Il premier greco Samaras prepara altri tagli, la UE approva Sciopero generale contro la chiusura della televisione di Stato Il 13 giugno più di centomila dimostranti hanno partecipato alle manifestazioni nelle principali città greche nel corso dello sciopero generale indetto dai sindacati contro la decisione del governo di coalizione diretto da Antonis Samaras di chiudere la radiotelevisione pubblica Ert, i 5 canali tv e le 29 stazioni radio nazionali, e il licenziamento in tronco dei loro 2.800 dipendenti. Uno sciopero che per la prima volta ha visto scendere in piazza insieme tutti e tre i principali sindacati, da Gsee e Adedy dei lavoratori pubblici e privati al Pame, con centinaia di adesioni da parte di molte associazioni, comprese quelle dei greci all'estero che hanno manifestato davanti ad ambasciate e consolati in tutto il mondo. "Non stiamo lottando solo contro la chiusura della nostra emittente pubblica ma contro tutto l'insieme di misure neoliberiste che non solo non ci fanno uscire dalla crisi ma rendono la situazione di giorno in giorno più critica", ha dichiarato il presidente del Sindacato dei Giornalisti Greci. Ben lo sanno anche i due partiti della "sinistra" borghese, i socialisti del Pasok e i revisionisti di Sinistra Democratica, che hanno fatto finta di prendere le distanze dal provvedimento governativo che non può essere passato senza il loro assenso. Il decreto legge con effetto immediato per chiudere la televisione pubblica è stato definito dalle opposizioni un "colpo di stato" e Samaras lo ha voluto proprio nel giorno in cui arrivavano a Atene delegati della troika (Ue, Bce, Fmi) per esaminare l'applicazione delle misure imposte al governo greco per risanare i conti. L'11 giugno il portavoce del governo, Simos Kedikoglou che aveva materialmente firmato il provvedimento, annunciava la chiusura della Ert e il licenziamento immediato di tutti i suoi dipendenti. Kedikoglou definiva la televisione statale un "paradiso degli sprechi che si conclude oggi". "Ert - sosteneva il portavoce governativo - riceve dal popolo greco, attraverso le bollette, circa 300 milioni di euro l'anno. Al posto di Ert appena possibile tornerà un servizio moderno". Il paladino contro gli sprechi Kedikoglou era bollato da parte della stampa che denunciava come nel corso dell'ultimo anno avesse assunto quasi 30 tra segretari e consulenti esterni con paghe da 100 mila euro ma soprattutto denunciato per il servizio fatto a banchieri, armatori e costruttori che controllano i grandi canali privati, senza aver mai pagato un euro per il diritto a usare le frequenze, e che si sono trovati senza concorrenza. Il ministero delle Finanze assumeva il controllo della Ert, della società sciolta per decreto, spengeva i ripetitori televisivi e radiofonici mentre il governo costituiva una nuova società, la Nepit spa, da privatizzare, con l'incarico di assumere circa 400 nuovi dipendenti con stipendi più bassi. In ogni caso la riassunzione di alcuni dei quasi tremila lavoratori dell'Ert licenziati all'istante sarebbe passata attraverso un concorso pubblico promesso a settembre. Un "metodo Marchionne" applicato alla televisione pubblica per lasciare fuori dalla nuova società i dipendenti "indesiderati" e per allineare i nuovi assunti alle condizioni di zero diritti regolate da contratti personali presenti in tutti gli altri giornali, radio, televisioni e siti web del paese. I rappresentanti della troika affermavano di non avere nulla a che fare col provvedimento del governo mentre i sindacati denunciavano che la richiesta europea di licenziare 2 mila dipendenti pubblici entro l'anno coincide alla perfezione con il decreto sulla televisione di Samaras, che si è impegnato con altri 14 mila licenziamenti nel settore pubblico entro la fine del 2014. E mentre il commissario agli affari monetari Olli Rehn, la definiva "una decisione autonoma, una decisione presa nel contesto degli sforzi importanti per modernizzare l'economia greca" da Bruxelles si salutava "l'impegno del governo greco a lanciare un organo di informazione che svolga l'importante ruolo di emittente pubblica e che sia finanziariamente sostenibile". Tutto bene così. Di parere opposto i lavoratori e le masse popolari che protestavano immediatamente contro la decisione del governo. Le sedi dell'Ert, occupate dai lavoratori, diventavano luoghi di protesta di decine di migliaia di persone a Atene, Salonicco, Parta, Irakleio e nelle altre città e nelle isole in difesa dell'informazione pubblica, rilanciando la richiesta delle dimissioni del governo. Lavoratori e organizzazioni sindacali facevano anche ricorso alla Corte suprema che si pronunciava il 17 giugno ingiungendo al governo la riapertura dell'Ert. Il decreto di chiusura firmato dal governo è incostituzionale, affermava la Corte, in quanto infrange l'articolo 15 sul dovere del governo di garantire la radiodiffusione. Samaras dovrà far riprendere le trasmissioni ma non ha ancora rinunciato al progetto di chiusura. 19 giugno 2013 |