Lo confermano i dati Istat di marzo Salari a picco. Carovita in crescita La differenza è di 2,1 punti percentuali, la più alta dal 1995. Meno 720 euro annui per una famiglia di 3 persone Dati preoccupanti, quelli pubblicati a fine aprile dall'Istat, Istituto nazionale di statistica, che non lasciano alcun dubbio sulla disastrosa condizione economica in cui versano le masse lavoratrici italiane. Contro il misero +1,2 % di aumento delle retribuzioni contrattuali orarie rispetto a marzo 2011 si registra il +3,3.% di inflazione: quel +2,1% di perdita del potere d'acquisto dei salari italiani è il divario più ampio registrato dal 1995 ad oggi. È come se una famiglia di 3 persone avesse avuto una perdita di 720 euro annui (610 per una famiglia di 2 persone). L'inflazione più consistente è stata registrata sui beni energetici +3,0% e sui Trasporti +1,4%. I prezzi di molti prodotti di largo utilizzo sono arrivati a crescere dello 0,6% mensile. Si tratta certamente di un effetto tangibile della più grave crisi del capitalismo degli ultimi 80 anni, che si ripercuote drammaticamente sulla vita di decine di milioni di italiani, ma sarebbe un errore pensare che il crollo del potere d'acquisto dei salari sia determinato unicamente dalla crisi economica. A determinare tale situazione concorrono le scelte del governo Monti, che ha ribadito e accentuato le politiche antipopolari del neoduce, suo degno predecessore. In primo luogo il blocco dei contratti. A fine marzo risultavano in attesa di rinnovo ben 36 accordi contrattuali, di cui 16 appartenenti alla pubblica amministrazione. Il totale dei lavoratori interessati è di circa 4,3 milioni di dipendenti, di cui 3 milioni nel pubblico impiego. L'attesa del rinnovo a marzo 2012 arriva a 27 mesi, in deciso aumento rispetto allo stesso mese del 2011, quando per il rinnovo del contratto si doveva aspettare in media 15,2 mesi. Dato che di per sé spiegherebbe il perché del divario tra prezzi che schizzano alle stelle e stipendi fermi per anni. Nella pubblica amministrazione, i contratti sono bloccati a partire da gennaio del 2010 e lo rimarranno fino a tutto il 2012, secondo quanto stabilito dalla manovra di luglio 2011 del governo Berlusconi. Un settore, inoltre, quello pubblico che occupando un terzo dei circa 3,315 milioni di precari italiani, contribuisce notevolmente al crollo del potere d'acquisto dei salari, che mediamente per un precario si attestano sugli 836 euro al mese. Se poi consideriamo che la maggioranza dei precari, il 35,18%, pari a circa 1.108.487 lavoratori, impiegati sia nel pubblico che nel privato, lavora nel Mezzogiorno si può capire come siano le masse del Sud a pagare maggiormente il prezzo dell'inflazione. La percentuale di lavoratori in attesa di rinnovo è del 12,3% nel settore privato, dove particolarmente colpiti sono gli stipendi degli operai agricoli, la cui posizione economica rischia di peggiorare con l'approvazione del voucher, un buono-paga che in sostanza annulla il contratto nazionale del settore e contro il quale in circa un milione hanno scioperato il 27 aprile. Senza contare i milioni di operai, quasi 2 solo i metalmeccanici, con uno stipendio che in media si aggira sui 1.200 euro mensili, senza contare i precari. Vi è poi l'ampio problema del lavoro nero con salari da fame, al di sotto della sopravvivenza, soprattutto nel Mezzogiorno. Il problema del potere d'acquisto dei generi di prima necessità riguarda un'ampia fascia di popolazione, quella relativa ai pensionati con pensione minima, ormai attestati sulla metà del totale. Parallelamente al blocco dei contratti e di una buona parte di pensioni, ha avuto un notevole peso nel crollo del potere d'acquisto, l'aumento di Iva e accise, ticket, tariffe dei servizi "pubblici", grazie alle privatizzazioni. Il governo Monti del massacro sociale, imposto dal capitale finanziario internazionale, dalla Ue imperialista e dalla grande borghesia italiana, è il principale responsabile della condizione economica e sociale in cui versano le masse lavoratrici e popolari italiane, e se ne infischia della disperazione di larghe fasce della popolazione, procedendo nella cancellazione sistematica di tutte le loro conquiste politiche, economiche, sociali e sindacali acquisite a prezzo di dure lotte dal dopoguerra ad oggi. La strada da percorrere è quella di allargare ed intensificare le lotte di massa: proclamare lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma davanti a Palazzo Chigi, per opporsi alla politica liberista e alle controriforme del governo Monti, fino a cacciarlo via. 9 maggio 2012 |