Risultati del 1° turno delle amministrative a Napoli Premiata la campagna elettorale del PMLI: l'astensionismo vola al 42,7% Ridimensionato il PDL. Batosta elettorale a Berlusconi. Crollo del PD bassoliniano L'illusione della "primavera" di De Magistris Redazione di Napoli Con il presente articolo presentiamo ai lettori l'analisi statistica e politica dei risultati del primo turno delle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio per la città di Napoli. Allo stesso tempo invitiamo, anche per il ballottaggio del 29 e 30 maggio, l'elettorato a impugnare l'arma dell'astensionismo marxista-leninista per delegittimare le istituzioni borghesi e i candidati a sindaco, rilanciando al contempo la proposta di costruire le Assemblee popolari e i Comitati popolari. L'astensionismo La percentuale di chi ha deciso di disertare le urne, di chi ha votato nullo o bianco, ha superato abbondantemente il 40% (precisamente il 42,7% degli aventi diritto). In termini numerici si tratta di ben 347.321 elettori. L'aumento è stato del 7,1%, rispetto alle elezioni comunali del 2006, dell'8.3%, rispetto alle politiche del 2008, ed è calato del 5.2% rispetto alle regionali del 2010. Questo è il primo dato da tenere presente. Anche se, come di norma, è stato censurato dai mass-media del regime neofascista. La scelta astensionista, impugnata da buona parte dell'elettorato partenopeo, non può essere certo liquidata come una forma di menefreghismo o qualunquismo, tutt'altro, essa si configura, in generale, come un inequivocabile voto di indignazione e di protesta contro l'operato del governo e delle istituzioni borghesi in camicia nera a tutti i livelli, responsabili delle disastrose condizioni di vita, di studio e di lavoro e le spaventose condizioni ambientali in cui versa da decenni la città, le sue periferie e il suo hinterland. Napoli, ricordiamolo, è la grande città con il più alto tasso di disoccupazione d'Europa e anche quella con il più alto tasso di diossina nell'aria, nell'acqua e nel suolo, del mondo. È l'unica grande città che si conosca dove le elezioni si sono svolte tra le montagne di rifiuti, a bloccare persino l'ingresso dei saggi. Tutti i partiti e tutti i candidati alla poltrona di sindaco, chi più chi meno, ne escono delegittimati. Se sommiamo infatti i voti dei primi tre partiti non arriviamo che a poco più della metà del dato dell'astensionismo e se sommiamo i voti che hanno avuto i tre candidati sindaco più votati, scopriamo che sono ben lontani dal 50% degli eventi diritto. Per capire la dimensione della bocciatura senz'appello dei politicanti in camicia nera, basta citare come esempio il dato del partito di Fini (FLI) e quello di Casini (UDC), sommandoli insieme si attestano al 4,3%, che corrisponde a meno di un elettore su 22! Che l'aumento degli astensionisti, quantificato in 52 mila unità rispetto alle comunali del 2006, sia stato determinato in primo luogo dal dramma dei rifiuti sembra confermato, sia dal confronto con i dati degli altri capoluoghi della Campania, che dai flussi elettorali, che dimostrano che esso ha colpito trasversalmente tra i poli del regime neofascista, e, a parte l'IDV, in pratica tutti i partiti parlamentari in corsa. In ogni caso quello che più conta è che, grazie soprattutto all'astensionismo, da questa consultazione elettorale escono con le ossa rotta sia il "centro-destra" che il "centro-sinistra". Una parte, per altro sempre difficilmente quantizzabile, di questa grande ondata di astensionismo, è stata prodotta, anche quest'anno, come risultato dell'infaticabile lavoro di affissione e diffusione portato avanti della Cellula "Vesuvio Rosso" di Napoli. Nonostante le cattive condizioni di salute di alcuni dei suoi membri e i soverchianti mezzi economici a disposizione degli altri partiti istituzionali, nel corso della campagna elettorale i marxisti-leninisti partenopei si sono fatti ben valere e ce l'hanno messa tutta per qualificare l'astensionismo. Hanno spiegato dialetticamente che con l'invito all'astensione chiediamo: "un voto per il PMLI e per il socialismo", e in particolare che: "non c'è attualmente uno strumento elettorale più valido per delegittimare, isolare e indebolire il regime neofascista, presidenzialista, federalista, interventista, guerrafondaio e mafioso e per assestargli un duro colpo nelle sue articolazioni istituzionali 'periferiche': Regioni, Province e Comuni" (Documento elettorale dell'UP del PMLI). E così è stato: l'astensionismo, oggettivamente, se non soggettivamente, è stata un'arma che è stata impugnata dall'elettorato partenopeo per delegittimare la destra e la "sinistra" del regime. Ridimensionato il PDL, una bastonata elettorale per il premier Un altro dato di grande rilevanza politica che emerge dal primo turno è dunque che il neoduce Berlusconi e il suo governo hanno ricevuto una sonora bastonata elettorale. Era stato del resto lo stesso Berlusconi a definire le elezioni amministrative parziali del 15-16 maggio un test politico di valore nazionale. Ebbene, non solo il candidato designato, l'ex-capo dei padroni napoletani, Gianni Lettieri, non ha vinto al primo turno, come agognava il premier, ma lo stesso PDL fa registrare un sensibile calo dei consensi. Rispetto alle comunali precedenti il partito di proprietà del premier perde il 3,5%, pari a 31.159 voti. Se il raffronto si fa rispetto alle politiche 2008, dove però nel PDL c'era ancora il fascista ripulito Fini e non c'erano le liste civiche, il calo è di ben il 17,8%, per la bellezza di 139.098 votanti in meno. Si tratta quindi di un netto indebolimento elettorale, che fa il paio con quanto è accaduto a Milano, e che infatti ha scatenato la reazione schiumosa e incontrollata del neoduce. Per quanto riguarda Napoli, nello specifico, quel che è certo è che Berlusconi ha perso dei voti anche tra qualche ex-fedelissimo nella borghesia parassitaria cittadina ma soprattutto in quella parte, non piccola, del sottoproletariato urbano che è costantemente sotto ricatto, per il tramite del ricatto sul lavoro nero. Persino tra le masse più arretrate, quelle che fino ad oggi si sono fatte turlupinare dalla sua sapiente tattica ipnotica, sembra ci sia stato uno "scatto di orgoglio" e un "segnale di risveglio". A Berlusconi non è stata perdonata la clamorosa bugia del 2008 che avrebbe ripulito Napoli in quattro e quattr'otto. In questi due anni a Napoli e in tutta la Ragione, le masse popolari, sono rimaste rinchiuse in una trappola per topi piena zeppa di veleni! Con appena il 12,2% sul corpo elettorale (che equivale a poco più di un napoletano su 10!), il PDL resta ancora il primo partito cittadino, soltanto grazie al tracollo del PD. Il pescecane Lettieri, per parte sua, con tutto il codazzo di "liste civiche" e un "conflitto di interessi" grande quanto una casa, ha preso appena il 23%, che significa meno di un elettore su quattro. Il popolo napoletano quindi ha lanciato un messaggio che non da adito a dubbi: è infuriato contro i governanti, non ce la fa più, e non è disposto a subire ancora un giorno la macelleria sociale e la devastazione ambientale. Crollo verticale del PD bassoliniano Il terzo dato molto importante, come già accennato, è il vero e proprio tracollo del PD di Bersani e D'Alema. Il perno delle "sinistra" del regime neofascista esce in pratica dimezzato dalla consultazione elettorale, passando dal 18,8% all'8,4% sul corpo elettorale. Perde addirittura 88 mila voti rispetto al 2006, e 114.372 rispetto alle politiche del 2008 (in percentuale significa - 10.6% sul 2006 e - 14.6% sul 2008) . Le ragioni di questa rovinosa, e più che meritata, debacle, sono certamente tante: avrà inciso di scuro l'opposizione di burro al governo del neoduce Berlusconi, e ancor di più il ruolo di pilastro portante delle giunte della neopodestà DC Iervolino e del governatore plurinquisito Bassolino, con la loro sostanziale omologazione ai metodi di governo antiproletari e antipopolari del PDL e della Lega, nonché l'opera di sabotaggio dei grandi movimenti di massa (il movimento operaio, i comitati referendari contro la privatizzazione dei beni comuni, il "popolo viola", il movimento dei precari, il movimento studentesco, il movimento dei disoccupati, ecc.). Per non parlare dell'ultimo scandalo della compravendita delle preferenze alle "primarie" che ha visto protagonista il delfino di Bassolino, l'ex assessore Andrea Cozzolino, per finire con il suicidio di presentare un candidato, come il prefetto Morcone, che è risultato del tutto insignificante, e persino indigesto, per la stessa base del partito. Il candidato del PD, appoggiato da SEL e Verdi, non è riuscito a raggiungere neanche il 20%, un quinto dei voti validi, il che significa che complessivamente lo ha votato appena un napoletano su 10. Del resto, di quali personaggi sia composta la dirigenza del PD a Napoli e in Campania, lo testimoniano due piccoli esempi: il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca ha dichiarato subito di voler dare il suo appoggio a Lettieri, con il quale è indagato "per truffa" per aver condiviso con lui la mega-speculazione edilizia suoi suoli di una storica fabbrica tessile dismessa di Salerno, la MCM, mentre il dalemiano Claudio Velardi è stato colui che gli ha curato personalmente la campagna elettorale. L'affermazione di De Magistris: l'illusione della "primavera" Il quarto dato, anch'esso di non trascurabile rilevanza politica, è in qualche modo collegato al punto precedente. Ci riferiamo al fatto che il tradizionale elettorato del "centro-sinistra" ha riversato i suoi voti di protesta, antiberlusconiani e antibassoliniani, non certo su Morcone, ma sul più presentabile ex-magistrato Luigi De Magistris (candidato sindaco dell'IDV), sul quale sono confluiti anche i voti di una parte consistente della base in subbuglio di SEL di Vendola. L'arci-neoliberale e trotzkista, come è noto, aveva dato carta bianca al candidato del PD, pugnalando alle spalle la candidatura di De Magistris, con l'intento palese di liquidarlo politicamente e indebolire indirettamente Di Pietro. Le cose però sono andate ben diversamente e l'affermazione "a sorpresa" di De Magistris (27.5% sui voti validi) ha trasformato quella bufera che era nell'aria, in un vero e proprio naufragio, e speriamo definitivo, del "bassolinismo". Un naufragio nel quale sta annaspando anche il SEL di Vendola, che a Napoli, terza città d'Italia, non va oltre il 2.0% (poco più di 16 mila voti). A parte le ipotesi sui flussi che vanno sempre presi con le pinze, quel che è certo è che l'ex-Pm si è avvantaggiato principalmente di due fattori: in primo luogo del tracollo di consensi del PD, in secondo luogo della emorragia di voti nel "centro-destra". In sostanza é stato premiato in modo consistente dal voto disgiunto, di chi cioè ha votato PD, SEL o liste di "centro-destra" per il consiglio comunale e ha invece espresso la preferenza per lui. Non a caso le sue 127.920 preferenze, corrispondono a quasi il doppio dei voti raccolti dalle liste che lo sostenevano (che erano soltanto Napoli tua, IDV e Federazione della sinistra). Il dato è interessante, se si considera che l'IDV di Di Pietro, che si colloca al terzo posto alle spalle del PDL e del PD, aumenta certo il suo bacino di voti, ma certo non sfonda (più 1.6% nel confronto con il 2006, pari all' 8,1 % sui voti validi) mentre il PRC e il PDCI che sostenevano direttamente De Magistris arretrano ancora, attestandosi su un misero 1.8%. Raimondo Pasquino, il candidato del cosiddetto terzo polo (FLI, UDC, ecc.) è rimasto fermo al 9.7% sui voti validi, staccato di oltre 17 punti da De Magistris. Il relativo "successo" della sua campagna elettorale è anche il risultato di un programma elettorale accattivante con al centro il rilancio della lotta alle "cricche" e alla camorra istituzionale. È stato avvantaggiato anche dal fatto che dall'altra parte ci fosse un candidato come Lettieri, sponsorizzato direttamente da Nicola Cosentino (indagato per concorso esterno in "associazione camorristica" con il clan dei casalesi). Molti a quel punto hanno deciso di votarlo come "meno peggio". De Magistris del resto è stato costretto a fare impegnative promesse ai suoi elettori: "nessun apparentamento formale con il PD e altri partiti del 'centro-sinistra'", "nessun assessore in giunta che abbia fatto parte delle amministrazioni degli ultimi vent'anni", "se sarò sindaco nella giunta non ci saranno gli apparati di partito ma porterò il popolo a palazzo S. Giacomo". "Non sono il candidato del 'centro-sinistra'". "Il programma non è sindacabile, solo migliorabile". Non è affatto detto che riuscirà a mantenerle se diventerà sindaco. Quel che è certo comunque è che egli si definisce un riformista e un liberale, e in quanto tale non mette certo in discussione lo Stato borghese e il capitalismo. Per questo anche nei comunicati stampa della Cellula "Vesuvio Rosso" del PMLI viene affermato che la sua candidatura ha lo scopo di illudere l'elettorato: la primavera di Napoli, la sua liberazione non passano certo per il voto, né tanto meno per Palazzo S. Giacomo. Da questo punto di vista le sue parole, oggettivamente, finiscono per avere lo scopo di ingabbiare gli astensionisti e i fautori del socialismo nel partecipazionismo e nell'elettoralismo borghese. Napoli va liberata dalla camorra di Stato, dal neofascismo e dai depredatori del denaro pubblico, ma passando per la lotta di classe. Ciò ovviamente non vuol dire che su molti punti condivisibili del piattaforma programmatica il PMLI non possa fare fronte unito, in particolare sulla lotta alla camorra, il lavoro per tutti come diritto, e quel che serve urgentemente per porre fine all'emergenza rifiuti, i referendum. Occorre vedere se non sarà stato tutto fumo elettorale! Impugniamo l'arma dell'astensionismo marxista-leninista Comunque sia, per il ballottaggio del 29-30 maggio, il PMLI invita l'elettorato che vuole il socialismo a non cedere alle sirene democratico-borghesi, anche se rivestite di radicalismo, e ripropone all'elettorato di sinistra, astensionista, anticapitalista, antifascista e fautore del socialismo, come è scritto nel comunicato stampa ad hoc della Cellula "Vesuvio Rosso" di Napoli, di impugnare la micidiale arma dell'astensionismo marxista-leninista per delegittimare tutti candidati a sindaco sia della destra come della "sinistra" borghese. Un astensionismo che rimarchiamo è inscindibilmente legato alla proposta di creare ovunque le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo costituite dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari. Per Napoli governata dal popolo e al servizio del popolo. Per l'Italia unita, rossa e socialista! 25 maggio 2011 |