Giorni di scontri nelle periferie urbane In rivolta i giovani immigrati a Stoccolma Le strade dei quartieri periferici di Stoccolma, da Husby a Fittja, da Rinkeby fino alla zona sud di Skogas, sono diventate il 21 maggio il campo di battaglia della rivolta dei giovani immigrati, iniziata con la protesta per l'uccisione da parte della polizia di un anziano immigrato. Le immagini delle macchine in fiamme, delle sedi della polizia e dei centri commerciali assaltati, delle barricate con copertoni incendiati hanno documentato la rivolta dei giovani e i duri scontri con la polizia che ha anche sparato, per adesso in aria. Scontri che si sono in pochi giorni estesi a buona parte della periferia della capitale svedese e in altre città con protagonisti in particolare giovani e ragazzi, figli di immigrati, tanti disoccupati, che vivono nelle periferie ghetto, contraddistinte da schiere di casermoni tutti uguali, pochi negozi e pochi luoghi di ritrovo, e vittime spesso degli abusi della polizia. L'ultimo censimento nazionale ha rilevato che la popolazione svedese è pari a 9 milioni e 450 mila, di cui oltre 1 milione risulta composta da immigrati di prima generazione, cui si aggiungono gli immigrati di seconda generazione nati in Svezia ma da genitori non svedesi. Si tratta di oltre il 10% dell'intera popolazione, immigrati necessari per coprire i posti di lavoro in un paese grande ma scarsamente abitato e per creare la ricchezza di cui gode la borghesia nazionale. Nel paese una volta indicato come modello sociale è cresciuta invece l'emarginazione etnica e sociale. Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), la Svezia è il paese, tra tutti gli stati membri, dove negli ultimi 25 anni è cresciuta esponenzialmente la disuguaglianza nei salari tra lavoratori svedesi e lavoratori immigrati, mentre la disoccupazione giovanile è limitata al 6% per gli svedesi e sale fino al 16% per i migranti e i loro figli. A Husby, sobborgo di Stoccolma, l'80% dei 12 mila abitanti sono migranti o figli di immigrati e il 30% dei giovani tra i 16 e i 19 anni né studia, né lavora, una gioventù disperata e senza futuro. Dal quartiere di Husby è partita la rivolta. Il 19 maggio la polizia uccideva un anziano immigrato che si era barricato in casa con una donna. Nella serata decine di manifestanti scendevano in strada e davano vita ai primi scontri con la polizia. Una organizzazione per i diritti degli immigrati, Megafonen, chiedeva l'apertura di un'indagine indipendente mentre la polizia rendeva noto che avrebbe avviato solo un'indagine interna. La protesta diventava rivolta dei giovani che si estendeva all'inizio ai quartieri confinanti di Kista, Rinkeby, Jakobsberg e nei giorni successivi in quasi tutta la periferia della capitale. Il governo di destra guidato dal premier Fredrik Reinfeldt prometteva l'apertura di un'inchiesta per capire le origini delle rivolte nell'hinterland della capitale e di voler studiare alcune iniziative per favorire la maggiore integrazione dei giovani immigrati. Non ha certo pensato di tornare indietro nella politica dei tagli ai servizi sociali, cominciata già negli anni novanta dai precedenti governi socialdemocratici, e adoperata a piene mani soprattutto a fronte della crisi economica. E non è certamente credibile quando parla di integrazione un governo che solo alla fine del 2012 ha varato una legge che consente agli agenti di fermare e denunciare immediatamente gli immigrati senza permesso di soggiorno; una legge razzista denunciata dalle associazioni degli immigrati. 29 maggio 2013 |