I lavoratori sono stanchi di pagare la crisi 100.000 manifestanti invadono Roma Al ribasso i comizi di Camusso, Bonanni e Angeletti. Il cartello del PMLI indica la via per opporsi al governo Letta-Berlusconi e uscire dalla crisi Cgil, Cisl e Uil insieme dopo 10 anni ma l'unione e' fatta in nome del "patto sociale" Grande manifestazione il 22 giugno a Roma indetta da Cgil, Cisl e Uil per chiedere interventi urgenti a favore dei lavoratori, degli esodati, dei pensionati e dei giovani senza lavoro. Sono confluiti nella capitale da tutta Italia, in circa 100.000 con 400 pullman, 10 treni speciali, cinque aerei di linea e tre navi dalla Sardegna. Fin dalla primissima mattinata le strade di Roma sono state invase da migliaia di manifestanti che hanno dato vita a due cortei partiti rispettivamente da Piazzale dei Partigiani e da Piazza della Repubblica confluiti in piazza San Giovanni dove si sono tenuti i comizi finali. Una grande rabbia popolare Nonostante le masse siano sottoposte a grandi sacrifici, e con la prospettiva di un lungo viaggio per chi veniva dalle regioni più lontane, tanta era la rabbia che in molti sono voluti andare lo stesso a Roma per esprimere tutta la loro indignazione. È già chiaro come il nuovo governo Letta-Berlusconi è totalmente in linea con quelli precedenti e non riesce e non vuole risolvere neanche i problemi più elementari come quelli degli esodati, ossia di chi è andato anticipatamente in pensione da aziende in crisi e adesso con la controriforma pensionistica non percepisce né salario né pensione. Tante bandiere, palloncini colorati, slogan, cartelli, tamburi, fischietti e anche orchestrine improvvisate, la canzone più suonata è stata Bella Ciao. Tutte le facce della crisi erano presenti a Roma: tra i manifestanti gli operai della Indesit di Fabriano (Ancona) in lotta contro la chiusura dello stabilimento marchigiano che getterebbe sul lastrico 1.425 famiglie, quelli della Selex di Genova in lotta contro 300 esuberi, delle acciaierie di Terni, dell'Alcoa, dell'Eurallumina, della Vinyls, dell'Ilva di Taranto e i lavoratori di tantissime aziende in crisi dal Nord al Centro al Sud Italia e di settori particolarmente colpiti come quello dell'edilizia, del tessile, dell'abbigliamento e del manifatturiero in generale che in questi ultimi anni ha perso più del 15% del suo potenziale produttivo e di conseguenza di posti di lavoro. All'iniziativa del 22 giugno hanno partecipato anche alcuni politicanti della "sinistra" borghese in cerca di visibilità come Nichi Vendola di SEL, Paolo Ferrero del PRC e il segretario del PD Guglielmo Epifani, criticato per non essere stato presente il 18 maggio scorso alla manifestazione nazionale organizzata dalla FIOM. Il segretario "traghettatore" si è espresso così: "Il Pd è a fianco di questa manifestazione unitaria dei lavoratori... C'è rispetto e condivisione dell'obiettivo di mettere il lavoro al primo punto". E ha continuato sottolineando il ruolo del sindacato in questa fase di crisi "per governare i processi e stimolare i comportamenti di tutti". Insomma, ha regalato un assist a Cgil, Cisl e Uil che, come vedremo, hanno prontamente contraccambiato. I leader confederali tornano uniti A organizzare questa manifestazione i sindacati confederali uniti dopo 10 anni per una iniziativa generale di livello nazionale che si sono dimostrati inadeguati a raccogliere la voglia di lottare dei lavoratori e delle masse. I comizi dei tre segretari generali Camusso per la Cgil, Bonanni per la Cisl e Angeletti per la Uil sono stati introdotti dall'inno di Mameli. Una scelta musicale non dettata dal caso ma dal forte significato simbolico, a sottolineare lo spirito di unità nazionale interclassista che anima questi sindacati in perfetta sintonia con le esternazioni del presidente della repubblica Giorgio Napolitano che un giorno sì e l'altro pure invita le "parti sociali" a lavorare per un inesistente "interesse comune". Questa ritrovata unità del resto è la diretta conseguenza del patto sulla rappresentanza e la democrazia sindacale firmato assieme a Confindustria a fine maggio. Un accordo che a dispetto del nome è antidemocratico, rappresenta un freno alla lotta e al diritto di sciopero, emargina i "sindacati di base" ed è indirizzato a favorire il governo e gli imprenditori. È paradossale che lo slogan della manifestazione fosse "lavoro è democrazia" quando Cgil, Cisl e Uil concorrono a ridurre gli spazi di libertà nelle fabbriche e nelle aziende e non lottano per la piena occupazione. Con questa intesa la Cgil ripone le residue velleità di lotta allineandosi a Cisl e Uil e tutti insieme vanno nella direzione del "patto sociale" proposto dal governo Letta-Berlusconi, da Napolitano, da Squinzi di Confindustria e dal segretario Cisl Bonanni. I sindacati confederali non si ritrovano assieme perché convergono sul fatto che i lavoratori sono stati i soli a pagare la crisi capitalistica e adesso con la lotta hanno intenzione di ridare loro diritti, salario e dignità, tutt'altro. Questa nuova unità si basa sulla visione che i maggiori sindacati, assieme al governo e ai padroni, devono concorrere a risollevare le sorti del derelitto sistema capitalistico italiano. Quindi non un soggetto antagonista e rivendicativo, ma un sindacato collaborazionista e cogestionario. Ecco a tal proposito alcune frasi emblematiche pronunciate dal palco di piazza San Giovanni. Camusso: "questo Paese lo vogliamo salvare e lo facciamo insieme, abbiamo dimostrato di metterci la faccia e non ci nascondiamo dietro al fatto che le cose non si possono fare". Bonanni: "Siamo qui per ricordare alla classe dirigente i doveri e non per contrapporre il Paese, gli uni contro gli altri, ma per lavorare per il Paese reale", Angeletti: "Il governo Letta faccia una proposta, basta con i bizantinismi. Metta questi obiettivi davanti e si raccordi con lavoratori e imprese". I segretari di Cgil, Cisl e Uil non potevano certo invitare i manifestanti a fare ulteriori sacrifici, sarebbero stati tirati giù dal palco e presi a pedate quindi i tre hanno fatto un grande sfoggio di demagogia. Ma se si va a vedere la piattaforma in 10 punti alla base della manifestazione non si va più in là di alcune rivendicazioni, sacrosante e irrinunciabili ma insufficienti come il finanziamento per la Cig e di tutti gli "ammortizzatori sociali" per il 2013 e la salvaguardia degli esodati. Gli altri punti sono generiche enunciazioni come meno tasse per i lavoratori, ma anche per le imprese, la richiesta di una politica industriale, correggere la "riforma" Fornero delle pensioni che Cisl e Uil hanno firmato e la Cgil alla fine ha avallato. Richieste irricevibili Ma tra le righe ci sono anche richieste assolutamente irricevibili come quella del "riordino istituzionale" che sa tanto di presidenzialismo, o la proroga dei contratti precari nella pubblica amministrazione senza chiedere assunzioni definitive mentre il punto che chiede di "definire uno strumento di contrasto alla povertà e il finanziamento della non autosufficienza" sembra tanto un richiamo ad istituire anche in Italia un reddito minimo di cittadinanza e la conseguente rinuncia a rivendicare il lavoro per tutti. A Roma abbiamo potuto vedere come i lavoratori, i pensionati, i precari, i giovani, le donne, i cassintegrati, siano stanchi di fare sacrifici e sono disposti alla lotta. Per contro i maggiori sindacati italiani non hanno alcuna intenzione di mettere seriamente alle strette il governo, né tanto meno indire uno sciopero generale nazionale con manifestazione nella capitale e sotto i palazzi del potere per esigere veramente atti concreti per favorire l'occupazione mai scesa ad un livello così drammaticamente basso. Preferiscono invece mantenere la pace sociale e magari dare credito al duo Letta-Berlusconi e al loro "decreto del fare" che al di là di qualche briciola non inciderà minimamente sulle condizioni di vita sempre più drammatiche dei lavoratori e delle masse popolari. Il ruolo del PMLI Il PMLI, presente con generosi compagni di Roma, di Civitavecchia e di Salsomaggiore Terme, attraverso un cartello superfotografato ha incitato le manifestanti e i manifestanti a opporsi al governo Letta-Berlusconi e a lottare contro il capitalismo, per il socialismo. Diffusi dei volantini e Il Bolscevico durante il corteo partito da piazza Repubblica. I dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi e la Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI hanno inviato ai rappresentanti del Partito alla manifestazione una lettera in cui si legge tra l'altro: "Avete fatto il massimo per portare il cartello del PMLI più vicino possibile al palco, nonostante l'inevitabile condizionamento dei fautori del governo. Grazie a voi abbiamo potuto far conoscere la nostra proposta del socialismo e dell'opposizione al governo Letta-Berlusconi ai partecipanti a una importante manifestazione sindacale a cui non potevamo mancare". 26 giugno 2013 |