Scalea amministrata dalla 'ndrangheta Arrestati il sindaco (lista civica PDL-PD), 5 assessori e il capo dei vigili 'Ndranghetopoli: viene chiamata così da diverso tempo la città di Scalea in provincia di Cosenza. Ma se un tempo lo era di fatto (vox populi vox dei) ora lo è di diritto. Per effetto dell'inchiesta coordinata dai procuratori della procura distrettuale antimafia di Catanzaro Vincenzo Lombardo, Giuseppe Borrelli e Vincenzo Luberto, denominata "Plinius" (da Via Plinio il Vecchio sede della casa comunale), sono state infatti arrestate 34 persone fra le quali il sindaco Pasquale Basile, espressione di una lista civica PDL-PD chiamata "Scalea nel Cuore", gli assessori comunali Maurizio Ciancio (lavori pubblici), Raffaele De Rosa (ambiente e reti idriche), Francesco Galiano (protezione civile, cugino del boss Pietro Valente), Antonio Stummo (assessore al commercio e figlio del boss Mario Stummo), il responsabile dell'ufficio tecnico Antonino Amato e il consigliere di "opposizione" Luigi De Luca. In quattro sono sfuggiti alla cattura e sono ricercati in tutta Italia. Sono tutti accusati di collusione con le 'ndrine locali, Valente e Stumpo, cresciute all'ombra del superboss Franco Muto di Cetraro (Cosenza). ''In realtà parlare di collusione è un eufemismo'' spiega Borrelli, "Faccio il pm dal 1990 e non mi era mai capitato di ascoltare intercettazioni del genere. Non c'è una collusione ma una città amministrata direttamente dalla 'ndrangheta! Numerosi elementi danno da pensare che anche in altri tempi la situazione sia stata la stessa, dovremo studiare a fondo la storia di Scalea''. I due boss Valente e Stummo, secondo gli inquirenti, sceglievano sindaci e assessori, ditte e fornitori, governando, di fatto, in nome del piombo e del denaro praticamente tutte le attività economiche: appalti, insediamenti turistici, attività commerciali, stabilimenti balneari, licenze edilizie e commerciali, raccolta dei rifiuti, concessione di terreni demaniali, e quant'altro. Il tutto grazie al sindaco Basile, successore di Mario Russo, oggi consigliere provinciale del PDL, anch'egli indagato in questa inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa. Ruolo chiave lo avrebbe avuto l'avvocato Mario Nocito nel cui studio (dove gli inquirenti hanno piazzato una microspia), si sono svolte riunioni con esponenti dell'una e dell'altra 'ndrina con componenti della giunta comunale. Agghiaccianti alcuni dialoghi fra i mafiosi: "Se ci intercettano qua chissà che succede... Eh, ma qui non c'è mica la Boccassini''. Dalle indagini è emerso che il sindaco si è prodigato per trovare una sintesi fra gli interessi sia degli Stummo che dei Valente, che anche se subordinati ai Muto, si sono sempre contrapposti fra loro. Alla 'ndrangheta si intreccia poi la camorra che ha sempre considerato la valle del Lao come una propria zona di influenza, sia per la vicinanza con la provincia di Salerno, sia perché Scalea è sempre stata una sorta di "Napoli Marittima" dato l'afflusso turistico estivo con relativo enorme giro d'affari. Il clan camorristico Cesarano di Castellammare di Stabia (Napoli), infatti, ha avuto voce in capitolo grazie all'ex sindaco Mario Russo tramite la "Cem spa" di Vincenzo D'Oriano (considerato contiguo allo stesso clan) per la costruzione del porto turistico di Scalea, lavori da 14 milioni di euro. La città è ora commissariata, sarà il viceprefetto vicario Massimo Mariani a gestire l'ordinaria amministrazione. Sono stati sequestrati in totale beni per la cifra da capogiro di 60 milioni di euro alcuni dei quali frutto anche di investimenti in Lazio, Umbria, Marche e Puglia. Insomma, dopo Reggio e le 'ndrine dello Stretto che hanno inguaiato Scopelliti e il PDL, dopo il caso Rende che ha coinvolto i Principe del PD, ora è la volta di un'amministrazione comunale PD-PDL, come dire che i principali partiti del regime neofascista e i loro alleati, siano essi contrapposti (si fa per dire) o d'accordo, servono sempre e solo gli interessi della borghesia e della 'ndrangheta, per la quale non c'è aria di crisi! La presidente della Camera Laura Boldrini (SEL), in Calabria proprio in questi giorni per tenere incontri a Rosarno e a Riace, ha incoraggiato a ribellarsi alla 'ndrangheta con maggiore "indignazione" ma sempre all'interno delle marce e irriformabili istituzioni borghesi, con le solite mirabolanti promesse che oggettivamente sottostimano il fenomeno mafioso e che, peraltro, dovrebbero essere trasformate in realtà dalla maggioranza che sostiene l'infame governo Letta-Berlusconi magari con il voto del partito del trotzkista Vendola e della stessa Boldrini o con l'apporto del megalomane milionario qualunquista Grillo. Non solo: se anche nuove leggi venissero approvate rimarrebbe il problema della loro applicazione, da valutare nel quadro di una imminente riforma neofascista e filomafiosa della giustizia e nel quadro dello snellimento (leggi tagli e accorpamenti dei tribunali) dell'apparato giudiziario regionale calabrese. Come può dunque essere ritenuta credibile la Boldrini? Contro la 'ndrangheta ci vuole invece da subito un ampio fronte unito fuori dalle istituzioni borghesi, lottando al contempo per il lavoro e lo sviluppo del Mezzogiorno ma, soprattutto, per strappare una volta per tutte la Calabria dal capitalismo, dalla misera, dalla ndrangheta, dal sottosviluppo, dalla disoccupazione, dalla devastazione ambientale, dalla scarsità dei servizi che i calabresi vivono ogni giorno sulla propria pelle, ci vuole il PMLI, la rivoluzione socialista e la dittatura del proletariato, in una parola: il socialismo! Un simpatizzante della provincia di Cosenza del PMLI 17 luglio 2013 |