Risibile e insostenibile autodifesa Scajola costretto alle dimissioni La procura di Perugia che indaga sulla cricca degli appalti pubblici gli contesta di aver ricevuto 900 mila euro da Anemone e di averli utilizzati per l'acquisto di una casa intestata alla figlia "Non lascerò il governo, non farò come con il caso Biagi altrimenti sembrerà che mi hanno beccato con il sorcio in bocca. Non ho colpe. Sono pronto ad un faccia a faccia con chiunque insistesse con questa tesi e sono certo che verrebbe confermata la verità che sto dicendo. Non faccio decidere da una campagna mediatica il ruolo che devo svolgere come ministro della Repubblica. Non scappo": parola dell'ex ministro alle Attività Produttive Claudio Scajola che, nonostante la piena solidarietà del neoduce Berlusconi, del Consiglio dei ministri e di quasi tutta la maggioranza in camicia nera che hanno tentato in tutti i modi di salvare "U ministro" gridando ancora una volta al complotto giudiziario, il 5 maggio è stato costretto a dimettersi nel vano tentavo di salvarsi la faccia per il suo diretto e pesante coinvolgimento nell'inchiesta della Procura di Perugia che indaga sulla "cricca" dei "Grandi Appalti" pubblici gestiti dalla presidenza del Consiglio e dalla Protezione Civile. Il nome di Scajola ancora non compare nel registro degli indagati ma, come "persona informata dei fatti", sarà interrogato dai Pm di Perugia il 14 maggio ed è molto probabile che la sua posizione a quel punto possa ulteriormente aggravarsi. Casa Scajola In particolare l'ex ministro deve chiarire i loschi retroscena che lo vedono protagonista dell'acquisto a dir poco sospetto di un prestigioso appartamento di 180 metri quadri a Roma, intestato alla figlia, con vista mozzafiato sul Colosseo, del valore di oltre 1 milione e 700 mila euro ma per il quale l'ex ministro di euro ne ha sborsati soli 610 mila. Il resto è stato pagato con un pacco di 80 assegni circolari per un valore di oltre 900 mila euro provenienti dai conti di Angelo Zampolini: l'architetto del circolo Salaria di Diego Anemone che la Procura di Perugia vuole arrestare per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di somme provento di corruzione. Tutto inizia nel 2004 quando l'allora ministro dell'Attuazione del programma, rientrato al governo nel 2003 dopo le dimissioni da ministro dell'Interno nel luglio 2002 in seguito alle sue dichiarazioni sull'assassinio del "rompicoglioni" Marco Biagi, compra la casa sul Colosseo. La stipula dell'atto è avvenuta alla presenza del notaio Gianluca Napoleone, recatosi appositamente presso gli uffici del ministero di via della Mercede, dove le parti (l'acquirente Scajola e le sorelle Beatrice e Barbara Papa venditrici) concordano di dichiarare al Fisco che l'ammontare della compravendita è di soli 610 mila euro, ossia meno della metà del prezzo di mercato. Le attività delittuose della "cricca" Ricostruendo tutti i passaggi di denaro e degli assegni bancari, i Pubblici ministeri (Pm) Alessia Tavernesi e Sergio Sottani hanno accertato che Zampolini per saldare l'acquisto di casa Scajola ha usato soldi provenienti dalle attività delittuose della "cricca" dei "Grandi Appalti" di cui fanno parte fra gli altri: Claudio Rinaldi, commissario per la ricostruzione post-terremoto a San Giuliano, Angelo Balducci, Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola incaricati dal governo di gestire gli appalti per i "Mondiali di nuoto di Roma 2009", il "G8" e il "150esimo anniversario dell'Unità d'Italia" e ora tutti indagati o finiti in galera per il fiume di denaro pubblico dirottato in gran parte nelle tasche di società e consorzi di ditte appaltatrici riconducibili, guarda caso, proprio agli imprenditori Diego, Daniele, Dino e Luciano Anemone, Vanessa Pascucci, Francesco Maria De Vito Piscicelli, Guido Cerruti e soprattutto Stefano Gazzani che è il commercialista di buona parte dei protagonisti di questo verminaio di tangenti. Gazzani e Zampolini, secondo la procura, sono i "riciclatori del denaro provento dei delitti contro la pubblica amminstrazione" e hanno agito come "soggetti intermediari per la dazione delle somme oggetto della corruzione". Dunque Scajola, che si è dimesso proprio per potersi difendere, farebbe bene a spiegare innanzitutto perché, per conto di chi e soprattutto in cambio di che cosa la "cricca" ha versato i 900 milioni per la splendida magione al Colosseo del ministro. Scajola è indifendibile Le motivazioni fin qui addotte per coprire la sua vergognosa uscita di scena appaiono a dir poco ridicole e insostenibili. Sprezzante del ridicolo, il ministro è arrivato a dire che: "Se dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata pagata da altri senza sapere io motivo, tornaconto e interessi, darei mandato ai miei legali per annullare il contratto di compravendita". Come se non fosse lui il destinatario di quegli 80 assegni che l'architetto Zampolini, per conto della "cricca", gli ha consegnato presso il suo ufficio al ministero e da lui girati nelle mani delle sorelle Papa al momento della compravendita alla presenza del notaio Napoleone. Non solo. Scajola finge anche di non ricordare: "Non so se Zampolini ci fosse o meno; quello che so lo sto leggendo dai giornali e da quello che ricordo. Sono passati sei anni. C'erano il notaio le sorelle e altre persone, parlano anche di un funzionario di banca, può darsi". Sugli assegni arrivati da Anemone ammette: "Sarebbe illogico, una cosa assolutamente cretina. Sarà avvenuto prima o dopo" il rogito. "Certamente non in pubblico, alla presenza mia e del notaio". La Procura invece ha in mano tutte le prove del passaggio di denaro: atti, copia degli assegni e testimonianze scritte e controfirmate. Lo stesso Zampolini ha confermato che: "Anemone mi incaricò di cercare e trattare l'appartamento del ministro... il prezzo reale della casa di Scajola è molto più alto dei 610 mila euro dichiarati nell'atto". Zampolini, scrivono i Pm nella richiesta di arresto a suo carico, è un corruttore perché: "versando 900 mila euro in contanti presso gli sportelli della Deutsche Bank agenzia 582 di Roma e ottenendo l'emissione di 80 assegni circolari all'ordine di Barbara e Beatrice Papa per valuta corrispondente per l'acquisto nell'interesse di Claudio Scajola di un immobile sito in via del Fagutale intestato al suddetto trasferiva denaro e compiva comunque operazioni tali da ostacolare l'identificazione della loro provenienza da delitti contro la pubblica amministrazione". Zampolini deve finire in galera e deve rispondere anche delle accuse di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di somme provento di corruzione non solo per avere prestato i suoi conti per riciclare i soldi della "cricca" e portare a termine l'affare Scajola ma, per una serie di altre compravendite immobiliari. Le "case" della "cricca" A Zampolini i giudici contestano altre operazioni immobiliari sospette. La prima è stata fatta versando sul solito conto corrente della Deutsche Bank "danaro contante per euro 435 mila che nei giorni successivi permetteva l'emissione di assegni all'ordine di Geraldini Manfredi". Con quegli assegni, secondo l'ipotesi dell'accusa, il figlio di Balducci, Lorenzo, avrebbe pagato un immobile comprato dalla società di Geraldini Manfredi nel 2004 in via della Pigna, a due passi dal Pantheon. La terza persona che riceve gli assegni di Zampolini è il generale dell'Aisi, responsabile della logistica del servizio segreto, Francesco Pittorru (anche lui per il momento non ancora indagato come Balducci junior e Scajola). Nel 2004 Zampolini ha emesso 29 assegni circolari per 285 mila euro complessivi che poi sono stati usati per pagare la casa di via Merulana intestata ai figli del generale. Due anni dopo la scena si ripete. Zampolini stavolta emette assegni circolari sul suo conto per 520 mila euro che poi vengono usati per acquistare una seconda casa di fronte alla prima e più grande, sempre per il generale e per sua moglie. Schifo di Stato Insomma, delle due l'una: o Anemone è il più grande benefattore che sia mai esistito sulla faccia della terra; oppure, come è molto più probabile, la sua generosità verso i massimi vertici politici e istituzionali responsabili dei lavori pubblici e della Protezione Civile sia stata tutt'altro che benevola e anzi abbia avuto un grande peso al momento dell'assegnazione dei "Grandi Appalti" pubblici. Uno schifosissimo giro di milioni di euro che attraverso false fatturazioni e strani "risparmi indebiti" vengono imboscati e riciclati in conti esteri a favore di prestanome in modo che se ne perdano le tracce per poterli poi intascare sotto forma di "favori", "regali", "massaggi e prestazioni sessuali" o di assegni e beni immobili. Basti pensare che solo lo scorso anno Scajola ha gestito fondi per cinque miliardi destinati a incentivi a fondo perduto e contributi alle imprese private e assieme al neoduce Silvio Berlusconi aveva già messo le mani in pasta nel grande affare dei prossimi decenni, ossia il ritorno delle centrali nucleari. È logico pensare che, se da un lato, per i favori a Balducci e a Pitorru il gruppo Anemone da dieci anni vince quasi tutti gli appalti dei lavori pubblici, delle Infrastrutture e della Difesa grazie al nulla osta sicurezza; dall'altro lato, per la casa al Colosseo, Scajola deve chiarire quanti e quali appalti ha garantito ad Anemone prima come ministro dell'Attuazione del programma (2004-2006) e ora per lo Sviluppo economico. 12 maggio 2010 |