Rohani, non inviso all'imperialismo americano, eletto nuovo presidente dell'Iran Gli Usa: "Segnale di speranza" "Sono felice che finalmente il sole della razionalità e della moderazione torni a brillare in Iran" ha affermato Hassan Rohani, il religioso sostenuto dalla destra che il 14 giugno ha vinto al primo turno le elezioni presidenziali in Iran col 50,68% dei voti validi. Si insedierà ufficialmente il prossimo 3 agosto. Al voto per eleggere il successore di Mahmud Ahmadinejad, che ha tenuto la carica per due mandati, hanno partecipato 36,7 milioni di elettori, pari al 72,7% dei circa 50 milioni di iraniani aventi diritto. Rohani ha ottenuto il 50,8% dei voti validi, pari a 18,6 milioni di schede. Dietro di lui Mohammad Bagher Qalibaf, sindaco di Teheran, che ha avuto il 16,56% dei voti, il capo dei negoziatori per il nucleare Saeed Jalili con l'11,36% e a seguire gli altri tre candidati ammessi alla contesa per la poltrona presidenziale. Il nuovo presidente Rohani ha 64 anni, è stato per 16 anni segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale e attualmente guida il centro di ricerca strategica ed è membro del Consiglio del Discernimento e dell'Assemblea degli Esperti, una specie di Corte costituzionale presieduta dall'ex rpesidente Akbar Hashemi Rafsanjani. Sotto la presidenza Khatami è stato negoziatore per il dossier nucleare nel periodo fra il 2003 e il 2005, concordando con Francia, Gran Bretagna e Germania una moratoria dell'arricchimento dell'uranio. Incarico dal quale fu sollevato durante la presidenza di Ahmadinejad. Le principali forze politiche che lo hanno sostenuto sono "Mosharekat" (Condivisione), i Mojahedin della Rivoluzione Islamica, "Kargozaran" e l'Associazione del Clero Combattente. Rohani ha quali sponsor gli ex presidenti Rafsanjani e Khatami e l'hojatoleslam Hassan Khomeini, nipote del defunto leader della Rivoluzione Islamica, l'ayatollah Ruhollah Khomeini. Nella sua prima conferenza stampa ha affermato che "il nuovo governo sarà tollerante con gli altri paesi" e perseguirà "interazioni costruttive" con il resto del mondo "attraverso la moderazione". Delle principali questioni internazionali ha dato priorità alla crisi siriana spiegando che "la crisi siriana deve essere risolta dal popolo siriano. Noi siamo contro il terrorismo, la guerra civile e gli interventi stranieri. Spero che con l'aiuto di tutti i paesi della regione e del mondo, la pace e la calma ritornino in Siria. La crisi siriana sarà risolta dal voto dei siriani. Siamo preoccupati per la guerra civile e le ingerenze straniere. L'attuale governo deve essere rispettato dagli altri paesi fino alle prossime elezioni presidenziali (del 2014, ndr). In seguito sarà il popolo a decidere". In merito al programma di sviluppo nucleare iraniano Rohani si è detto pronto a mostrare più trasparenza e "fiducia reciproca" ma ha sottolineato che le "sanzioni contro l'Iran sono ingiuste e ingiustificate" e che comunque l'Iran continuerà nel suo progetto. Riguardo ai rapporti con gli Usa ha affermato che se gli Stati Uniti sono davvero interessati a colloqui diretti con Teheran, "devono riconoscere il suo diritto al nucleare". E soprattutto che "qualsiasi dialogo con gli Usa dovrà farsi nell'uguaglianza, nel rispetto reciproco e a precise condizioni. Gli Usa non devono intervenire nei nostri affari interni, devono riconoscere i diritti dell'Iran, in particolare quello sul nucleare, e devono porre fine alla loro unilaterale politica di pressione. Perché il prossimo governo dell'Iran non rinuncerà ai diritti legittimi del Paese". "La questione del nucleare - ha concluso - non può essere regolata che attraverso i negoziati". Parole che hanno trovato riscontro alla Casa Bianca il cui capo dello staff, Denis McDonough, ha così espresso la posizione di Obama: l'elezione di Rohani è "un potenziale segnale di speranza" e se "è davvero interessato, come ha detto in campagna elettorale, a ristabilire le relazioni con la comunità internazionale, ci troverà pronti". 19 giugno 2013 |