I rivoltosi libici respingono la mediazione dell'Ua "Gheddafi deve lasciare il paese" L'11 aprile il presidente sudafricano, Jacob Zuma, capo della delegazione dell'Unione africana (Ua) in missione di pace a Tripoli si incontrava con Gheddafi e annunciava: "abbiamo completato la nostra missione. La delegazione libica ha accettato la roadmap presentata da noi. Abbiamo dato al 'fratello leader' una chance per il cessate il fuoco". Il progetto del'Ua propone la cessazione immediata delle ostilità, il via libera al passaggio dei convogli di aiuti umanitari, l'avvio di un dialogo tra il governo di Tripoli e il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) per poter avviare un periodo di transizione che consenta di introdurre riforme politiche. La delegazione si doveva trasferire a Bengasi per le trattative con il Cnt ma nella città della Cirenaica Zuma non andrà, data l'immediata risposta negativa dei rivoltosi. Il responsabile del Cnt, Mustafa Jalil, sottolineava che "la proposta di mediazione avanzata dall'Unione Africana non include l'uscita di scena di Muammar Gheddafi e dei suoi figli, non tiene conto della risoluzione Onu e non rispetta i voleri del popolo libico. Quella proposta è datata 10 marzo" e a distanza di un mese Gheddafi "ha ripetutamente violato le risoluzioni Onu, bombardando le città libiche. L'unica proposta accettabile è che Gheddafi e i figli lascino la Libia. Gheddafi vada via se vuole salvarsi la pelle. Noi vinceremo". La stessa risposta che il Cnt aveva dato due giorni prima al presidente turco Erdogan che preparandosi a partecipare alla riunione del Gruppo di contatto sulla Libia, il 13 aprile a Doha, annunciava che avrebbe presentato una proposta che prevedeva il cessate il fuoco, "una roadmap", ossia un percorso negoziale "che garantisca la libertà al popolo libico" e la creazione di "corridoi umanitari sicuri". Si tratta di una "iniziativa personale", commentava il Cnt che ripeteva: "nessun negoziato prima che Gheddafi e la sua famiglia lascino il paese". Anche all'Onu si parla di una possibile "missione umanitaria" da affidare ai militari della Nato o dell'Unione europea (Ue) in soccorso della popolazione di Misurata assediata dalle forze di Gheddafi. Una proposta che piace soprattutto a Parigi ma non solo: il progetto di inviare soldati europei in Libia è pressoché pronto. Si chiamerebbe Eufor-Libia, una missione militare europea naturalmente "a carattere umanitario", la cui guida è già stata affidata all'Italia, per far fronte all'emergenza umanitaria a Misurata. Se l'Onu chiamasse sarebbe pronta a partecipare anche la Germania. Anche la Nato sta lavorando "per trovare una soluzione politica" che passi per un immediato cessate il fuoco e "la transizione verso la democrazia", affermava l'8 aprile una portavoce dell'organizzazione militare imperialista. Sgomitano gli attori imperialisti per conquistarsi un posto in prima fila nella guida del futuro della Libia, e nel controllo del suo petrolio. Alla Nato resta per ora il compito principale, quello di bombardare le forze di Gheddafi, causando tra l'altro diverse vittime tra i civili e le forze dei rivoltosi. Ma potrebbe non bastare. Come ha sostenuto in un'audizione al senato americano a Washington il generale Carter Ham, il capo del Comando Africa (Africom) che ha guidato la prima parte dell'attacco imperialista alla Libia prima del passagio del compito alla Nato, gli attacchi aerei e navali alle forze di Tripoli non sono in grado di volgere la guerra a vantaggio delle forze dei rivoltosi che sono numericamente e militarmente inferiori. E sul campo si ha una situazione di stallo. Il generale Ham ha sostenuto perciò che "l'uso di una forza terrestre internazionale costituisce un piano possibile per sostenere i ribelli libici". Gli Usa non possono inviare truppe, non tanto perché Obama lo ha escluso per non suscitare una reazione araba quanto perché impegnate fortemente in altre missioni a partire dall'occupazione dell'Afghanistan; l'incarico può passare alla Nato. O alla Ue. Il pretesto della "missione umanitaria" per soccorrere la città di Misurata è già pronto per aggirare la risoluzione Onu che vieta l'impiego di truppe di terra. Un impiego già comunque violato da reparti dei corpi speciali americani, francesi e inglesi sbarcati da tempo in Libia. 13 aprile 2011 |