La giunta militare fascista della Birmania costretta a scarcerarla dopo 7 anni San Suu Kyi libera Rimangono in carcere oltre 2.200 oppositori del regime Lo scorso 13 novembre la premio Nobel per la pace birmana Aung San Suu Kyi è tornata libera. La giunta militare fascista della Birmania è stata costretta a scarcerarla dopo gli ultimi sette anni di reclusione sotto le pressioni internazionali e lo ha fatto anche per tentare di recuperare una parvenza di apertura democratica a poca distanza dalle elezioni farsa del 7 novembre dove ha intascato il plebiscito organizzato a colpi di frodi e intimidazioni. Con lo stesso pugno di ferro usato nel 2007 per reprimere la protesta partita dai monaci buddhisti che aveva suscitato una condanna internazionale meritata ma debole e inefficace. Secondo quanto dichiarato dalla televisione governativa Suu Kyi sarebbe stata liberata per buona condotta, "guadagnandosi" l'amnistia di una parte dell'ultima condanna con la quale ha passato 15 degli ultimi 21 anni in prigione. San Suu Kyi è nata a Rangoon (oggi Yangon) nel 1945, con la sua famiglia era emigrata nel Regno Unito e era rientrata nel paese alla fine degli anni '70. La sua attività politica era iniziata nel 1988, dopo la sanguinosa repressione delle proteste di massa capeggiate dagli studenti universitari. Guida l'opposizione ai militari fascisti, al potere dal 1962, fondando la Lega nazionale per la democrazia (Lnd) che ottiene una vittoria schiacciante alle legislative del 1990, nonostante lei non possa partecipare alla campagna elettorale, messa dall'anno prima dalla giunta militare agli arresti domiciliari dove resterà fino al 1995. La giunta militare non riconosce il risultato elettorale, rafforza la repressione contro l'opposizione e la metterà di nuovo in prigione dal 2000 al 2002 e dal 2003 a oggi. Nel 1991 ha ricevuto il premio Nobel per la pace che ancora non ha potuto ritirare. Fra le felicitazioni a Suu Kyi per la sua liberazione sono arrivate quelle del presidente americano Barack Obama che tramite una nota diffusa dalla Casa Bianca ha affermato che lei "è una dei miei eroi e una fonte di ispirazione per tutti coloro che lavorano per il progresso dei diritti umani in Birmania e nel resto del mondo. Gli Stati Uniti accolgono con favore il suo estremamente ritardato rilascio. Ora è giunto il tempo che il regime liberi tutti i prigionieri politici, non uno solo". Nelle carceri birmane, secondo le denunce di organizzazioni umanitarie, ci sono "oltre 2.200 prigionieri politici, condannati sulla base di norme vaghe, utilizzate sovente per criminalizzare il dissenso politico e detenuti in condizioni agghiaccianti, con cibo e servizi igienici inadeguati e senza cure mediche. Molti di essi sono stati torturati nel corso degli interrogatori e subiscono ancora torture da parte del personale penitenziario". 24 novembre 2010 |