Sciopero generale in Libano per chiedere le dimissioni del governo filo-Usa La richiesta: "Un governo per l'unità nazionale" D'Alema appoggia il governo illegittimo Il 23 gennaio Beirut è rimasta paralizzata per lo sciopero generale indetto dai partiti dell'opposizione a sostegno della richiesta di dimissioni del governo filo-Usa del premier Fouad Siniora. Fin dalle prime ore del mattino i manifestanti hanno bloccato tutte le principali strade del paese dall'autostrada per Damasco a quelle dirette a nord verso Tripoli e a sud verso Tiro e Sidone nel Sud. Uffici, negozi, porti e aeroporti, scuole e ministeri sono rimasti chiusi. Mobilitate tutte le forze dei partiti di opposizione con gli sciiti di Amal e di Hezbollah che bloccavano le strade della periferia sud della capitale, i militanti cristiani del Movimento patriottico del generale Aoun costruivano barricate nelle arterie di Beirut est e nord; i sunniti nasseriani di Sidone sbarravano quelle attorno alla città meridionale mentre nel nord a bloccare le strade erano i militanti del movimento Marada di Suleiman Franjieh, del Partito Social-nazionale-siriano e i sunniti di Omar Karame. Durante lo sciopero si sono verificati alcuni scontri provocati da militanti dei partiti governativi nel corso dei quali sono morte almeno tre persone e un centinaio ferite. La popolazione della periferia sud della capitale, nella roccaforte della resistenza libanese degli Hezbollah, ha bloccato la circolazione scaricando sulla sede stradale le macerie dei palazzi distrutti durante i bombardamenti israeliani, a denunciare la mancata ricostruzione promessa dal governo Siniora. A rafforzare le ragioni dello sciopero e la massiccia partecipazione della popolazione ai blocchi stradali vi era anche l'opposizione al piano neoliberista che l'illegittimo governo di Siniora si appresta a varare. L'ex premier assassinato Rafiq Hariri aveva puntato nella ricostruzione del paese sul lusso di un centro di Beirut disponibile solo per i ricchi locali e stranieri e per le imprese, parte di sua proprietà; il Libano avrebbe dovuto tornare a essere la "Svizzera del Medio Oriente" e invece ha un debito pubblico immenso, quasi il doppio del prodotto interno lordo. Il piano messo a punto dal governo Siniora punta a farlo pagare alle masse popolari tramite un forte aumento dell'Iva, le privatizzazioni di aziende statali e l'aumento delle tariffe pubbliche. Il successo dello sciopero e l'ampiezza del movimento di protesta contro il governo Siniora erano sottolineati dal rappresentante di Hezbollah Ibrahim Moussawi come "una grande vittoria del movimento di opposizione, della sua unità e, più in generale, di coloro che intendono difendere la sovranità e la stabilità del Libano minacciata da una destabilizzazione made in Usa. Un movimento sostanzialmente pacifico e di massa che dal primo dicembre si è accampato davanti alla sede del governo per chiedere civilmente un esecutivo di unità nazionale nel quale tutte le comunità e le principali forze politiche siano presenti su un piano di parità e non siano costrette a votare - come è successo - senza neppure discutere, su leggi e proposte arrivate direttamente da Washington". Le opposizioni vogliono un governo di unità nazionale con i rappresentanti di tutte le comunità. Il governo di Siniora è illegittimo dopo le dimissioni dei ministri dell'opposizione, dei cinque ministri sciiti e di uno greco-ortodosso; secondo la costituzione del paese e gli accordi di Taif che misero fine alla guerra civile stabiliscono che in tutte le istituzioni devono essere presenti tutte le principali comunità libanesi. La richiesta di un governo di unità nazionale è stata finora respinta da Fouad Siniora, forte del sostegno in particolare degli Usa, della ex potenza coloniale Francia, dell'Arabia Saudita. Ai quali si è aggiunta l'Italia imperialista di Prodi. Non a caso questi paesi sono tra i maggiori finanziatori della ricostruzione del Libano cosiccome sottoscritto nella conferenza di Parigi del 24 gennaio dei paesi donatori. Il sostegno promesso ammonta a 7,6 miliardi di dollari tra aiuti e prestiti agevolati; la maggior parte garantiti dalla Banca europea di investimento (Bei), con 1,183 miliardi di dollari, dall'Arabia Saudita e dalla Banca mondiale con un miliardo di dollari ciascuno e dagli Stati Uniti con 890 milioni di dollari. A Parigi il ministro degli Esteri Massimo D'Alema ha annunciato il contributo dell'Italia pari a 120 milioni di euro, di cui 65 come credito di aiuto a tassi agevolati e i restanti 55 regalati. Ma solo al governo Siniora, ha chiarito D'Alema: "sosteniamo il governo legittimo libanese e la coraggiosa leadership del primo ministro Fuad Siniora.... Gli impegni economici sono con il governo Siniora. Se dovesse cadere, è ovvio che dovremmo sospendere tutto il meccanismo. È un fatto oggettivo, non una minaccia". La democrazia in Libano per D'Alema, come per Bush e Chirac vale solo se mantiene al potere il fantoccio Siniora, un governo illegittimo puntellato dall'imperialismo. Agli attacchi del governo Siniora, che aveva definito lo sciopero generale un colpo di Stato e aveva chiesto all'esercito di intervenire contro i dimostranti, e dei suoi sponsor imperialisti rispondevano al termine della giornata di mobilitazione i leader dell'opposizione, il responsabile di Hezbollah Hassan Nasrallah e il cristiano-maronita Michel Aoun che affermavano di aver sospeso lo sciopero per senso di responsabilità di fronte agli attacchi anche armati delle milizie filo-governative e falangiste contro i dimostranti ma di essere pronti ad una nuova mobilitazione se Siniora respingerà ancora la richiesta della formazione di un governo di unità nazionale. Parlando alla folla radunata nella periferia sud di Beirut Hassan Nasrallah affermava il 25 gennaio che "l'opposizione ha la forza politica, popolare e organizzativa per far cadere il governo anticostituzionale nel giro di 24 o 48 ore. Se fino ad ora non l'ha fatto è per il suo senso di responsabilità e il suo carattere patriottico". E ribadiva la legittima richiesta di ottenere "nuove elezioni anticipate e un governo di unità nazionale". 31 gennaio 2007 |