Scongiurare il pericolo di sciacallaggio mafioso Chi ha seguito le vicende dei rifiuti in Campania ha imparato che quanto maggiore è l'entità dei danni materiali ed umani provocati da una catastrofe, quanto più è acuto, lungo e drammatico lo stato di emergenza in cui vive una popolazione, tanto maggiori sono i margini di profitto per le lobby politico-imprenditoriali. Tra i primi a denunciare il pericolo che nel dopo-terremoto la regione Abruzzo venga divorata dalla speculazione edilizia in maniera ancora più selvaggia di quanto non sia avvenuto fin ora, c'è lo scrittore Roberto Saviano, cittadino onorario del capoluogo abruzzese, che ha ricordato come "gli appalti generano subappalti e ciclo del cemento, movimento terre, ruspe, e costruzioni che attireranno l'avanguardia delle costruzioni in subappalto in Italia: i clan mafiosi". E in effetti i segnali che quella che il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha definito la "nuova borghesia mafiosa" abbia messo gli occhi sulle macerie della città de L'Aquila e della sua provincia sono numerosi. Non solo perché - come sostiene Saviano - "in Abruzzo le famiglie di camorra, di mafia e di 'ndrangheta ci sono sempre state visto che nelle carceri abruzzesi c'è il Gotha dei capi della camorra imprenditrice"; non solo perché "il 10 settembre scorso Diego Leon Montoya Sanchez, il narcotrafficante inserito tra i dieci most wanted dell'Fbi aveva una base in Abruzzo"; non solo perché "Nicola Del Villano, cassiere di una consorteria criminal-imprenditoriale degli Zagaria di Casapesenna era riuscito in più occasioni a sfuggire alla cattura e il suo rifugio era stato localizzato nel Parco nazionale d'Abruzzo, da dove si muoveva, liberamente"; non solo perché "Gianluca Bidognetti ai vertici della holding dei casalesi si trovava proprio in Abruzzo quando la madre decise di pentirsi"; non solo perché "l'Abruzzo è divenuto uno snodo per il traffico dei rifiuti, scelto dai clan per la scarsa densità abitativa di molte zone e la disponibilità di cave dismesse come ha dimostrato l'inchiesta Ebano alla fine degli anni '90 - 60.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani provenienti dalla Lombardia smaltiti illegalmente in terre abbandonate e cave dismesse sotto il controllo dei clan di camorra", ma soprattutto perché negli ultimi decenni la criminalità organizzata si è fortemente compenetrata con l'economia e le istituzioni borghesi e si è rafforzata grazie alle controriforme dell'ordinamento giudiziario, le leggi sulla depenalizzazione del falso in bilancio, lo scudo fiscale, i condoni, la precarizzazione del lavoro, le leggi sull'immigrazione e quelle neofasciste sulle tossicodipendenze, le privatizzazioni dei servizi, le leggi sulla forma federale dello Stato e sul federalismo fiscale e sul piano sociale il consistente immiserimento e avvilimento delle condizioni di vita che diventa un terreno ideale per l'assoldamento della manovalanza delle mafie. Questo è il motivo principale per cui, come denuncia coraggiosamente Saviano, "c'è il rischio che le organizzazioni arrivino a spartirsi in tempo di crisi economica i grandi affari italiani": alla mafia il Ponte di Messina, alla 'ndrangheta l'Expo di Milano, e alla camorra la ricostruzione in subappalto d'Abruzzo". Oltre ai fondi statali il grosso dei quali il governo deve ancora stanziare, fanno gola i finanziamenti europei che il commissario Tajani ha quantificato in prima battuta in 500 milioni di euro, di cui 350 milioni dai fondi per l'Abruzzo (fondi 2007-2013) e 150 milioni dal fondo di solidarietà per le aree calamitate, rassicurando sul suo impegno per il rinvio di 6 mesi della rendicontazione, e la cui distribuzione dipenderà dalle relazioni che verranno inviate a Bruxelles. Possiamo concordare quindi con le dichiarazioni del procuratore Piero Grasso: "Non c'è ancora un allarme ma una legittima attenzione perché vogliamo evitare che gli sciacalli delle case si trasformino in sciacalli delle casse dello Stato. Vogliamo che i soldi della ricostruzione vadano a chi ha diritto" ed auspichiamo che il pool di magistrati della Procura nazionale antimafia, composto dai pm Gianfranco Donadio, Vincenzo Macrì, Alberto Cisterna e Olga Capasso e che collaborerà con il Viminale per mettere a disposizione del procuratore dell'Aquila e del prefetto "banche dati, esperienza e informazioni", facciano fino in fondo il loro dovere. "Il certificato antimafia è aggirabile, basta creare una società con dei prestanome - spiega infatti il procuratore antimafia - e dunque dobbiamo vedere se nel campo delle relazioni dei criminali ci siano probabili prestanome". Un'indagine che, sottolinea "può essere fatta solo con le intercettazioni e i collaboratori di giustizia". La storia del Paese dimostra però che il lavoro dei magistrati onesti non basta, occorre un'altra cosa ancora più importante: che tutti i finanziamenti destinati al terremotati d'Abruzzo siano sotto il controllo delle masse popolari e dei Comitati di lotta dei terremotati, che devono avere l'ultima parola sulla loro destinazione e devono poter controllare, anche tramite propri tecnici ed esperti, la progettazione e l'esecuzione delle opere. In caso contrario è più che probabile che il terremoto in Abruzzo costituirà una manna dal cielo per la mafia comunque denominata, come lo fu il dopo-terremoto in Irpinia per gli imprenditori camorristi cutoliani, i loro successori e i loro padrini politici dentro e fuori le istituzioni nazionali e locali. Ricordiamo alcune cifre: in 20 anni, dal 1980 al 2000 sono stati depredati alla collettività ben 58.640 miliardi di lire (circa 30 miliardi di euro) mentre i prefabbricati abitati in pianta stabile sarebbero ancora 3.170, comprese 232 baracche che risalgono al terremoto del 1930. Per eliminarli tutti e costruire gli oltre 3 mila alloggi necessari ad ospitare le famiglie che li popolano erano stati stanziati altri 454 miliardi di lire, spariti anche quelli! 22 aprile 2009 |