ben due milioni di metri cubi di inerti che rischiano di creare una barriera che, facilitando l'accumulo delle acque, può mettere in pericolo l'abitato di Voltaggio.

I FIUMI TAGLIAMENTO E TOLMEZZO: Il Tagliamento è il fiume a più alta naturalità dell'area alpina, un corso d'acqua che conserva intatte le dinamiche fluviali naturali. Chiamato non a caso il "re dei fiumi alpini" costituisce il riferimento per gli studi di ecologia fluviale in Europa e il bacino imbrifero principale del Friuli-Venezia Giulia. La regione ha deciso di costruire su di una superficie di 14 km quadrati, tre grosse casse di espansione per circa 30 milioni di metri cubi di acqua in corrispondenza del Sito di Interesse Comunitario "Greto del Tagliamento". Il WWF denuncia che il progetto "non garantisce la sicurezza idraulica, anche perché diminuisce la sua naturale capacità di ritenzione idrica e riduce la sezione trasversale del fiume; provvede la distruzione di una delle aree ecologicamente più importanti con gravi conseguenze per i tratti golenali".
Il 14 febbraio 2002 è stato decretato lo "stato di emergenza socio-ambientale determinatasi nel settore della depurazione delle acque reflue nel Comune di Tolmezzo" che ha portato al sequestro da parte della magistratura della locale cartiera che immetteva scarichi fuori dai limiti di legge nel fiume provocando un grave inquinamento del corso d'acqua.

IL MUGELLO: la costruzione delle gallerie per l'Alta Velocità ferroviaria, progettate a suo tempo dall'attuale ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Pietro Lunardi, ha causato un grave depauperamento delle falde con la scomparsa di alcune sorgenti. L'inquinamento dei corpi idrici sta provocando difficoltà per l'approvvigionamento idrico nella zona. Nei cantieri della Linea ad Alta Velocità Bologna-Firenze si arriva a perdite sino a 750 litri al secondo di ottima acqua di montagna. Responsabile del temuto disastro ambientale è il Consorzio Cavet, che nel 1991 aveva chiesto per la realizzazione della tratta Bologna-Firenze 850 miliardi di vecchie lire.

IL VALDARNO: le acque emunte a scopi potabili dalle alluvioni del fiume Arno risultano spesso pesantemente contaminate dai residui delle attività agricole, zootecniche, industriali e civili che sono concentrate proprio lungo il fondovalle. Il fenomeno è aggravato dal fatto che in Valdarno l'alveo del fiume si è notevolmente abbassato nel corso degli ultimi tre secoli in conseguenza dei lavori di canalizzazione del XVIII secolo, che ne hanno aumentato la pendenza e, quindi, la capacità erosiva delle acque, e per il blocco del trasporto solido determinato dalla presenza della diga di Levane. Attualmente le acque convogliate negli acquedotti contengono nitrati in quantità superiore a 50 mg/l, quando la normativa vigente per le acque potabili (DPR 236/88) indica un valore guida di 5 mg/l e l'OMS consiglia di non passare i 25 mg/l.

LA VAL DI CECINA: Si sta depauperando il fiume che l'attraversa e l'acqua del rubinetto viene razionata. L'industria preleva massicciamente e senza controllo acqua dolce per uso industriale. Non ci sono depuratori.

IL FIUME MERSE: dall'aprile 2001 hanno iniziato a riversarsi nel Fosso Ribudelli ingenti quantità di acque con pH fortemente acido ed alto contenuto di vari metalli tossici, provenienti con molte probabilità dai depositi di ceneri ematitiche localizzati nelle profondità della miniera dalla Società Mineraria Campiano-ENI e da una vecchia miniera limitrofa collegata ad essa da un tunnel, grazie al rialzo delle acque di falda non più prelevate. Gli ambientalisti chiedono all'ENI di farsi carico dei costi del disinquinamento.

IL GRAN SASSO: ospita la falda acquifera che rifornisce gran parte degli acquedotti delle province di Teramo, L'Aquila e Pescara. In questa zona importantissima e delicatissima, cuore del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e individuata come Sito di interesse comunitario (SIC) per gli habitat e le numerose specie vegetali ed animali presenti, nelle viscere della montagna, a stretto contatto con l'acquifero profondo, sono state realizzate negli anni passati due gallerie autostradali e tre enormi sale sotterranee che ospitano i Laboratori dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. La realizzazione di queste opere ha causato un danno enorme alla falda acquifera che si è abbassata di 600 metri con conseguente scomparsa di moltissime sorgenti. Il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Lunardi, già progettista dei precedenti tunnel autostradali, vuole realizzare una terza galleria di servizio ai Laboratori e altre due sale laboratorio sotterranee: un nuovo colpo alla più importante risorsa idrica d'Abruzzo con ulteriori perdite di preziosa acqua.

IL FIUME SARNO: è il più inquinato d'Europa, ormai privo di vita si presenta come una enorme cloaca a cielo aperto che si estende per 600 kmq tra le province di Avellino, Napoli e Salerno, attraversando i comuni di Sarno, S. Marzano sul Sarno, Angri, Scafati, Pagani, Nocera Superiore, Nocera Inferiore, Cava de' Tirreni, Castel S. Giorgio, Roccapiemonte, Mercato S. Severino, S. Valentino Torio (Salerno), Striano, Poggiomarino, Boscoreale, Pompei, Torre Annunziata, Castellammare di Stabia (Napoli), Solofra, Montoro Inferiore, Montoro Superiore (Avellino). Molte sono le industrie, soprattutto le concerie dell'area di Solofra, che vi scaricano senza controllo i loro rifiuti chimici e centinaia di condotte fognarie vi si immettono abusivamente. Il fiume viene utilizzato come fogna poiché dei 39 comuni del Bacino del Sarno, ben 19 hanno un sistema fognario che copre meno del 33% della popolazione. L'opera di bonifica, oltre mille miliardi di vecchie lire di stanziamenti che fanno gola alla camorra, è stata affidata al commissario straordinario governativo, generale Jucci, ex commissario alle risorse idriche in Sicilia.

Inadeguatezza delle infrastrutture
Complessivamente considerata l'Italia presenta un'accentuata dominanza degli usi irrigui sul totale degli usi idrici: l'acqua impiegata per usi irrigui è stimata dall'Irsa (Istituto di ricerca sulle acque) nel 1999 in 20 miliardi di metri cubi/anno pari al 50% dei fabbisogni idrici totali (vedi tab.1)
Nel settore agricolo però è impossibile una stima attendibile poiché frequentissimo è l'emungimento incontrollato e massiccio con sistemi di adduzione "autonomi". Esso è la principale causa dell'abbassamento delle falde, e poiché la maggior parte delle aree irrigate meridionali è situata in prossimità della costa, sta già provocando fenomeni estesi di ingressione salina, che producono danni seri alle stesse colture e favoriscono i processi di desertificazione del suolo.
L'acquedottistica civile, si alimenta per lo più da acque sotterranee o sorgive, sebbene vi siano alcune vistose eccezioni (reti alimentate da acque superficiali, come nel caso di Torino e Bologna). Le reti acquedottistiche hanno il più delle volte un'estensione territoriale ridotta, con limitate interconnessioni e limitati trasferimenti a lunga distanza, che raramente interessano scale superiori a quella sub-provinciale. Eccezioni importanti sono rappresentate dalla Liguria (che riceve acqua dal bacino del Po) e dal sistema integrato della Romagna, alimentato dal grande invaso di Ridracoli, nel bacino del Reno.
Nell'Italia centrale è più frequente il ricorso a fonti superficiali e a invasi, anche se generalmente la media fascia appenninica si presenta assai ricca in termini di circolazione sotterranea e sorgiva e abbonda di fonti termali e minerali.
Assai diversa la situazione nelle regioni meridionali. Qui il ricorso a fonti superficiali invasate è la regola, e il trasferimento a lunga distanza prevale largamente sulle altre forme di approvvigionamento; inoltre, vi è anche una sostanziale integrazione fra i diversi usi (civile, irriguo e industriale), che si trovano a gravitare sulle medesime infrastrutture. Molti esperti, in particolare, sostengono la necessità di ridestinare ad usi civili parte delle risorse oggi assegnate ad usi irrigui, procedendo a una drastica ristrutturazione dell'intero sistema agricolo meridionale.
Attualmente la rete acquedottistica italiana raggiunge la quasi totalità della popolazione, con l'eccezione di pochi centri isolati, ma non è in grado di soddisfare ovunque la domanda. Anche da questo punto di vista l'Italia si presenta divisa in due: al Nord quasi l'intera popolazione riceve sufficienti rifornimenti, e le principali cause di deficit sono dovute a problemi di tipo qualitativo e non quantitativo. Nel Mezzogiorno, invece, la situazione è fortemente critica per ciò che riguarda la quantità degli approvvigionamenti, con sospensioni del servizio e turnazioni che interessano più stagioni ed hanno dunque un carattere strutturale (vedi tab.2). La rete sarda disperde oltre il 50% dell'acqua prelevata. Perdite molto alte in adduzione si registrano in tutto il Centro Italia mentre nel Nord-Ovest sono maggiori gli sprechi nel settore della distribuzione. Costante il dramma dell'emergenza idrica in senso quantitativo in Puglia e Sicilia, in Campania invece i maggiori problemi riguardano la pessima qualità dell'acqua erogata, per l'inadeguatezza dei controlli, il proliferare degli allacciamenti abusivi. A Napoli l'acqua è parte di quella emergenza ordinaria in cui sopravvive da sempre la città, nessuno si sorprende perché dal rubinetto scorre acqua di colore improbabile, e di sapore imbevibile, con una concentrazione di nitrati fino a 4 volte superiore al limite massimo ammesso (Rapporto ecosistema urbano 2004 di Legambiente); oppure quando di acqua non ne esce affatto, specialmente d'estate e nelle zone interne; i napoletani hanno spesso dovuto issare le barricate per le strade, costruite con i cassonetti della spazzatura, per reclamare un'acqua finalmente "potabile".


Nota:
1. è consentito alle acque minerali di contenere sostanze come l'arsenico, il sodio, il cadmio in quantità superiori a quelle invece interdette per l'acqua potabile. Mentre non è permesso all'acqua potabile di avere più di 10mg/l (microgrammi per litro) di arsenico, è frequente che la maggior parte delle acque minerali siano contenute 40/50mg/l di arsenico senza l'obbligo di dichiararlo sulle etichette. Lo stesso vale per altre sostanze.

29 giugno 2005