Spagna I lavoratori in piazza contro il governo Zapatero L'esecutivo socialista vuole aumentare l'età pensionabile da 65 a 67 anni Il 23 febbraio, 60 mila manifestanti sono scesi in piazza a Madrid, 50 mila a Barcellona e 30 mila a Valencia per le manifestazioni indette dai due principali sindacati spagnoli, la Ugt e le Comisiones Obreras (Ccoo), contro il progetto del governo socialista di Zapatero di aumentare l'età pensionabile da 65 a 67 anni. Le tre manifestazioni hanno aperto la serie di proteste che è continuata fino al 27 di febbraio e che potebbero essere il preludio di uno sciopero generale indetto dai due sindacati che pure sono vicini al Psoe del premier. Intanto Zapatero ha dovuto incassare la prima protesta sindacale contro il suo governo dal 2004. A Madrid i manifestanti sono sfilati per la centralissima calle Alcalà con cartelli e striscioni che riportavano slogan quali "Zapatero così no!", "A 65 anni nemmeno per scherzo" o quello significativo "Ho lottato contro il Pp e mi ha defraudato Zp". Lo scorso 5 febbraio la vicepremier Maria Teresa de la Vega aveva annunciato il varo da parte del governo di un piano i cui particolari sarebbero stati divulgati dopo gli incontri previsti con i rappresentanti dei sindacati e dei padroni. In ogni caso, precisava la De la Vega, le proposte governative puntavano a favorire l'impiego, ridurre il lavoro temporaneo, agevolare la ricerca di un posto di lavoro, rilanciare l'occupazione dei giovani e aumentare la flessibilità interna delle imprese. A parte il richiamo alla maggiore flessibilità interna alle imprese, poteva sembrare un progetto "socialista" a favore del lavoro, per far fronte a un tasso di disoccupazione che sfiora il 19%, pari a 4 milioni di disoccupati, e che potrebbe arrivare entro l'anno al 22%, il doppio della media dell'Unione europea. Il risultato di tali propositi si è tradotto nella proposta di elevare l'età pensionabile. Il piano elaborato del governo spagnolo fa parte di una manovra di "austerità", con tagli previsti al bilancio di circa 50 miliardi di euro in tre anni, per permettere al paese di uscire dalla recessione che lo impantana dal 2008 e di rientrare entro il 2013 nel paramentro europeo del 3% di deficit rispetto al pil. Il deficit è attualmente all'11,4%. Secondo diversi economisti la situazione della Spagna è talmente grave che potrebbe diventare il "principale rischio" per la zona euro, ancora più dell'altra grave malata la Grecia, in assenza di contromisure urgenti sul fronte delle riforme e della riduzione del deficit. La soluzione elaborata dall'esecutivo socialista è la stessa dei governi di destra e centro-destra, far pagare la crisi ai lavoratori e alle masse popolari. La scelta del governo a favore dell'aumento dell'età pensionabile è oltremodo penalizzante per i lavoratori e particolarmente odiosa a fronte dei numeri dello stesso bilancio della previdenza sociale, che è in attivo di 8,5 miliardi di euro nel 2009 e ha un fondo di 62 miliardi. La confindustria spagnola sostiene che il bilancio della previdenza sociale diventerà negativo già nel 2015 e che nel 2050 i 65 enni e oltre saranno 15,4 milioni, il doppio di oggi mentre la spesa pensionistica attualmente all'8,9% del bilancio arriverà al 15,5%, un livello "insostenibile". Meglio mettere subito le mani sulle pensioni; e Zapatero esegue. Ha dalla sua il presidente della Commissione europea, Manuel Barroso, che al termine della riunione congiunta a Madrid della Commissione con l'esecutivo spagnolo del 23 febbraio sosteneva che "è necessario riformare il sistema delle pensioni". Con Zapatero che rivolgendosi ai sindacati affermava che "a chi dissente, ricordo che questo è un governo che ascolta. Questo non è, né è mai stato, né sarà, un governo che vada avanti per decreti. Tanto meno nell'ambito del lavoro". Un invito peloso, al momento rifiutato dai sindacati che contro il progetto governativo hanno dato il via alla mobilitazione dei lavoratori. 3 marzo 2010 |