I precedenti sul crocifisso nei luoghi pubblici

27 maggio 2002
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Il consiglio d'istituto della scuola Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova) respinge il ricorso della madre di due alunne e decide che i simboli religiosi possono essere lasciati esposti nelle aule scolastiche, in particolare il crocifisso, unico simbolo esposto. Tale decisione viene impugnata dalla madre delle due alunne, Soile Lautsi, italiana di origine finlandese, davanti al Tar per il Veneto. Nel ricorso si sostiene che la decisione del consiglio d'istituto sarebbe stata presa in violazione del principio di laicità dello Stato, che impedirebbe l'esposizione del crocifisso e di altri simboli religiosi nelle aule scolastiche, e violerebbe la "parità che deve essere garantita a tutte le religioni e a tutte le credenze, anche areligiose". Nel marzo 2005 il Tar rigetterà il ricorso della madre della due alunne. Il tribunale regionale sentenzia che il crocifisso, "inteso come simbolo di una particolare storia, cultura e identità nazionale (...) oltre che espressione di alcuni principi laici della comunità (...) può essere legittimamente collocato nelle aule della scuola pubblica, in quanto non solo non contrastante ma addirittura affermativo e confermativo del principio della laicità dello Stato repubblicano". Il crocifisso - scrivono i giudici - non va rimosso dalle aule scolastiche perché ha "una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni"; "non è solo un oggetto di culto", ma un simbolo "idoneo a esprimere l'elevato fondamento dei valori civili... che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato".
17 giugno 2002.
A firma del leghista Federico Bricolo, e altre decine di deputati della Casa del fascio (tra cui il "mangiapreti" Sgarbi e il famigerato Garagnani di FI, quello che vuole epurare i libri di testo marxisti dalle scuole), nonché da diversi deputati della Margherita, viene presentata alla Camera una proposta di legge che si propone di imporre l'esposizione del crocifisso - definito già allora "emblema di valore universale della civiltà e della cultura cristiana", nonché elemento "irrinunciabile del patrimonio storico e civico-culturale dell'Italia, indipendentemente da una specifica confessione religiosa" - in tutte le scuole di ogni ordine e grado, Università, accademie, uffici pubblici, enti locali, consigli regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, comunità montane, seggi elettorali, carceri, uffici giudiziari, ospedali, stazioni e autostazioni, porti e aeroporti, sedi diplomatiche e consolari e uffici pubblici italiani all'estero. Per chi rimuove "in odio a esso" il crocifisso o lo vilipende, è previsto l'arresto fino a sei mesi o l'ammenda da 500 a 1.000 euro. Lo stesso vale per il pubblico ufficiale che si rifiuta od omette di esporlo o di vigilare affinché sia esposto.
22 ottobre 2002.
Una sentenza del giudice Mario Montanaro del tribunale de L'Aquila, ordina la rimozione del crocifisso dalla scuola materna ed elementare "Silveri" di Ofena (L'Aquila). Una sentenza giuridicamente limpida e ineccepibile, che in base a precedenti sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione, stabilisce che la rimozione del crocifisso "è l'unico mezzo per ristabilire il principio di eguaglianza di tutti i cittadini nella fruizione di un servizio pubblico come la scuola". Le motivazioni: "nell'ambito scolastico la presenza del simbolo della croce induce nell'alunno ad una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della espressione di fede, perché manifesta l'inequivoca volontà, dello Stato, trattandosi di scuola pubblica, di porre il culto cattolico al centro dell'universo, come verità assoluta, senza il minimo rispetto per il ruolo svolto dalle altre esperienze religiose e sociali nel processo storico dello sviluppo umano, trascurando completamente le loro inevitabili relazioni e i loro reciproci condizionamenti". Inoltre, prosegue l'ordinanza, "la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche comunica un'implicita adesione a valori che non sono realmente patrimonio comune di tutti i cittadini, presume un'omogeneità che, in verità, non c'è mai stata e, soprattutto, non può sicuramente affermarsi sussistere oggi, e che, però, chiaramente tende a determinare, imponendo un'istruzione religiosa che diviene obbligatoria per tutti, poiché non è consentito non avvalersene, connotando così in maniera confessionale la struttura pubblica `scuola' e ridimensionandone fortemente l'immagine pluralista".
Fine 2002.
Furibonda campagna clerico-fascista con forti venature razziste diretta contro Adel Smith, che aveva presentato il ricorso (viene aggredito in diretta Tv da una squadraccia di Forza Nuova) contro il giudice Montanaro, contro l'Islam, gli immigrati e il principio di laicità dello Stato e della scuola pubblica. In Parlamento la ministra della d-istruzione Letizia Moratti, tuona contro gli "eretici" e rifacendosi alle leggi fasciste del 1923 e 1928, a suo dire ancora pienamente in vigore, difende le azioni dei presidi clerico-fascisti, sostenendo che solo il crocifisso ha diritto di cittadinanza negli arredi delle aule scolastiche. Passano pochi giorni e la Thatcher di viale Trastevere invia "una direttiva" alle direzioni scolastiche regionali per dare piena attuazione alle norme fasciste del 1923-28 "attraverso l'adozione di iniziative idonee ad assicurare la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche". Il 23 ottobre il ministro e il cardinale Ruini firmano una intesa sugli "Obiettivi specifici di Apprendimento per l'insegnamento della Religione Cattolica (IRC)", per ora applicata alla scuola dell'infanzia e primaria, in attesa di essere estesa alla scuola superiore, che definisce i programmi e il "profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione", in relazione alla controriforma scolastica neogentiliana varata dal governo. "Gli studenti e gli insegnanti uniti devono risolutamente respingerla e affossarla" - afferma prontamente il PMLI - "in quanto, come la crociata imbastita sul crocifisso, rappresenta un altro grimaldello per scardinare la scuola pubblica separata e indipendente dalla religione e riportarla pienamente sotto le sottane dei preti e delle monache e il controllo diretto del capitale in camicia nera, esattamente come nel ventennio mussoliniano".
Dicembre 2008.
Nella città spagnola di Valladolid, il giudice Valentin Sastre ordina la rimozione dei crocifissi dalla scuola pubblica. A Ragusa, il presidente del Tribunale Michele Duchi respinge la richiesta di riesporre i crocifissi nella aule giudiziarie avanzata su "consiglio" del "vescovo" dall'Ordine degli avvocati.
Gennaio 2010.
Rimozione dall'ordine giudiziario. È la durissima e gravissima sanzione inflitta dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, guidato dal democristiano vicepresidente Nicola Mancino, a Luigi Tosti, il giudice di Camerino (Macerata) accusato di omissione di atti d'ufficio per essersi rifiutato di celebrare le udienze del tribunale, per la presenza del crocifisso in aula. Assolto dalla Cassazione, dopo una condanna in primo grado, già sospeso dalle funzioni e dallo stipendio nel 2006, dopo il verdetto non potrà più indossare la toga. "Oggi si è scritta una pagina nera per la laicità dello Stato italiano": questo è stato il commento di Tosti che ha annunciato che impugnerà il verdetto.

7 luglio 2010