Sbarrare la strada al golpismo secessionista della Lega Incassato il federalismo fiscale la scorsa primavera con l'assenso di tutto il parlamento, la Lega Nord punta ora diritto al federalismo istituzionale e alla secessione. Attraverso lo squadrismo verbale di Bossi al comizio di Ferragosto al Palasport di Ponte di Legno, passando persino alle edizioni dialettali della Padania, mai come questa estate l'offensiva contro l'unità d'Italia è stata così forte e decisa. Gabbie salariali, dialetto nelle scuole, presidi e professori autoctoni, bandiere e inni regionali, Rai dialettale, segnaletica stradale ed etichette sui cibi in dialetto: non c'è aspetto dell'unità nazionale e dell'unità dello Stato italiano che non sia stato messo in discussione. In sostanza, le singole proposte della Lega compongono un disegno generale per giungere a un'effettiva divisione dell'Italia, con un potente Nord capitalistico sovrano e finanziariamente autonomo, sganciato dal Sud assistito per meglio misurarsi con la competitività internazionale e la cui partizione territoriale è spiegata sia in base a criteri di omogeneità economica e sociale, sia sulla base di inventate identità etniche regionali utili per ritagliarsi su misura e a piacimento i propri confini, lasciando fuori estranei e indesiderabili come dimostrano le continue campagne razziste e xenofobe. Sentendosi a pochi passi dalla realizzazione del loro obiettivo finale, durante l'estate i fascio-leghisti hanno alzato la posta. Non di meri "ciechi particolarismi" si tratta, come ha affermato il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ad Auronzo di Cadore, ma di un disegno golpista secessionista portato avanti con forza e consapevolezza a favore della borghesia del Nord e a cui occorre sbarrare prontamente la strada. Il federalismo, infatti, disgrega e indebolisce il proletariato italiano e attraverso i vincoli di "solidarietà comunitaria" di cui blaterano i fascio-leghisti lo lega mani e piedi alla borghesia che lo sfrutta. Non a caso, riferendosi alla lotta vittoriosa degli operai dell'Innse contro lo smantellamento della fabbrica, a Ponte di Legno Bossi s'è detto preoccupato per la radicalizzazione delle vertenze. "Non è il momento di fare quelle cose lì - ha avvertito schierandosi prontamente dalla parte dei padroni -. Oggi gli imprenditori sono dei poveri disgraziati. Non si deve pensare che sono contro gli operai, lavorano anche loro per il bene delle fabbriche". Con buona pace del secessionista Bossi, il proletariato non è un bimbo che si beve le sue favole interclassiste e antioperaie. Alla prova del fuoco il suo obiettivo sarà senz'altro diverso: lottare per l'Italia unita, rossa e socialista sotto la guida del suo vero partito, il PMLI. 2 settembre 2009 |