Indetto dai due principali sindacati Kesk e Disk Sciopero generale in Turchia contro la repressione fascista di Erdogan La polizia spara proiettili di gomma e lacrimogeni ad altezza d'uomo e bombarda la folla con gas urticanti Il premier dichiara illegale lo sciopero generale Alle prime ore del mattino del 17 giugno la polizia interveniva con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua contro i manifestanti riuniti ad Ankara e bloccava migliaia di attivisti a Istanbul mentre tentavano di raggiungere piazza Taksim. Si registravano scontri nelle due città mentre l'opposizione denunciava che la polizia sparava proiettili di gomma e lacrimogeni ad altezza d'uomo, che era intervenuta con cannoni ad acqua financo dentro un ospedale vicino a piazza Taksim dove i manifestanti si erano rifugiati e che aveva iniziato a usare agenti chimici nell'acqua e gas urticanti. Il governo smentiva ma era a sua volta smentito da diverse fotografie che evidenziavano delle piaghe provocate dall'acqua sparata dagli agenti contro i manifestanti. La cronaca della giornata di scontri e repressione della polizia di Erdogan si chiudeva con la notizia resa nota dall'Ordine degli Avvocati turchi secondo il quale la polizia aveva arrestato almeno 440 manifestanti a Istanbul e oltre 55 ad Ankara. Dall'inizio della protesta, nata il 28 maggio per difendere Gezi Park, presso piazza Taksim, dalla cementificazione e diventata una rivolta popolare contro il governo, con protagonisti soprattutto i giovani, tre manifestanti sono stati uccisi e 7.500 feriti, almeno 50 dei quali sono gravi, mentre 11 hanno perso la vista. Centinaia gli arrestati, il cui numero continua a crescere anche in seguito alle vere e proprie retate compiute dalla polizia che nelle due principali città va a cercare nelle loro case le persone sospettate di aver partecipato agli scontri con la polizia nelle ultime settimane di manifestazioni per arrestarle. Secondo l'agenzia di stampa Anadolu, almeno 25 persone sono state arrestate a Ankara e altre 200 a Istanbul. Proprio contro la repressione fascista della polizia si è svolto il 17 giugno un nuovo sciopero generale indetto dai sindacati Disk (Confederazione dei sindacati progressisti) e Kesk (Confederazione dei sindacati del settore pubblico), cui aderivano il Sindacato dei medici (Ttb), quello degli ingegneri e degli architetti (Tmmob) e quello dei dentisti (Tdhb). Nel comunicato diffuso dalle cinque sigle sindacali si denunciava che "il governo dell'Akp ha lanciato un'offensiva contro la nazione che rifiuta di abbandonare i suoi diritti e la sua libertà portando avanti una resistenza continua", e si invitavano i lavoratori allo sciopero contro la distruzione del parco ma soprattutto per la fine della repressione, la rimozione dei prefetti e degli agenti responsabili dei singoli atti contro i manifestanti, il divieto di usare gas lacrimogeni e il rilascio di tutti i dimostranti arrestati. Il premier Erdogan mandava avanti il ministro dell'Interno a dichiarare che lo sciopero era "illegale". "C'è un tentativo di far scendere i cittadini nelle strade con proteste illegali come uno sciopero", affermava il ministro Guler, secondo il quale le forze di sicurezza "non permetteranno" che ciò accada. Una nuova minaccia contro i manifestanti a cui si univa quella del vice premier Bulen Arinc che affermava che la polizia "userà tutta l'autorità di cui dispone" per mettere fine alle manifestazioni in corso nel paese e se ciò non bastasse il governo avrebbe fatto ricorso all'esercito. "Le manifestazioni non hanno più nulla a che fare con Gezi Park - affermava il vice premier - ormai sono ben oltre la legalità. Se continueranno, saranno represse immediatamente e saranno aperti processi contro i responsabili" come se non fosse stato proprio il brutale intervento della polizia per sgomberare i manifestanti che difendevano Gezi Park a innescare la rivolta popolare e il primo sciopero generale. Il fascista Erdogan vuol usare il pugno di ferro sui manifestanti e non ammette discussioni, rigettava con arroganza financo una timida risoluzione approvata dal parlamento europeo nella quale l'assise di Strasburgo si diceva preoccupata "per la dura risposta alle manifestazioni del governo turco e del premier Erdogan" e chiedeva che "si rispetti la pluralità della società turca e lo stile di vita dei cittadini laici". Il nuovo giro di vite contro i manifestanti antigovernativi era stato annunciato da Erdogan il 16 giugno, da una piazza piena dei suoi sostenitori a Ankara. "Lasciate il parco entro domani, quando abbiamo organizzato il nostro comizio, o ci penseranno le forze dell'ordine a sgomberarvi. Il parco appartiene ai cittadini di Istanbul, non può essere un'area occupata da organizzazioni illegali". Era il via libera a un nuovo intervento della polizia contro i manifestanti che continuavano a riempire il parco e piazza Taksim contro le politiche del governo. Poche ore dopo acqua lanciata dagli idranti e una pioggia di lacrimogeni si sono riversati sul parco, seguiti da ruspe che distruggevano le tende e gli stand montati dalle associazioni e i gruppi politici che stanno animando Occupy Gezi. Piazza Taksim e le zone limitrofe si sono trasformate in un campo di battaglia durante il quale la polizia ha usato proiettili di gomma sparati a altezza d'uomo. Nella serata Erdogan teneva un comizio anche a Istanbul e l'area doveva essere "liberata" come richiesto dal governo. Un'azione che non ha fatto altro che spingere ancora più dimostranti in strada, tanto che la mattina del 17 giugno la polizia è dovuta ripartire da capo. Durante il comizio ad Ankara Erdogan aveva anche preso di mira i corrispondenti stranieri, strumenti a suo dire di un grande complotto progettato da mesi per fare cadere il suo governo e indebolire il paese. Un ordine altrettanto prontamente eseguito dalla polizia che a Istanbul tra gli altri pestava e deteneva illegalmente per un giorno un fotografo italiano. Di concerto con l'intervento dell'autorità turca per le telecomunicazioni che infliggeva pesanti multe o ritirava la licenza a piccole emittenti con il pretesto di aver trasmesso immagini violente che avrebbero turbato la sensibilità di ascoltatori minorenni; per impedire invece una copertura dettagliata delle manifestazioni. L'Associazione dei giornalisti progressisti della Turchia denunciava il pestaggio di reporter e operatori impegnati a documentare le proteste. "I giornalisti sono diventati un obiettivo per evitare che la gente sia messa a conoscenza degli attacchi condotti dalla polizia" denunciava l'associazione, che ricordava il ferreo controllo governativo sugli organi di informazione ufficiali. 19 giugno 2013 |