Risvolti giudiziari in Campania La multinazionale Impregilo ha solo lucrato sul ciclo dei rifiuti Sequestrati 750 milioni di euro depredati al popolo, interdizione per un anno dai rapporti con la pubblica amministrazione. Ipotizzato il reato di "disastro doloso ambientale" I giudici: "Bassolino è responsabile" perché avrebbe coperto i crimini Dal nostro corrispondente della Campania Finalmente anche la magistratura ha cominciato a mettere qualche punto fermo sulle responsabilità del disastro ambientale e sanitario in cui versa la Campania a seguito della privatizzazione dei servizi pubblici essenziali voluta dai governatori Rastrelli, Losco e Bassolino. Al centro dell'atto d'accusa, depositato mercoledì 27 giugno dai magistrati partenopei, c'è il gigante delle costruzioni Impregilo, che ha avuto il monopolio assoluto del "ciclo dei rifiuti" in Campania fino al 30 novembre 2005, colpevole "con raggiri e furbizie" di una "sistematica violazione degli obblighi contrattuali e una gestione del servizio rifiuti lontana dai criteri e dai parametri che avrebbero dovuto informarla", che configura il reato di "frode in pubbliche forniture" e di "truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato". Accuse circostanziate L'ordinanza, di ben 413 pagine, emessa dal Gip Rosanna Saraceno, "inchioda" la multinazionale della famiglia Romiti, disponendo il divieto all'azienda madre e alle altre controllate, tra cui Fibe spa, Fibe Campania spa (con sede legale ad Acerra) e Fisia Italimpianti spa (con sede a Genova), di "stringere accordi con la pubblica amministrazione relativamente alle sole attività di smaltimento, trattamento e recupero energetico dei rifiuti, per la durata di un anno" e il sequestro di 750 milioni di euro, ossia il profitto generato fino alla data di vigenza del contratto stipulato dalle aziende con la Regione. Si tratta delle somme incassate per lo "smaltimento", circa 301 milioni di euro, delle somme anticipate dal Commissariato di governo per la "costruzione degli impianti", circa 53 milioni di euro, di "crediti, liquidi ed esigibili vantati nei confronti dei Comuni campani", circa 142 milioni di euro, dell'importo del termovalorizzatore di Acerra, circa 104 milioni di euro. Una consistente somma di denaro che auspichiamo sia utilizzato, sotto stretto controllo delle masse popolari e dei comitati per la difesa della salute e dell'ambiente, per un serio piano di riduzione dei rifiuti, raccolta differenziata porta a porta e riciclaggio, ai quali andranno aggiunti i soldi per le attività di riscossione dei salatissimi tributi girati dal commissariato dalle tasche dei cittadini direttamente nelle fauci del pescecane capitalista, che da par suo non si dà per vinto. Il presidente di Impregilo Massimo Ponzellini e l'amministratore delegato Alberto Lina, dopo una precipitosa riunione del Cda in coincidenza con il crollo del titolo in borsa, hanno infatti affermato che presenteranno ricorso, sottolineando con l'arroganza tipica dei criminali incalliti che "l'unica nota positiva è che il termovalorizzatore sembra non sia stato sequestrato" e che "l'azienda continuerà a lavorare sullo smaltimento dei rifiuti che resta il nostro obiettivo principale". In effetti questa ordinanza è una vittoria a metà visto che i Pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo in base alla costatazione che "i prodotti di lavorazione dei cdr gestiti dalle aziende suddette non avevano (e non hanno tuttora, ndr) le caratteristiche richieste dalla legge", avevano chiesto al gip il sequestro dei 7 impianti non a norma e del cantiere del termovalorizzatore di Acerra, ma la richiesta è stata respinta. L'Impregilo inoltre andava interdetta in eterno dai rapporti con la pubblica amministrazione in Campania in qualsiasi settore (vedi servizio a parte). Quel che è certo è che la criminale gestione dei rifiuti in Campania, che ha portato al blocco della raccolta e dello smaltimento, ai rifiuti per le strade e tanti sterminati cimiteri illegali di eco balle impacchettate dai Cdr sparsi qua e là per la Campania, ha prodotto tanti filoni d'inchiesta che devono essere portati a termine: in tutto siamo a oltre 200 faldoni! Tra gli altri il Pm Aldo De Chiara, della sezione difesa dell'ambiente, ha rivelato: "è arrivato ai nostri uffici un esposto a firma del Comitato giuridico di difesa ecologica e dell'avvocato Gerardo Marotta sulla scorta del quale stiamo valutando la possibilità di aprire un nuovo fascicolo di inchiesta per disastro colposo ambientale". Siamo dunque finalmente alla vigilia degli avvisi di garanzia che potrebbero cominciare a ripulire la Campania dagli inquinatori? "Chi doveva controllare di tutto si è occupato tranne che della tutela del territorio e dell'ambiente", è quanto scrivono i Pm riferendosi ai commissari straordinari all'emergenza, Antonio Rastrelli e Andrea Losco, ma soprattutto Antonio Bassolino, e ai vicepresidenti e subcommisari, tra cui Massimo Paolucci, attuale segretario provinciale dei DS, Giulio Facchi e Raffaele Vanoli. Il ruolo di Bassolino Lo stesso procuratore capo della Repubblica Giovandomenico Lepore nel corso della conferenza stampa ha precisato: "Il nostro lavoro si fonda su dati documentali inoppugnabili ed è solo l'ultimo atto di un'indagine a 360° che ha dimostrato come questo sistema dei rifiuti così come congegnato e progettato sin dal primo momento non portava da nessuna parte" e ha avvertito che "purtroppo la verità è che si fa sempre un gran parlare, ogni giorno si cercano nuove discariche, ma non si è mai sentito parlare di un vero piano di raccolta rifiuti... ma se le istituzioni preposte non interverranno ci ritroveremo a camminare con mascherine e scafandri: siamo arrivati alla frutta". Anche il procuratore aggiunto Camillo Trapuzzano parla di "complicità e connivenze" tra Commissariato di governo e le aziende: "Queste società molto importanti sono venute a Napoli sapendo che non avrebbero mai potuto rispettare il contratto. Qualcuno evidentemente deve averle aiutate, non controllando quando si doveva controllare". L'ordinanza chiarisce che Bassolino "è responsabile degli atti adottati", e dunque, specifica il Gip, non può cavarsela dicendo che "non ho letto il contratto firmato con la Fibe". Quantomeno "risulta essere stato messo al corrente dai suoi collaboratori delle problematiche riguardanti i siti di stoccaggio, le discariche, la qualità dei fos, il mancato rispetto dei parametri dei cdr... risulta essere stato messo al corrente delle inadempienze degli affidatari e delle necessità di apportare modifiche contrattuali... risulta essere stato al corrente che l'intera frazione organica lavorata nei Cdr, lungi dall'essere impiegata in recuperi ambientali, veniva interamente smaltita in discarica". Il governatore-commissario dunque sapeva e taceva, perché nelle relazioni che periodicamente inviava alla presidenza del Consiglio evitava "ogni cenno alle problematiche manifestatesi nella gestione del servizio a causa delle inefficienze delle affidatarie, anzi venivano esaltati gli aspetti tecnologici e gestionali dello stesso". I magistrati citano la nota del 19 novembre 2002, con la quale nel chiedere la proroga dello stato di emergenza egli parlava di "situazione connotata da caratteristiche di maturità tali da costituire un punto di riferimento in termini di modello tecnologico-gestionale" (sic!). Di più, argomentano i pm, il commissario "non impediva, e consentiva la perpetua violazione degli obblighi contrattuali assunti dall'Ati affidataria in relazione alla gestione del ciclo dei rifiuti", omettendo, in questo modo, di "promuovere e sollecitare iniziative volte a garantire il rispetto dell'obbligo contrattuale" di ricezione da parte dell'Ati di tutti i rifiuti solidi; e ometteva "di intraprendere iniziative dirette a contestare e comunque impedire le accertate violazioni contrattuali da parte delle società affidatarie". Per la magistratura ora si tratta di andare fino in fondo per sapere quali erano i rapporti tra il Commissariato di governo, l'Impregilo e le piccole e grandi cosche camorristiche e per ottenere condanne esemplari per disastro ambientale, sanitario ed economico e un congruo risarcimento danni per gli ammalati e le famiglie di coloro che sono deceduti per patologie riconducibili all'emergenza rifiuti, per gli agricoltori, gli allevatori, i piccoli operatori del turismo e del commercio ridotti sul lastrico dall'inquinamento. Ma non bisogna certo attendere l'esito dei processi per scollare il governatore dalla poltrona dorata a cui si è abbarbicato, perché il rischio è che dal 1° gennaio 2008, con la fine del commissariamento, egli riprenda sotto nuova veste le redini del piano criminale tutto fondato sulle privatizzazioni e sull'incenerimento. 4 luglio 2007 |