La falsa autocritica del rinnegato revisionista Deng Xiaoping, colui che ha restaurato il capitalismo in Cina di Giovanni Scuderi L'attuale Cina di Hu Jintao e Wen Jiabao è una superpotenza imperialista, o per meglio dire socialimperialista, ossia socialista a parole e imperialista nei fatti. Ufficialmente è al secondo posto tra le potenze economiche del mondo. All'origine di questo risultato, duramente pagato dal proletariato e dal popolo cinesi, vi è il rinnegato revisionista Deng Xiaoping, colui che, dopo la morte di Mao, ha restaurato il capitalismo in Cina. Non a caso, il presidente della Repubblica italiana, l'arcirevisionista e rinnegato Giorgio Napolitano, nel suo recente viaggio in Cina, ha esaltato la "grande stagione di Deng Xiaoping, che pur da veterano aveva avuto il coraggio di fare un'altra svolta dopo quella del 1949 (la fondazione della Repubblica popolare cinese, nda), e la storia gli ha dato ragione perché è su quella strada che avanza oggi il Paese". Mao, fin dall'VIII Congresso nazionale del Partito comunista cinese (PCC), tenutosi nel settembre 1956, si era reso conto che Deng aveva delle tendenze revisioniste. E non mancava di criticarlo, pur assegnandogli posti di grande responsabilità nel Partito e nel governo, nel tentativo di farlo lavorare per la causa rivoluzionaria del socialismo. Quantunque egli fosse molto abile a distorcere il marxismo-leninismo, in particolare il pensiero di Mao, e a spacciare misure capitalistiche come misure socialiste, regolarmente veniva scoperto e smascherato da Mao. Per ben due volte il Comitato centrale del PCC, su proposta di Mao, l'ha destituito da tutti gli incarichi interni ed esterni al Partito. Messo alle strette, Deng faceva l'autocritica, ma erano solo parole. Ne è una lampante prova l'autocritica del 23 ottobre 1966 alla Conferenza di lavoro del CC del PCC, che pubblichiamo in questo stesso numero de "Il Bolscevico". Allora Deng era segretario generale del CC del PCC, vice presidente del CC del PCC, membro del Comitato permanente dell'Ufficio politico del CC del PCC, vice primo ministro del Consiglio di Stato. Nell'autocritica Deng denuncia a parole i suoi errori commessi durante la Grande rivoluzione culturale proletaria ideata e diretta da Mao per impedire ai revisionisti di restaurare il capitalismo in Cina, una teoria e una pratica senza precedenti nella storia dell'edificazione del socialismo. Egli codardamente striscia ai piedi di Mao con la speranza di poter mantenere il potere che aveva nel Partito e nel governo, ma non credeva affatto alla Rivoluzione culturale proletaria, come ammise apertamente dieci anni dopo la scomparsa di Mao. Nella famigerata risoluzione della sesta sessione plenaria del CC eletto dall'XI Congresso del PCC, ormai totalmente revisionista e fascista, ispirata da Deng, che porta la data del 27 giugno 1981, dal titolo "Risoluzione su alcune questioni della storia del nostro partito dalla fondazione della Repubblica popolare cinese", addirittura Mao viene accusato di "culto della personalità", di "deviazionismo di sinistra" e di aver commesso dei "gravi errori nel corso della 'rivoluzione culturale'". "Questa viene definita una 'grande tragedia', che ha fatto subire al Partito, allo Stato e al popolo le più gravi perdite e i più gravi rovesci dopo la fondazione della Repubblica popolare cinese". L'autocritica di Deng non convinse Mao e il CC del PCC, che lo mandarono in esilio per sei anni, gli ultimi tre li trascorse come operaio in una fabbrica. Deng era considerato "il secondo più grande fautore della via capitalista all'interno del Partito". Il primo era l'allora presidente della Repubblica Liu Shaoqui, che venne espulso dal Partito e destituito da tutti gli incarichi durante la Rivoluzione culturale proletaria. A proposito dell'autocritica di Deng, la figlia di questi, Deng Ring, ex Guardia Rossa pentita, nel suo libro edito da Rizzoli nel 2003 dal titolo "Deng Xiaoping e la rivoluzione culturale" nelle pagine 36-37 testimonia quanto il secondo fautore della via capitalista fosse insincero e manovratore. Ecco le sue parole: "Denunciando i propri 'errori', cercò di evitare di coinvolgere altre persone. 'Nella rivoluzione culturale', disse, 'tra i dirigenti del Comitato centrale, in tutto il Partito comunista, gli unici rappresentanti della linea reazionaria borghese siamo il compagno Liu Shaoqui e io'. 'Voglio che questo sia ben chiaro', continuò: 'La grande maggioranza dei membri dei Gruppi di Lavoro (creati da Deng e Liu per reprimere la ribellione degli studenti, nda) è a posto. Se qualcuno ha sbagliato, la responsabilità è da addossare principalmente a me e al compagno Liu Shaoqui'". La figlia di Deng continua: "Anche il discorso di Deng fu letto e corretto prima, il giorno 22, da Mao Zedong, che aggiunse la seguente annotazione: 'Il compagno Xiaoping può pronunciare questo discorso. Però, dopo la prima riga, quando dice: <Correggerò i miei errori e ricomincerò da capo...> perché non aggiunge qualche parola, come per esempio <Con tutto l'impegno e con l'aiuto dei compagni, sono fiducioso che riuscirò a correggere i miei errori. Datemi tempo, compagni. Mi rialzerò ancora. Dopo aver passato metà della mia vita nella rivoluzione, ho inciampato. Forse non riuscirò a riprendermi da questo passo falso? Non ci credo>'". L'ex Guardia Rossa pentita così chiosa: "Tutti sapevano che Mao era irritato con Liu e Deng dall'inizio della rivoluzione culturale, ma la sua annotazione sulla bozza del discorso di mio padre era rassicurante. Tutti noi della famiglia ci sentivano sollevati". In effetti Mao, nonostante i gravissimi errori commessi da Deng gli dava ancora la possibilità di riscattarsi e di essere recuperato al lavoro di Partito e di governo. E questa possibilità gli fu data con la riabilitazione e la reintegrazione negli incarichi, su proposta di Mao e tramite una risoluzione del CC del PCC del 10 marzo 1973 in cui, tra l'altro, si dice che Deng "ha fatto l'esame dei suoi errori e manifestato la ferma volontà di correggerli". In precedenza Deng aveva approvato le risoluzioni del IX Congresso del PCC, svoltosi nell'aprile 1969, che aveva ratificato la linea di Mao sulla Rivoluzione culturale proletaria. L'8 novembre 1971, dopo aver letto i documenti del CC del PCC che gli erano stati inviati sul tradimento e sui crimini commessi da Lin Biao, il designato successore di Mao a presidente del CC del PCC, egli scrive a Mao dicendogli: "Se non fosse stato per l'acume del Presidente e del Comitato centrale, il loro piano criminoso avrebbe potuto funzionare". E poi aggiunge: "Seguendo i tuoi suggerimenti, mi sto rieducando e riformando attraverso il lavoro fisico e lo studio". In precedenza, nel febbraio dello stesso anno, in una lettera a Mao non aveva mancato di elogiarlo: "Presidente, ti auguro sinceramente lunga vita. La tua lunga vita assicurerà al Partito e al popolo un futuro felice". E invece, ripresa la parte del potere che gli era stata tolta, col pretesto del "risanamento" nell'agricoltura e nell'industria per gli errori "ultrasinistri" commessi dalla cricca di Lin Biao, in maniera sistematica e programmatica ricominciò a restaurare il capitalismo, sovvertendo in teoria e in pratica la linea della Rivoluzione culturale proletaria. Ma, ancora una volta, Mao se ne accorse e il 14 agosto 1975 lanciò un segnale criticando il romanzo della letteratura classica "In riva al lago", alludendo al comportamento di Deng. Le condizioni di salute di Mao già cominciano a peggiorare. Non ci vedeva quasi più, aveva difficoltà a parlare e a camminare. Tuttavia era lucidissimo, e lo rimase fino agli ultimi giorni della sua vita, e conservava la combattività di sempre. Quando fu informato sulla lotta tra le due linee che era scoppiata nel Comitato di Partito dell'Università Qinghua, capì che Deng copriva i sostenitori degli avversari della Rivoluzione culturale proletaria, e nell'ottobre del 1975 lo criticò in privato. Non ottenendo alcun risultato, Mao e il CC del PCC lanciarono una campagna di critica indiretta a Deng denominata campagna di critica "contro il vento deviazionista di destra diretto a rimettere in causa i giusti verdetti", quelli della Rivoluzione culturale proletaria. Il 20 dicembre 1975, in una riunione dell'Ufficio politico, Deng fa autocritica in cui afferma: "Prima di tutto lasciatemi ringraziare il Presidente per i suoi insegnamenti e voi compagni per il vostro aiuto. Devo ringraziare in modo particolare i giovani (intendeva i giovani quadri, nda). Sono giunto gradualmente al riconoscimento dei miei errori". Il 3 gennaio 1976 scrive a Mao: "Dopo un'autocritica preliminare davanti all'Ufficio politico (evidentemente si riferiva all'autocritica verbale del 20 dicembre, nda), il compagno Mao Yuanxin (nipote di Mao, nda) mi ha riferito le tue importanti istruzioni. Dapprima sei compagni, e poi tutti i presenti, hanno analizzato i miei errori nel corso di due riunioni, e mi hanno aiutato a comprendere che la mia autocritica non è stata sufficiente. Le riunioni di critica nei miei confronti devono continuare. Ma spero di poterti esprimere personalmente la consapevolezza dei mie errori, e ricevere i tuoi insegnamenti. Naturalmente ciò potrà convenire quando lo riterrai opportuno". Presumibilmente insoddisfatto dell'autocritica, Mao non gli concede udienza e invita l'Ufficio politico a proseguire nella critica a Deng. Costui si opponeva che la lotta di classe fosse presa come asse nell'edificazione del socialismo. Sosteneva che bisognava "prendere le tre direttive (di Mao, ossia: "stabilità, unità, sviluppo della produzione", nda) come asse". Mettendole tutte e tre sullo stesso piano, egli esaltava la teoria della fine della lotta di classe e la teoria delle forze produttive, ossia che in quella fase dell'edificazione del socialismo la contraddizione principale era quella tra i rapporti di produzione avanzati e le forze produttive arretrate e non quella tra proletariato e borghesia. In tal modo si opponeva alla teoria della lotta di classe e della dittatura del proletariato sostenuta da Mao il quale diceva che "stabilità e unità non vogliono dire fine della lotta di classe; la lotta di classe è l'asse principale da cui dipende tutto il resto". Il 5 aprile 1976 un pugno di seguaci di Deng, col pretesto di commemorare Zhou Enlai, il primo ministro del Consiglio di Stato deceduto l'8 gennaio, nel giorno in cui in Cina si ricordano i morti, provocano un incidente controrivoluzionario in piazza Tian An Men. In conseguenza di ciò, considerando che la contraddizione con Deng si era trasformata da contraddizione in seno al popolo in contraddizione antagonista, il 7 aprile il CC del PCC, su proposta di Mao, destituisce Deng da ogni incarico sia all'interno che all'esterno del Partito, concedendogli però di restare nel Partito "al fine di verificare il suo comportamento futuro". Si conclude così l'ultima gloriosa, vittoriosa e lungimirante battaglia di Mao, grande maestro del proletariato internazionale, delle nazioni e dei popoli oppressi, contro i revisionisti che manovravano per restaurare il capitalismo in Cina. L'abbiamo voluta ricordare in occasione del 117° Anniversario della nascita di Mao, avvenuta il 26 dicembre 1893 nel villaggio di Shaoshan a 80 chilometri da Changsha capitale della provincia dello Hunan. Una battaglia storica che costituisce una pietra miliare nella lotta tra marxisti-leninisti e revisionisti. Essa va studiata in maniera approfondita per comprendere pienamente quali sono la natura, le caratteristiche, i contenuti, le manifestazioni, i metodi e gli scopi del revisionismo e per essere in grado di individuarli in tempo, smascherarlo e metterlo in condizioni di non nuocere ogni qualvolta si manifesta all'interno del Partito. Per questo è essenziale acquisire il pensiero di Mao e conoscere la sua opera antirevisionista. Al contempo è utile conoscere il pensiero e l'opera dei principali revisionisti operanti quando Mao era in vita, e cioè Krusciov, Breznev e Deng, nonché Togliatti e Berlinguer per quanto riguarda l'Italia. In questo studio dobbiamo prendere l'esempio dai primi quattro pionieri e dai fondatori del PMLI ancora fedeli alla causa, senza la cui lotta ideologica e politica contro la direzione revisionista del PCI revisionista non esisterebbe il nostro Partito e saremmo ancora in balia del revisionismo, del riformismo, del parlamentarismo, dell'elettoralismo, del costituzionalismo, del legalitarismo e del pacifismo. L'elaborazione antirevisionista del PMLI è andata alle radici del revisionismo italiano che stanno nel pensiero di Gramsci e costituisce un prezioso patrimonio storico del Partito. Tale elaborazione devono studiare attentamente i nuovi militanti e simpatizzanti per armarsi di un'arma potente antirevisionista, per "vaccinarsi" contro il revisionismo e anche per ripulirsi dell'influenza revisionista precedente all'adesione al PMLI. Al momento il revisionismo alla Gramsci, Togliatti e Berlinguer, a parte quello alla Trotzki e il neorevisionismo, sembra scomparso. Ma non può non rifarsi vivo quando il PMLI sarà molto più forte numericamente e più influente nella lotta di classe. Inevitabilmente non mancheranno gli agenti della borghesia infiltrati nel Partito che, distorcendo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, cercheranno di impadronirsi del PMLI per fargli cambiare colore politico e impantanarlo nel capitalismo e nel parlamentarismo. Dobbiamo prepararci culturalmente per impedirglielo, consapevoli, come dice Mao, che "Tutte le idee errate, tutte le erbe velenose, tutti i mostri devono essere criticati, e non bisogna mai lasciare loro campo libero". Dobbiamo tenere ferma la nostra missione, che è quella di conquistare il socialismo e assicurare il potere politico al proletariato, attenendoci sempre e in ogni circostanza al marxismo-leninismo-pensiero di Mao, praticando correttamente la critica e l'autocritica, coscienti che la lotta tra le due linee è sempre presente nel Partito anche se in forma latente, perseverando con intelligenza tattica nel lavoro di radicamento nei propri ambienti di lavoro, di studio e di vita, concentrandosi sul fronte operaio e sindacale e su quello studentesco, salvo eccezioni temporanee e locali, mettendo scrupolosamente in pratica la parola d'ordine "Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulle priorità, studiare", migliorando il lavoro giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza sulla base della linea, delle indicazioni e delle misure del 5° Congresso nazionale del PMLI. Viva la Grande rivoluzione culturale proletaria! Gloria eterna a Mao! Teniamo alte le bandiere dei Maestri, del socialismo e del PMLI! Non dimentichiamo mai la lotta contro il revisionismo! Avanti con forza e fiducia verso l'Italia unita, rossa e socialista! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! 22 dicembre 2010 |