Ferma denuncia della Flai-Cgil Nelle campagne siciliane i migranti sfruttati come schiavi Lavorano fino a 20 ore al giorno per poche centinaia di euro al mese. "In cambio di pochi euro di paga gli imprenditori estorcono alle donne prestazioni sessuali" Il peso della mafia e l'inettitudine del governo Cuffaro Dal nostro corrispondente della Sicilia In Sicilia l'attuale condizione degli immigrati è a dir poco disumana: sembra di essere tornati indietro di svariati secoli, fino al medioevo e alla servitù della gleba. Fa scalpore una recente denuncia della Flai-Cgil Sicilia, il maggiore sindacato dell'isola con i suoi 56.268 iscritti, che ha dichiarato: "Migliaia di persone provenienti dall'Est europeo vengono utilizzate nelle campagne della Sicilia in condizioni quasi di schiavitù, con forme estreme di sfruttamento". L'assurdità di tutto ciò è sottolineata dalla complicità delle amministrazioni locali borghesi, delle "forze dell'ordine" e da certi ambienti della chiesa che "chiudono un occhio" e, talvolta, favoriscono lo sfruttamento della manodopera clandestina. Il Segretario generale della categoria, Salvatore Lo Balbo, ha parlato di "imprenditori senza scrupoli che nelle piazze delle principali città siciliane rastrellano manodopera di extracomunitari ai quali sottraggono persino i passaporti, in cambio di pochi euro di paga ed estorcendo alle donne anche prestazioni sessuali". Perché tale questione occupasse le pagine dei quotidiani, bisognava proprio che il sangue dei lavoratori clandestini finisse tragicamente fin sulle comode poltrone delle autorità borghesi. Recentemente, a seguito della morte sul lavoro del bracciante agricolo Gaetano Ciadamidaro, in un gravissimo incidente, in cui sono rimasti feriti altri 7 lavoratori, la Cgil ha detto: "Questo ultimo incidente sul lavoro conferma quanto la Flai ha più volte denunciato sul continuo abbassamento dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici dell'agricoltura. Lavoro nero, bassi salari, aziende fasulle, nuovo caporalato sono manifestazioni di degrado economico e sociale che imperversano in tutta la regione". L'utilizzo nei campi degli immigrati non è una novità, piuttosto una tradizione consolidata di sfruttamento non occasionale, organizzato e gestito dalla mafia che ottiene il beneplacito omertoso di politicanti borghesi succubi, magari per favori già ricevuti. Posti sotto il ricatto di un tempestivo rimpatrio, gli immigrati clandestini cedono, accettando le condizioni disumane di vita, spesso in casolari diroccati e privi dei servizi essenziali quali luce, acqua, gas, servizi igienici. E gli orari di lavoro non sono da meno: si arriva fino a 20 ore al giorno per poche centinaia di euro al mese, lavorando nei campi o negli ovili. Il vero punto nodale risiede nella soffocante presenza della mafia. "Il sistema mafioso - accusa la Flai - allunga i propri tentacoli per limitare le libertà individuali e collettive e per soggiogare interi territori. Dal controllo dell'immigrazione clandestina agli aiuti comunitari, dal controllo dei mercati generali e ittici alla macellazione illegale, dal condizionamento burocratico al mercato del lavoro, dalla gestione delle reti di trasporto alla compra-vendita dei terreni, le organizzazioni mafiose, forti di un retroterra culturale diffuso, riescono a fare sentire la loro presenza in maniera opprimente". La soffocante presenza della mafia e lo sfruttamento schiavistico dei braccianti nelle campagne siciliane sono connessi certamente al disinteresse delle istituzioni borghesi nei confronti del settore produttivo più importante dell'isola. D'altro canto, la recente conferma di Cuffaro (che, peraltro, è stato assessore all'Agricoltura nei due governi di "centro-sinistra" del DS Capodicasa), come presidente della Regione non ha fatto altro che peggiorare la già grave situazione economica siciliana, che in cinque anni di governo di "centro-destra" ha visto un aumento del lavoro nero, della disoccupazione e un ulteriore passo verso il sottosviluppo. Il problema della condizione operaia in Sicilia è, dunque, strettamente connesso alla presenza dello sfruttamento mafioso: bisogna combattere la mafia con un serio piano di interventi politici mirati a sradicare la schiavitù, il lavoro nero nelle campagne e per riaffermare il diritto dei lavoratori agricoli siciliani e immigrati alla sicurezza sul lavoro e a contratti di lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato. La lotta alla mafia per la conquista del massimo dei diritti possibili per i lavoratori siciliani durante il capitalismo va condotta certamente con grande impegno. Ma bisogna avere la consapevolezza che "Cosa nostra" potrà essere estirpata dal tessuto sociale economico e politico siciliano solo nel socialismo. Sessant'anni di governi borghesi hanno dimostrato, infatti, quanto la mafia sia parte integrante delle istituzioni borghesi e, naturalmente, del capitalismo. Essa rappresenta il volto più reazionario e violento della borghesia siciliana e nazionale, e non può essere sconfitta se non con l'abbattimento del capitalismo e l'affermazione della dittatura del proletariato. In questa fase storica la lotta contro lo sfruttamento della classe operaia siciliana e degli immigrati passa attraverso la lotta alla mafia e, ovviamente, attraverso la diffusione del marxismo-leninismo-pensiero di Mao per costruire passo passo le condizioni per la rivoluzione proletaria. Intanto il PMLI già da anni propone una serie di rivendicazioni per combattere il lavoro nero, lo schiavismo e il caporalato nelle campagne. Tra queste secondo noi i provvedimenti che andrebbero presi immediatamente sono i seguenti: 1) Un piano per fornire lavoro stabile e garantito tutto l'anno per tutti i lavoratori agricoli nelle grandi e medie aziende siciliane. 2) Abolizione del bracciantato e assunzione dei braccianti come operai agricoli a tempo indeterminato. 3) Abolizione dei contratti stagionali e avventizi. Comunque prevedere per i lavoratori stagionali e avventizi una copertura annuale salariale, assistenziale e previdenziale. 4) Individuare, facendo ricorso ai vari metodi di indagine incrociata, e reprimere, come reato penale, il ricorso al lavoro nero, allo schiavismo e al caporalato per l'ingaggio della manodopera siciliana e immigrata. Liberiamo la Sicilia dal capitalismo, dal sottosviluppo e dalla mafia! Abbattiamo lo sfruttamento del lavoro nero e dell'immigrazione nelle campagne siciliane! 11 ottobre 2006 |