I lavoratori europei in piazza contro le misure di austerità Grande manifestazione a Bruxelles Sono stati almeno 100 mila i manifestanti che il 29 settembre a Bruxelles sono sfilati per le vie della città, fin quasi sotto la sede della Commissione europea, per protestare contro le misure di austerità dei governi europei. La manifestazione promossa dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces) è stata la più grande degli ultimi dieci anni. Una cinquantina le principali sigle sindacali dei vari paesi che avevano aderito alla manifestazione e fra le quali spiccava la vergognosa assenza delle italiane Cisl e Uil, gli zerbini del governo del neoduce Berlusconi. La parola d'ordine della manifestazione era "No all'austerità, priorità per il lavoro e la crescita"; nel corteo assieme a cori dell'Internazionale e al frastuono di mortaretti, fischietti e trombette i manifestanti hanno gridato slogan contro le privatizzazioni, per maggiori investimenti pubblici, per i rinnovi contrattuali. Il grande corteo era composto in prevalenza da lavoratori di Belgio, Francia e Germania, con folte delegazioni provenienti da Italia, Olanda, Polonia e Slovacchia. Presenti anche lavoratori spagnoli, portoghesi, rumeni, cechi, sloveni, bulgari e greci. Manifestazioni si svolgevano in contemporanea a Roma, Belgrado, Dublino, Lisbona e Porto, altre iniziative di protesta erano segnalate in Polonia, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Cipro e Repubblica ceca. In Spagna si svolgeva lo sciopero generale, di cui parliamo a parte, in Grecia uno sciopero dei trasporti che bloccava autobus, filobus e tram nella capitale e i trasporti ferroviari in tutto il paese; in sciopero anche i medici degli ospedali pubblici mentre proseguiva il blocco degli autotrasportatori in corso da due settimane contro il piano di liberalizzazione previsto dal governo del socialista George Papandreou. Il responsabile della Ces denunciava che "alcuni governi europei hanno già tagliato pesantemente lo stato sociale, come ha fatto l'Irlanda, considerata un esempio da seguire da parte del Presidente della Bce, ma in Irlanda la situazione non è migliorata, anzi il paese è ancora in crisi e il suo rating è sceso ancora, quella cura non funziona". E accusava la Commissione europea e il suo segratario José Manuel Durao Barroso, che il giorno precedente aveva avanzato proposte per rafforzare la disciplina di bilancio dei 27 paesi dell'Unione europea (Ue), di voler adottare "misure medioevali che puntano a uccidere chi è già ferito, a far entrare l'Europa nella recessione" e che solo due paesi su 27, Svezia e Estonia, sarebbero in grado di rispettare. Il pacchetto di proposte legislative presentato da Barroso, che di fatto riscrive il Patto europeo di stabilità e di crescita, prevede uno stretto monitoraggio sui debiti pubblici, che non potranno superare il 60% e "saranno trattati alla stessa stregua dei deficit ai fini dell'apertura di procedure di infrazione" e un giro di vite sulle sanzioni per i paesi inadempienti, sanzioni quasi automatiche e introdotte anche in fase preventiva che potranno essere bocciate solo da una maggioranza qualificata del Consiglio Ue. Uno stretto controllo sui bilanci pubblici e sanzioni per chi sfora i parametri definiti che imporranno ai governi europei, se ce ne fosse bisogno, nuovi tagli e controriforme sociali. A queste misure il sindacato europeo si oppone e chiede la tassazione delle transazioni finanziarie per recuperare i fondi per la crescita, l'emissione di buoni del tesoro europeo per limitare l'azione speculativa dei mercati, e il varo di finanziamenti a programmi specifici per i giovani, la formazione ed il lavoro. 6 ottobre 2010 |