PMLI Discorso di Scuderi per il XXV Anniversario della morte di Mao: Mao
e le due culture
Discorso di Scuderi per il XXV Anniversario della morte del grande maestro
del proletariato internazionale MAO E LE DUE
CULTURE Compagne e compagni, amiche e amici,
venticinque anni fa, il 9 settembre 1976, il corpo di Mao ci lasciò ma lo
spirito e gli insegnamenti di Mao sono rimasti con noi e con tutti gli sfruttati
e gli oppressi del mondo. I maestri di rivoluzione come Mao non moriranno mai.
Avremo sempre bisogno di loro per chiarirci le idee, per sapere come si fa per
liberarci dal capitalismo, dall'imperialismo, dal colonialismo, dal fascismo e
dal razzismo e per edificare una nuova società in cui non vi siano
sfruttamento, oppressione, miseria, disoccupazione, ingiustizie e disparità di
sesso.
Infatti, come dimostra la storia, solo Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, che
hanno accumulato una vasta esperienza rivoluzionaria, che hanno scoperto le
leggi dello sviluppo della società umana e quelle interne del capitalismo e
dell'imperialismo, che hanno elaborato una nuova concezione del mondo, sono in
grado di indicare al proletariato e alle masse la via della vittoria e
dell'emancipazione.
Mao, dal 1921 al 1976, in particolare dopo la scomparsa di Stalin nel marzo
1953, ha svolto un ruolo fondamentale nella rivoluzione mondiale, non solo in
quella cinese. Sotto molti aspetti. Egli ha sviluppato il marxismo-leninismo in
tutti i campi. Da quelli teorico e politico a quelli economico e militare.
Nelle precedenti commemorazioni abbiamo avuto modo di illustrare diversi
contributi di Mao. In questa occasione, come ha deciso l'Ufficio politico del
PMLI, tratteremo i suoi insegnamenti sulla cultura. Questo perché attualmente
regna una grande confusione nella testa del proletariato, delle masse e finanche
dei rivoluzionari non marxisti-leninisti.
Una confusione che si è andata aggravando man mano che i comunisti storici, in
realtà revisionisti, oggi DS, abbandonavano e rinnegavano ogni riferimento al
socialismo e al comunismo, e che il loro posto veniva preso dai cosiddetti
rifondatori del comunismo, in realtà neorevisionisti e trotzkisti, che
spacciano per comunismo delle idee che nulla hanno a che fare con esso e col
marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Ad essi si è aggiunta l'opera altrettanto nefasta del "revisionismo
storico" che tende a dare il colpo di grazia al comunismo facendo tabula
rasa della gloriosa storia del movimento operaio e comunista internazionale. Non
a caso sono presi principalmente di mira l'Urss di Lenin e Stalin e la Cina di
Mao.
In questa canea anticomunista ultimamente si distingue Paolo Mieli, ex militante
del gruppo "ultrasinistra" e filoterrorista Potere operaio e attuale
direttore editoriale della Rizzoli-Corriere della sera, che anziché incentrare
i suoi "studi" sui misfatti dei fascisti e dei nazisti impiega il suo
tempo a calunniare il socialismo, per dimostrare che tutto il male viene da esso
e non dal fascismo, dal nazismo e dal capitalismo.
E' inevitabile che gli "ultrasinistri" finiscano a destra. Ne abbiamo
visti tanti fare questa parabola e altri ne vedremo anche nel prossimo futuro.
Succede sempre così quando un'ondata rivoluzionaria defluisce o quando gli
agenti della borghesia infiltrati nei movimenti rivoluzionari esauriscono la
loro funzione.
Nell'attuale situazione, in cui è oggettivamente difficile conoscere le idee
del proletariato e distinguerle da quelle della borghesia, c'è quindi un
estremo bisogno di fare una grande pulizia ideologica, forse ancora più
profonda e vasta di quella che fecero Marx ed Engels per spazzar via dalla mente
del proletariato e dei lavoratori ogni influenza dei socialisti e dei comunisti
utopistici e degli anarchici, di quella che fecero Lenin e Stalin contro gli
antichi revisionisti, i socialdemocratici e i riformisti, e i trotzkisti, di
quella che fece Mao contro i revisionisti moderni, quei traditori e rinnegati
che hanno restaurato il capitalismo nei paesi già socialisti e che hanno
distrutto i partiti comunisti storici.
Oggi infatti si tratta di proporre di nuovo e di sana pianta, soprattutto alle
nuove generazioni, la cultura del proletariato che è stata completamente
cancellata persino nei libri.
LA CULTURA
Non c'è una sola cultura. Ogni
classe ha la sua cultura. Ciò vale per il proletariato come per la borghesia.
Ogni cultura riflette gli interessi economici e sociali e la concezione del
mondo della classe che li esprime.
La cultura della borghesia tutela il capitalismo e l'imperialismo e cerca di
convincere il popolo che essi sono i sistemi più giusti e democratici del mondo
e della storia. Quella del proletariato mette in discussione il capitalismo e
l'imperialismo, tutela il socialismo e incita a perseverare nella rivoluzione
finché in ogni paese vengano soppresse le classi e regni il comunismo in modo
che l'intera umanità, non solo il proletariato, possa emanciparsi.
Sono due culture opposte e antagoniste che si misurano e si combattono in tutti
i campi per conquistare l'egemonia ideologica e politica delle masse. Che si sia
in una società borghese o in una società socialista, pur essendo diversi, nei
due casi, la classe che detiene il potere politico, le condizioni e i rapporti
di forza in cui avviene la lotta tra le due culture.
Questa lotta non riguarda solo gli intellettuali, anche se costoro svolgono un
ruolo molto importante nelle due società. Essa coinvolge, in un modo o
nell'altro, le istituzioni, i partiti, i sindacati, le masse e l'intera nazione.
Mao ha osservato che "nella società divisa in classi, ogni individuo
vive come membro di una determinata classe e ogni pensiero, senza eccezioni,
porta un'impronta di classe"1. Il che significa che le
classi sono quelle che sono e ciascuno fa parte di una classe specifica. Un
operaio della classe operaia, un contadino della classe contadina, un borghese
della classe borghese e così via.
Data la differente collocazione di classe, in teoria, un operaio e un borghese
non possono pensarla allo stesso modo. Se nella pratica ciò avviene vuol dire
che uno dei due "dirazza", è uscito ideologicamente dalla sua classe,
pur rimanendo dal punto di vista economico e sociale e in riferimento ai
rapporti di produzione quello che effettivamente è. In genere, è più facile
che "dirazzi" un operaio che un borghese, poiché è tuttora
immensamente più forte la cultura della borghesia rispetto a quella del
proletariato.
In ogni caso qualsiasi pensiero, come dice Mao, o si riferisce alla cultura
della borghesia o a quella del proletariato, indipendentemente da chi lo
sostiene. Bisogna quindi essere in grado di capire a quale cultura appartiene un
pensiero per farlo proprio e difenderlo o per respingerlo e combatterlo.
Parafrasando un vecchio detto popolare, si potrebbe dire: dimmi cosa pensi e ti
dirò a quale cultura il tuo pensiero appartiene.
Ogni cultura investe i pensieri, le idee, le concezioni, la coscienza, il
comportamento, lo stile di vita, le relazioni sociali, il diritto, gli usi, i
costumi, la famiglia, la morale, i sentimenti, la letteratura, le arti (teatro,
cinema, musica, danza, scultura, pittura, ecc.), la scienza, la tecnologia. Un
posto rilevante l'hanno l'economia, la politica e la concezione del mondo. Solo
che tutte queste stesse cose sono viste, trattate e vissute in maniera diversa
secondo la classe che le esprime. Il proletariato a modo suo, lo stesso fa la
borghesia.
La cultura è il riflesso nella mente dei membri delle classi del rapporto che
queste classi hanno col sistema economico. Mao spiega ciò sintetizzando
brillantemente il pensiero di Marx, Engels e Lenin con queste parole: "Una
data cultura (considerata come forma ideologica) è il riflesso della politica e
dell'economia di una data società, e ha a sua volta un'influenza e un'azione
considerevole sulla politica e sulla economia di quella società; l'economia è
la base, e la politica è l'espressione concentrata dell'economia. Questa è la
nostra concezione fondamentale sul rapporto fra cultura da una parte e politica
ed economia dall'altra, e tra politica ed economia. Quindi, in primo luogo, una
data forma di politica e di economia determina una data forma di cultura, e solo
in seguito questa forma di cultura esercita a sua volta un'influenza e un'azione
su quella forma di politica e di economia. Marx dice: 'Non è la coscienza degli
uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale
che determina la loro coscienza' (Per la critica dell'economia politica,
prefazione). E anche: 'I filosofi hanno diversamente interpretato
il mondo; si tratta però di trasformarlo' (Tesi su Feuerbach, XI, in
Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca di F.
Engels). Questa è la formulazione scientifica che ha risolto correttamente, -
continua Mao - per la prima volta nella storia dell'umanità, il problema
delle relazioni fra la coscienza e l'essere, e rappresenta il concetto
fondamentale della dinamica e rivoluzionaria teoria del riflesso, che fu più
tardi sviluppata a fondo da Lenin"2.
Molte sono le riflessioni che si potrebbero fare su questo importante
insegnamento di Mao. Una è utile subito ai fini del nostro discorso, e cioè
che l'essere sociale è determinato dalla collocazione di classe, e ciò, oltre
a creare coscienze e culture diverse, divide gli esseri umani in sfruttatori e
sfruttati e in oppressori e oppressi.
Il proletariato e la borghesia, ovviamente fanno parte della stessa specie, ma
non hanno la stessa "natura umana", ossia dal punto di vista di classe
e politico non stanno sullo stesso piano. Appartengono a due classi nemiche e
antagonistiche, che non possono che combattersi, in quanto portatrici di
interessi diversi e opposti. "Nella società divisa in classi - rileva Mao - esiste solo una
natura umana con un carattere di classe, e non una natura umana al di sopra
delle classi. Noi siamo per la natura umana del proletariato e delle grandi
masse popolari, mentre i proprietari fondiari e la borghesia sono per la natura
umana delle proprie classi; solo che non lo dicono e le presentano come l'unica
natura umana. La natura umana esaltata da certi intellettuali piccolo-borghesi
è staccata anch'essa dalle masse popolari o ha, addirittura, un carattere
antipopolare. La natura umana di cui essi parlano, in fondo non è che
l'individualismo borghese, perciò ai loro occhi la natura umana proletaria non
ha nulla a che vedere con la natura umana"3.
Ciò dà un colpo decisivo alla cultura della borghesia che tende a nascondere
l'esistenza delle classi, a inculcare ai giovani e alle masse un pensiero unico
interclassista e a coinvolgere il proletariato nell'edificazione della società
borghese.
Mao invece si è adoperato per dimostrare che non esiste nulla al mondo al di
sopra delle classi. Né lo Stato, né la democrazia, né la libertà, né la
cultura e nemmeno la fraternità, l'altruismo e l'amore. Ogni cosa porta
un'impronta di classe e serve o il proletariato o la borghesia. "Nel mondo - dice Mao - non esiste amore senza cause, così come
non esiste odio senza cause. Quanto al cosiddetto 'amore per l'umanità', da
quando l'umanità è divisa in classi non è mai esistito un amore come questo,
un amore che abbraccia tutto e tutti. Alle varie classi dominanti del passato
piaceva predicare un tale amore, e molti saggi hanno fatto altrettanto, ma
nessuno l'ha messo realmente in pratica, perché nella società divisa in classi
questo amore è impossibile. Un vero amore per l'umanità sarà possibile
soltanto quando le classi saranno state eliminate in tutto il mondo. Le classi
hanno diviso la società in gruppi antagonistici, e soltanto dopo l'eliminazione
delle classi si avrà l'amore universale, non ora. Noi non possiamo amare i
nostri nemici, non possiamo amare i mali della società, il nostro obiettivo è
distruggerli"4.
LA CULTURA
DELLA BORGHESIA
Attualmente in
tutti i paesi del mondo, inclusa l'Italia, la cultura della borghesia è il
liberalismo. Già nel 1906, nella sua opera Anarchismo o marxismo, Stalin
affermava: "La borghesia ha la sua ideologia: il cosiddetto liberalismo.
Anche il proletariato ha la sua ideologia: essa, com'è noto, è il socialismo".
Il filosofo borghese Benedetto Croce, nel 1927, nella sua opera "Il
presupposto filosofico della concezione liberale", considerava il
liberalismo "Una concezione totale del mondo".
Il liberalismo, manifestatosi per la prima volta nella Rivoluzione inglese del
1688-89 e che ha avuto il suo apogeo nella Rivoluzione francese del 1789, è
nato nella lotta contro il feudalesimo e l'assolutismo per portare al potere la
borghesia e instaurare il capitalismo.
Il marxismo è nato nella lotta contro il liberalismo per sopprimere il
capitalismo, abbattere il potere della borghesia, portare al potere il
proletariato e instaurare il socialismo.
All'inizio e per un'intera epoca storica, finché si è trattato di abbattere il
vecchio sistema economico feudale, e la relativa sovrastruttura istituzionale e
culturale, il liberalismo ha avuto una funzione progressista. Quando però il
proletariato ha cominciato a porre la questione del potere politico e del
passaggio al socialismo è divenuto conservatore e reazionario.
Il liberalismo si fonda sulla concezione individualistica della società, mentre
il marxismo si fonda sulla concezione collettivista della società. Nella prima
concezione al centro c'è l'individuo, nella seconda invece il proletariato.
Sul piano economico, il liberalismo si traduce in liberismo, che sostanzialmente
vuol dire dare piena libertà ai capitalisti nel commercio, affidare al mercato
il compito di regolare l'attività economica escludendo ogni intervento dello
Stato.
Appare quindi evidente che la cultura della borghesia riflette sul piano
ideologico e politico il sistema economico capitalistico e imperialistico. Gli
elementi fondamentali di tale cultura sono l'idealismo, la metafisica,
l'individualismo, l'egoismo, l'arrivismo, la ricerca sfrenata del benessere,
l'edonismo.
Rientrano nella cultura della borghesia una serie infinita di parole d'ordine.
Ne citiamo le principali e le più ricorrenti. A livello istituzionale,
costituzionale e politico: presidenzialismo, federalismo, sistema elettorale
maggioritario, diritto-dovere di ingerenza umanitaria, "missioni
umanitarie", esercito professionale, sussidiarietà, scuola, università e
sanità privati. A livello economico: economia di mercato, proprietà privata
dei mezzi di produzione e di scambio, libertà di impresa, privatizzazioni,
globalizzazione, anche quella cosiddetta "umana". A livello sindacale
e sociale: concertazione, flessibilità e la sua variante cofferratiana
"versalità", meritocrazia, compatibilità, licenziamento per giusta
causa, regolamentazione del diritto di sciopero, pensioni private, mobilità,
contratti di lavoro individuali, contratti d'area, "gabbie salariali",
salario d'ingresso, pari opportunità. A livello filosofico: neutralità della
scienza, l'arte per l'arte, la musica per la musica.
Insomma tutto ciò che non mette in discussione il capitalismo, l'imperialismo e
il potere della borghesia, che favorisce in qualsiasi modo i capitalisti e i
borghesi, che non serve a migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle
masse, che frena la lotta del proletariato e delle masse e le tiene dentro i
confini parlamentari, istituzionali e costituzionali, rientra nella cultura
della borghesia.
Certe parole d'ordine apparentemente di alternativa al capitalismo, difficili da
comprendere su un piano di classe se non si possiede la cultura del
proletariato, come quella "Un diverso mondo è possibile", rientrano
anch'esse nella cultura della borghesia.
La cultura della borghesia dà molto spazio alle parole d'ordine sulla libertà
e la democrazia. Ma si tratta di parole d'ordine vuote, astratte, di facciata,
puramente formali, che i nostri maestri hanno già smascherato a livello
teorico.
Mao ha detto in proposito: "Libertà e democrazia esistono solo in
concreto, mai in astratto. In una società in cui esiste la lotta di classe, se
le classi sfruttatrici hanno la libertà di sfruttare i lavoratori, i lavoratori
non hanno la libertà di sottrarsi allo sfruttamento; dove esiste democrazia per
la borghesia non può esservi democrazia per il proletariato e per gli altri
lavoratori. Alcuni paesi capitalisti tollerano l'esistenza legale del partito
comunista, ma solo nella misura in cui questi non leda gli interessi
fondamentali della borghesia; oltre questo limite la sua esistenza non è più
tollerata. Coloro che rivendicano la libertà e la democrazia in astratto
considerano la democrazia come un fine, ma in realtà non è che un mezzo. Il
marxismo c'insegna - continua Mao - che la democrazia fa parte della
sovrastruttura e che essa appartiene alla categoria della politica; questo
significa, in ultima analisi, che la democrazia serve la base economica. Lo
stesso è per la libertà. La democrazia e la libertà sono relative e non
assolute, sono apparse e si sono sviluppate nel corso della storia"6.
Chi tra di voi ha partecipato alle manifestazioni di Genova contro i signori del
G8 ha sperimentato sulla propria pelle cosa significano in realtà la libertà e
la democrazia borghesi. Chi non era a Genova e vuole ancora sapere quali sono la
libertà e la democrazia del neoduce Berlusconi lo domandi al martire
antimperialista Carlo Giuliani, che onoriamo con commozione e riconoscenza,
avrà una risposta illuminante.
Oggi quasi tutti i partiti parlamentari italiani si autodefiniscono liberali.
Ultimi arrivati sono i sonati, disorientati e divisi diessini. Anche
Rifondazione si può collocare tra i partiti liberali, dato che sostiene il
pensiero economico del liberale inglese Keynes e la libertà, la democrazia e
l'individualismo borghesi.
Il neoduce Berlusconi, che si propone come il nuovo e autentico liberale, si è
così qualificato: "Ci dichiariamo liberali perché abbiamo una visione
precisa dei valori della persona, della politica, dell'economia... La libertà
non è qualcosa di generico e settoriale, ma è una condizione individuale, di
ogni persona e di tutte le persone. Ciò significa che tutti debbono essere
liberi di fare l'uso che preferiscono delle risorse e delle conoscenze che
legittimamente posseggono"7.
Nel nostro Paese, la cultura della borghesia dall'Unità d'Italia ad oggi è
stata sempre la cultura dominante, ma ora gestita da Berlusconi e dal suo
governo ha assunto caratteri politici e istituzionali neofascisti, simili a
quelli esistenti sotto la dittatura fascista di Mussolini.
LA CULTURA DEL
PROLETARIATO
La cultura del
proletariato è il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Nel mondo, ieri come
oggi, non esiste un altro pensiero che esprime gli interessi economici,
politici, sociali e culturali del proletariato.
Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è la dottrina, la teoria, la filosofia,
la scienza, la concezione del mondo, il metodo di analisi, la guida per l'azione
del proletariato. Escludendo uno qualsiasi di questi caratteri si ha lo
snaturamento di esso.
Come dimostra la storia, solo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao fornisce al
proletariato gli elementi per combattere la borghesia su tutti i piani, per
liberarsi dal giogo del capitalismo e dell'imperialismo, per conoscere e
trasformare il mondo. Solo esso è capace di mettere il proletariato in grado di
individuare, combattere e vincere gli imbroglioni politici travestiti da
comunisti che, all'interno delle sue file, del suo Partito e del suo Stato,
sabotano le sue lotte e agiscono per gettarlo fuori strada, consentendo così
alla borghesia di mantenere il potere o di riconquistarlo se l'ha perduto.
Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è antiborghese, anticapitalista,
antimperialista, anticolonialista, antifascista, antinazista, antirazzista,
antiriformista e antiparlamentarista. Tutto il suo contenuto è totalmente
improntato su questo orientamento proletario rivoluzionario. In nessun altro
pensiero si trova una cosa del genere.
Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è stato elaborato da Marx, Engels, Lenin,
Stalin e Mao nel corso della lotta di classe e sulla base della pratica e
dell'esperienza rivoluzionaria. Ciascuno di questi grandi maestri del
proletariato internazionale lo ha sviluppato in base alle nuove conoscenze, alle
nuove esperienze e alle nuove contraddizioni nella società. Esso è quindi
sempre suscettibile di nuovi sviluppi, man mano che procede la lotta di classe e
lo sviluppo della società umana. "Il marxismo-leninismo - afferma Mao - è la teoria che Marx,
Engels, Lenin e Stalin hanno creato sulla base della pratica, è la conclusione
generale che hanno tratto dalla realtà storica e dalla pratica
rivoluzionaria... Il marxismo-leninismo - aggiunge Mao - è la verità
più giusta, più scientifica e più rivoluzionaria, generata dalla realtà
oggettiva e confermata da questa stessa realtà"8.
Un elemento fondamentale della cultura del proletariato è costituito dalla
concezione comunista del mondo, che è agli antipodi della concezione borghese
del mondo. Si tratta delle idee, del modo di vedere e analizzare le cose, del
metodo con cui risolvere le contraddizioni, ed investe finanche i sentimenti e
lo stile di vita. "Riguardo alla concezione del mondo, - rileva Mao - nel mondo
attuale non ci sono in fondo che due 'scuole', quella del proletariato e quella
della borghesia: o la concezione proletaria del mondo o la concezione borghese.
La concezione comunista del mondo è quella del proletariato e non di una
qualsiasi altra classe"9.
Andando a fondo sulla questione, Mao precisa che "la concezione
comunista del mondo è il materialismo dialettico e il materialismo
storico"10. Ma cosa significano l'uno e l'altro? In estrema
sintesi. Il materialismo dialettico è la base filosofica e teorica del
marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Esso ha scoperto - e continua a scoprire -
le leggi che regolano e governano lo sviluppo del movimento, della natura, dei
fenomeni, delle cose e dell'universo. Il materialismo storico è la base
scientifica e storica del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Esso, avvalendosi
della dialettica, ha scoperto - e continua a scoprire - le leggi che regolano e
governano lo sviluppo storico della società umana. Entrambi si contrappongono
all'idealismo e alla metafisica che appartengono alla cultura della borghesia.
Su di essi Lenin ha speso delle parole illuminanti nella sua opera
"Materialismo ed empiriocriticismo" in cui si legge: "Nel suo Ludwig
Feuerbach Engels dichiara che le fondamentali correnti filosofiche sono il
materialismo e l'idealismo. Il materialismo ritiene la natura elemento
primordiale, lo spirito elemento secondario e mette al primo posto l'essere, al
secondo il pensiero. L'idealismo procede all'inverso. Engels attribuisce valore
fondamentale a questa differenza radicale dei 'due grandi campi' nei quali si
dividono i filosofi delle 'diverse scuole': dell'idealismo e del
materialismo"11.
Dati i suoi caratteri scientifici e la sua connaturale disposizione a
svilupparsi il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è pienamente attuale,
checché ne dicano i revisionisti di destra e di "sinistra" e coloro
che si atteggiano a nuovi leader mondiali delle masse in lotta.
Non è affatto vero, come dice il rinnegato e arcirevisionista Jang Zemin,
presidente della attuale Cina capitalista e fascista, che "è impossibile
applicare ogni parola o frase scritta allora (da Marx ed Engels) alla realtà di
oggi"12. Non è altrettanto vero ciò che ha detto recentemente
alla televisione italiana Marcos, dopo aver gettato il fucile e mentre si
accinge a togliersi il passamontagna in attesa di essere chiamato a dirigere il
movimento antiglobalizzazione mondiale. Per costui "il mondo non può più
essere messo a fuoco con la stessa lente del secolo passato. Abbiamo bisogno di
un'altra lente che va creata di nuovo"... poiché "la lotta
dell'umanità finalmente si identifichi in una lotta per la sopravvivenza: non
in un conflitto di classe, ma per la sopravvivenza"13. Sulla
stessa lunghezza d'onda si trovano sostanzialmente gli attuali ideologi, a
cominciare dalla giornalista canadese Naomi Klein, e i dirigenti del movimento
antiglobalizzazione mondiale, compresi Bertinotti, Agnoletto, Casarini e Caruso.
Ci dispiace per costoro, ma come dice Mao, "La lotta di classe è l'asse
attorno a cui ruota tutto il resto"14. Essa è
inarrestabile, può avere un momento di quiete, anche lungo, come è successo
dopo la morte di Mao e fino a poco tempo fa, ma poi si rianima e riprende
gradualmente il suo corso. E' quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi in
Italia e nel mondo. Basta considerare il movimento dei metalmeccanici diretto
dalla Fiom per il rinnovo del contratto di lavoro e quello no-global, che vedono
in entrambi i giovani in prima linea, ai quali va tutto il nostro entusiastico
appoggio e nei quali lavoriamo per concorrere al raggiungimento dei loro
rispettivi obiettivi e per orientarli correttamente su un piano di classe.
Noi dobbiamo continuare a lavorare, sviluppando una attenta politica di alleanze
e di fronte unito, nel movimento no-global, nonostante l'ostracismo e il
catenaccio dei falsi comunisti e degli "ultrasinistri" che non
vogliono che tale movimento acquisisca una coscienza antimperialista e si
sottragga all'influenza riformista e pacifista di Rifondazione trotzkista e dei
suoi giochi parlamentari borghesi e controrivoluzionari.
Noi non siamo d'accordo con l'attuale direzione di tale movimento, tuttavia
siamo solidali con Casarini e contro l'inchiesta aperta dalla magistratura su di
lui e altri che mira a criminalizzare e a colpire l'intero movimento
anti-global.
La lotta di classe appartiene al bagaglio culturale del proletariato di cui
fanno parte anche la violenza rivoluzionaria, s'intende di massa, e la
rivoluzione socialista, che non hanno nulla a che spartire con il terrorismo, la
"guerriglia urbana", le "azioni esemplari" di piccolo
gruppo.
Essere contro il terrorismo, sia chiaro, non significa per il nostro Partito
allearsi con la borghesia e i suoi Stati per combatterlo. Noi siamo contro le
leggi speciali antiterrorismo e le ritorsioni militari nei confronti degli Stati
ritenuti sostenitori del terrorismo.
Il nostro Partito, tramite un documento dell'Ufficio politico, ha immediatamente
condannato i miopi e folli attacchi terroristici a New York e a Washington ed
espresso la totale solidarietà e le profonde condoglianze dei
marxisti-leninisti italiani all'amico popolo americano.
Al contempo però ha ammonito Bush a pensarci "sette volte prima di
intraprendere qualsiasi ritorsione militare, politica ed economica contro i
presunti paesi terroristici".
Il cacasotto e salottiero trotzkista Bertinotti si è autoescluso dalla cultura
del proletariato dal momento che ha detto: "io sono un pacifista
sincero"15, mandando così a gambe all'aria le sue
pseudo-teorizzazioni comuniste.
Nella lotta di classe non è possibile non usare anche le forme di lotta
violenta, quando sono assolutamente necessarie ed inevitabili e le masse in
lotta lo vogliono. Altrimenti lasciamo campo libero alle forze repressive del
governo e della borghesia.
D'altra parte se le masse non si educano alla lotta di strada, praticandola,
come è possibile arrivare all'insurrezione per rovesciare dal potere la
borghesia? "La rivoluzione - spiega Mao - non è un pranzo di
gala, non è un'opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con
altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza,
gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è
un'insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia
un'altra"16.
Noi non dobbiamo mai perdere di vista questo problema, anche se la rivoluzione
socialista è ancora lontana, poiché al centro della cultura del proletariato
sta la questione del potere politico, la madre di tutte le questioni. Col potere
politico il proletariato ha tutto, senza il potere politico il proletariato non
ha niente.
Il proletariato deve comprendere che la via parlamentare e pacifica al potere
gli è preclusa, e che la "democrazia partecipativa", ultima
escogitazione degli imbroglioni politici, è una trappola per tenerlo legato
alle istituzioni e alle regole parlamentari borghesi. Occorre invece creare
delle istituzioni rappresentative delle masse anticapitaliste, antifasciste e
astensioniste costituite dalle Assemblee popolari di quartiere e zona rurale e
dei Comitati popolari sulla base della democrazia diretta, in modo che si tracci
una netta linea di demarcazione tra le forze sociali, politiche, sindacali,
culturali e religiose fautrici del socialismo e le forze che stanno col
capitalismo, l'imperialismo, la borghesia e con l'attuale regime neofascista,
presidenzialista e federalista.
La lotta tra la cultura del proletariato e la cultura della borghesia è
iniziata con Marx ed Engels ed è stata poi portata avanti e sviluppata da
Lenin, Stalin e Mao investendo tutto il mondo.
In Italia tale lotta è iniziata molto tardi. Da quando i primi pionieri del
PMLI, nel 1967, sono scesi nell'arena politica dando battaglia aperta alla
borghesia e ai suoi servi revisionisti. In precedenza era stata condotta dal
PCI, ma solo nominalmente, poiché in realtà tale partito, anche quando
appariva molto rosso e rivoluzionario ed era sotto il controllo di Lenin, Stalin
e l'Internazionale comunista, si è sempre mosso sul terreno della cultura della
borghesia. Ne è una prova lampante la vigente Costituzione nella cui
elaborazione esso ha avuto un ruolo determinante.
Con l'azione del PMLI le cose sono cambiate, ed ora finalmente la cultura del
proletariato può contendere il terreno a quella della borghesia. Anche se le
attuali dimensioni del Partito non ci consentono di svolgere un'opera culturale
più vasta, più profonda e più completa. Spetta al proletariato darci la forza
che ci manca affinché la sua cultura dilaghi fra le masse, le nuove generazioni
e nelle sue stesse file.
Bisogna essere consapevoli che "la cultura rivoluzionaria - come
dice Mao - è per le masse popolari una poderosa arma rivoluzionaria. Prima
della rivoluzione, essa prepara ideologicamente il terreno, e, durante la
rivoluzione, è un settore necessario e importante del fronte generale
rivoluzionario"17.
Per divenire una classe per sé, ossia consapevole dei suoi compiti storici e
del suo ruolo e di essere portatrice di un nuovo progetto generale di società,
il proletariato italiano, e noi marxisti-leninisti per primi, ha assolutamente
bisogno di acquisire e mettere in pratica la propria cultura.
Se non fa ciò, e in maniera radicale, approfondita e sistematica, non si
emanciperà mai dall'influenza della cultura della borghesia e gli mancheranno
le armi ideologiche per capire la realtà, per comprendere le leggi del mondo
oggettivo e per trasformare il mondo.
Mao, rilanciando un importante concetto di Marx ed Engels espresso nella loro
opera "L'ideologia tedesca", più volte ha affermato che il
proletariato deve trasformarsi nel corso della lotta di classe. Esso non può
trasformare il mondo se non trasforma al contempo se stesso. "Nell'epoca presente dello sviluppo della società - osserva Mao - la
storia ha posto sulle spalle del proletariato e del suo partito politico la
responsabilità della giusta conoscenza e della trasformazione del mondo... La
lotta del proletariato e dei popoli rivoluzionari per la trasformazione del
mondo comporta la realizzazione dei seguenti compiti: trasformazione del mondo
oggettivo e, nello stesso tempo, trasformazione del proprio mondo soggettivo -
trasformazione delle proprie capacità conoscitive e trasformazione dei rapporti
esistenti tra il mondo soggettivo e il mondo oggettivo"18.
Tale trasformazione del proprio mondo soggettivo, che comporta tutta una serie
di conoscenze, una rivoluzionarizzazione e una ripulitura totale della propria
mente e un comportamento coerente con ciò, si realizza gradualmente attraverso
lo studio e l'applicazione del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, lo studio e
l'applicazione della linea politica del PMLI, lo studio della realtà economica,
politica e sociale del nostro Paese e della regione, città e quartiere in cui
si risiede e si opera, nonché attraverso la pratica sociale.
Per capire bene quanto sia importante lo studio e l'applicazione del
marxismo-leninismo, bisogna conoscere le grandi esperienze storiche della
Rivoluzione russa e della Rivoluzione cinese, che sono i nostri due modelli di
riferimento e fonti inesauribili di insegnamenti.
Ecco come Mao racconta, nel 1949, in che rapporto sta il marxismo-leninismo con
le suddette rivoluzioni: "Nel suo libro L'estremismo, malattia
infantile del comunismo, scritto nel 1920, Lenin ha descritto la ricerca di
una teoria rivoluzionaria da parte dei russi. Solo dopo parecchie decine di anni
di avversità e di sofferenze i russi trovarono il marxismo... Dal tempo della
disfatta della Cina nella Guerra dell'oppio nel 1840, i progressisti cinesi sono
passati attraverso innumerevoli avversità per cercare la verità verso gli
occidentali... A quell'epoca, i cinesi che aspiravano al progresso leggevano
qualsiasi libro, purché contenesse le idee nuove dell'Occidente... Anche io, da
giovane, intrapresi questi studi. Era la cultura della democrazia borghese
occidentale, cultura che comprendeva le dottrine sociali e le scienze naturali
di quel periodo, ossia ciò che fu chiamato 'nuova cultura' in opposizione alla
cultura feudale cinese, che fu chiamata 'vecchia cultura'. Per molto tempo i
seguaci della nuova cultura furono convinti che essa avrebbe salvato la Cina, e
solo pochi nutrivano, al pari dei seguaci della vecchia cultura, dubbi su questo
punto. Solo la modernizzazione poteva salvare la Cina . Fra i paesi stranieri di
quel tempo, gli unici progressisti erano i paesi capitalisti occidentali, in
quanto erano riusciti a edificare Stati borghesi moderni. I giapponesi avevano
ottenuto buoni risultati imparando dall'Occidente, e i cinesi desideravano a
loro volta apprendere dai giapponesi. Agli occhi dei cinesi di allora la Russia
era un paese arretrato e pochi volevano imparare da essa. Ecco come i cinesi
tentarono di apprendere dai paesi stranieri dagli anni quaranta del XIX secolo
all'inizio del XX secolo.
L'aggressione imperialista - continua Mao - infranse i sogni dei cinesi
che si sforzavano di imparare dall'Occidente. Era molto strano: come mai i
maestri commettevano continue aggressioni contro i loro allievi? I cinesi
imparavano molto dall'Occidente ma non potevano mettere in pratica quello che
avevano imparato, non potevano realizzare i loro ideali. Le loro ripetute lotte,
come la Rivoluzione del 1911 che fu un movimento su scala nazionale, si
risolsero tutte in altrettante sconfitte. La situazione del paese peggiorava di
giorno in giorno e la vita era divenuta impossibile. Sorsero dubbi, che crebbero
e si approfondirono. La Prima guerra mondiale scosse tutto il globo. I russi
fecero la Rivoluzione d'Ottobre e crearono il primo Stato socialista nel mondo.
Sotto la guida di Lenin e di Stalin, l'energia rivoluzionaria del grande
proletariato e del grande popolo lavoratore della Russia, fino allora latente e
non avvertita dagli stranieri, esplose all'improvviso come un vulcano, e i
cinesi come tutta l'umanità, videro i russi in una nuova luce. Allora, solo
allora, ebbe inizio un'era completamente nuova nel pensiero e nella vita dei
cinesi. Essi scoprirono il marxismo-leninismo, la verità universale applicabile
ovunque, e il volto della Cina cominciò a cambiare.
Fu grazie ai russi - conclude Mao - che i cinesi scoprirono il marxismo.
Primadella Rivoluzione d'Ottobre i cinesi non solo ignoravano Lenin e
Stalin, ma non conoscevano neppure Marx ed Engels. Le cannonate della
Rivoluzione d'Ottobre ci portarono il marxismo-leninismo. La Rivoluzione
d'Ottobre aiutò i progressisti cinesi e quelli di tutti i paesi ad adottare la
concezione proletaria del mondo come strumento per studiare il destino della
propria nazione e per esaminare daccapo tutti i loro problemi. Seguire la strada
dei russi, questa fu la loro conclusione"19.
Anche la nostra modesta ma storica esperienza, quella della fondazione e della
costruzione del PMLI e della lotta acerrima che conduciamo contro la borghesia e
i suoi servi revisionisti, neorevisionisti, trotzkisti e
"ultrasinistri", dimostra quanto sia potente, influente e determinante
il marxismo-leninismo-pensiero di Mao quando viene conosciuto, assimilato e
applicato dai sinceri e onesti rivoluzionari. Infatti se non avessimo scoperto
Mao, il suo pensiero e la sua opera, grazie alla Grande rivoluzione culturale
proletaria cinese lanciata ufficialmente con la circolare del 16 maggio 1966 del
Comitato centrale del PCC, oggi non esisterebbe il nostro amato Partito e il
proletariato e i rivoluzionari italiani non avrebbero alcun punto di riferimento
politico di classe e marxista-leninista.
Comprovato in tutte le situazioni nei cinque continenti e verificato in mille e
più battaglie, il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è una potente arma, ma se
non lo si studia e non lo si applica è un'arma scarica, da museo. Tutti i
rivoluzionari italiani, specie i marxisti-leninisti, hanno perciò il dovere di
studiarlo e applicarlo. Più a fondo andranno in questo studio, più contributi
apporteranno alla nobile causa del socialismo. Non bisogna mai stancarsi di
studiarlo e ritenere di conoscerlo a sufficienza. C'è sempre qualcosa di nuovo
da scoprire e poi c'è bisogno di tenerlo fresco nella memoria.
Non potremo mai avere una concezione proletaria del mondo se non studiamo e
applichiamo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Anche se fossimo dei bravi
organizzatori, oratori, trascinatori, scrittori ma non studiamo e applichiamo il
marxismo-leninismo-pensiero di Mao non faremo nemmeno il solletico alla
borghesia e ai falsi amici del proletariato e delle masse.
Gli operai coscienti, avanzati e combattivi, in primo luogo, devono studiarlo
perché essi devono essere la testa e la colonna vertebrale del Partito, coloro
che devono dirigere anche la lotta ideologica all'interno e all'esterno del
Partito.
Studiare costa tempo, fatica e rinunce, specie agli operai e ai lavoratori che
concludono la giornata spremuti come limoni dai capitalisti. Eppure bisogna
studiare, costi quel che costi per essere sempre in prima linea nella lotta di
classe e con posizione d'avanguardia marxiste-leniniste.
Le opere dei nostri maestri riempiono decine e decine di volumi, 44 soltanto per
Lenin, è quindi molto difficile riuscire a leggerle tutte. Il nostro Partito ne
ha selezionate cinque, ritenendole fondamentali per trasformare il mondo e se
stessi. Esse sono: Marx ed Engels "Il manifesto del Partito
comunista", Lenin "Stato e rivoluzione", Stalin "Principi
del leninismo" e "Questioni del leninismo", Mao "Sulla
giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo". Queste opere sono
state ristampate dal PMLI.
Tutti i rivoluzionari, cominciando dai massimi dirigenti del PMLI, dovrebbero
tenere bene a mente questa esortazione di Mao: "Dobbiamo scuoterci e
studiare facendo duri sforzi. Prendete nota di queste tre parole: 'fare',
'duri', 'sforzi'. Bisogna assolutamente scuoterci e fare duri sforzi. Adesso
alcuni compagni non ne fanno e alcuni impiegano le energie che restano loro dopo
il lavoro soprattutto per giocare a carte o a mahiong e per ballare: questa,
secondo me, non è una buona cosa. Le energie che restano dopo il lavoro
dovrebbero essere impiegate soprattutto nello studio, facendo in modo che
diventi un'abitudine. Che cosa studiare? Il marxismo e il leninismo, la
tecnologia, le scienze naturali. Poi c'è la letteratura, soprattutto le teorie
artistico-letterarie: i quadri dirigenti devono intendersene un po'. C'è il
giornalismo, la pedagogia, discipline, anche queste, di cui bisogna intendersi
un po'. Per farla breve, le discipline sono molte e bisogna almeno farsene
un'idea in generale. Dobbiamo dirigere queste faccende, no!? Gente come noi in
che cosa è specialista? In politica. Come possono andare bene le cose se non
capiamo niente di queste faccende e non ci mettiamo a dirigerle?20.
LA NOSTRA LOTTA
SUL FRONTE CULTURALE
Nel quadro della
guerra totale che conduciamo contro il governo del neoduce Berlusconi, un
governo assimilabile sotto molti aspetti, a parte le forme, a quello fascista di
Mussolini, noi dobbiamo sviluppare la lotta sul fronte culturale. La lotta su
questo fronte è fondamentale ed è parte integrante della lotta di classe. Non
si può pensare di mantenere il Partito e i suoi militanti saldi sulla via
dell'Ottobre, senza dare battaglia anche sul fronte culturale. Non si può
pensare di riunire il proletariato, le masse e le nuove generazioni sotto le
bandiere del PMLI e di risvegliarli e rilanciarli nella lotta rivoluzionaria per
il socialismo senza dare battaglia anche sul fronte culturale. Non si può
pensare di riportare la vittoria sul sistema capitalistico e la sua
sovrastruttura statale, politica, giuridica e culturale senza dare battaglia
anche sul fronte culturale.
Durante il periodo della guerra di Resistenza del popolo cinese contro il
Giappone (1937-1945), Mao mette in rilievo la grande importanza che ha la lotta
sul fronte culturale. Nel suo discorso del 2 maggio 1942 alla Conferenza di
Yenan sulla letteratura e l'arte egli dice: "Noi lottiamo per la
liberazione del popolo cinese su diversi fronti, due dei quali sono il fronte
della penna e il fronte della spada, ossia il fronte culturale e il fronte
militare. Per vincere il nemico dobbiamo anzitutto fare affidamento
sull'esercito che impugna il fucile. Ma questo esercito non basta, abbiamo
bisogno di un esercito della cultura, indispensabile per unire le nostre file e
vincere il nemico... Lo scopo di questa Conferenza è proprio far sì che la
letteratura e l'arte entrino a far parte integrante dell'intero meccanismo della
rivoluzione, operino come un'arma potente per unire ed educare il popolo, per
colpire e annientare il nemico, e aiutino il popolo a combattere compatto il
nemico"21.
Quantunque noi non siamo nelle condizioni che attraversavano allora i
marxisti-leninisti e il popolo cinesi, abbiamo lo stesso bisogno di tenere unite
le file del Partito, di unire ed educare il nostro amato popolo sulla base della
cultura del proletariato, di combattere e vincere il nemico che oggi ha il volto
del nuovo Mussolini. Per questo dobbiamo lottare sul "fronte della
penna", che ci aiuterà, un giorno, ad aprire anche il "fronte della
spada".
Ci manca però un "esercito della cultura" proletario rivoluzionario
affinché possiamo competere a un livello più alto possibile, e su tutti i
piani con il potente esercito della cultura borghese che gestisce l'istruzione,
la scienza, la tecnologia, la letteratura, le arti, le comunicazioni, i mass
media e tutti gli altri strumenti e mezzi di indottrinamento culturale ed
educativo del popolo e delle nuove generazioni.
Ma da chi può essere composto il nostro esercito della cultura se non dagli
intellettuali? Da qui rivolgiamo un nuovo solenne appello a tutti gli
intellettuali progressisti e democratici (filosofi, economisti, storici,
giuristi, insegnanti, scienziati, biologi, medici, scrittori, giornalisti,
artisti, attori, musicisti, ecc.) affinché diano corpo e vita a un grande
esercito della cultura proletaria rivoluzionaria al servizio del PMLI, del
proletariato e della nobile causa del socialismo. Non è detto che tutti siano
membri del nostro Partito.
La nostra speranza e il nostro auspicio è che quelli tra di loro più
sensibili, più vicini al proletariato, e meno inquinati dall'influenza
borghese, capiscano la situazione e le proprie responsabilità sociali,
politiche e culturali, escano dal pantano riformista in cui ora si trovano, e
cooperino attivamente con noi per propagandare tra le masse il
marxismo-leninismo-pensiero di Mao e per smascherare, combattere e battere la
cultura della borghesia.
In particolare ci appelliamo ai giovani intellettuali, neolaureati e studenti
universitari, che sono già immersi nella lotta e che sognano un mondo di
uguaglianza, giustizia, di fratellanza e di pace. Ciascuno nel proprio campo e
in base alla propria specializzazione può fare molto per la nostra lotta sul
fronte culturale.
Come indica Mao, "la classe operaia deve accogliere favorevolmente
l'aiuto degli intellettuali rivoluzionari, in nessun caso deve respingerlo,
perché senza il loro aiuto essa non potrà progredire e la rivoluzione non
potrà trionfare"22.
Il problema è che gli intellettuali che si schierano col Partito, col
proletariato e con il socialismo, devono essere rossi, oltre che esperti nel
loro campo, e devono accettare la direzione del Partito e del proletariato.
Altrimenti il loro apporto alla causa rivoluzionaria è nullo, anzi deleterio.
Se gli intellettuali non si impadroniscono fino in fondo del
marxismo-leninismo-pensiero di Mao, non trasformano la loro concezione del
mondo, non combattono il proprio individualismo, e non si legano al proletariato
e ai movimenti di lotta, si muoveranno sempre, coscienti o no, sul terreno della
cultura della borghesia. "Alcuni sostengono - dice Mao - che si deve essere prima esperti
e poi rossi. Questo è come dire: prima bianchi e poi rossi. Se si pretende di
essere rossi non adesso, ma in futuro, adesso di che colore si è? Senza dubbio
bianchi. Gli intellettuali devono essere contemporaneamente sia rossi, sia
esperti. Per diventare rossi bisogna avere la determinazione di trasformare
radicalmente la propria visione borghese del mondo. Per questo non è affatto
necessario leggere un mucchio di libri, ma capire veramente cos'è il
proletariato, cos'è la dittatura del proletariato, perché solo il proletariato
ha un avvenire, mentre tutte le altre sono classi transitorie, perché un paese
come il nostro deve prendere la via del socialismo e non quella del capitalismo,
perché è assolutamente necessaria la direzione del Partito comunista"23.
Che gli intellettuali progressisti e democratici più coscienti e più aperti
verso il nostro Partito si sbrighino a unirsi a noi poiché abbiamo da condurre
una battaglia a morte contro il governo neofascista di Berlusconi. Un governo
che, come ha denunciato fin dalla sua nascita, con grande coraggio e
determinazione rivoluzionaria l'Ufficio politico del PMLI, ha "restaurato
il fascismo sotto forme nuove, nuovi metodi e nuovi vessilli, il cui nome
ufficiale, riconosciuto anche dal 'centro-sinistra', è quello della seconda
repubblica. Una repubblica che ha forti caratteri capitalisti, neofascisti,
presidenzialisti e federalisti, alla cui realizzazione hanno partecipato i
partiti del 'centro-sinistra', e, per certi aspetti, persino Rifondazione".
Non dobbiamo assolutamente far passare la prossima finanziaria di lacrime e
sangue. Dobbiamo opporci duramente ai licenziamenti, alla completa
privatizzazione della sanità, della previdenza sociale, della scuola e
dell'università, alla soppressione del diritto di aborto.
Ci batteremo per forti aumenti salariali e per il lavoro stabilire a salario
intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti i disoccupati e i
lavoratori e contro il lavoro interinale, e contro qualsiasi limitazione del
diritto di sciopero e di manifestazione.
Ci batteremo con particolare impegno contro la politica interventista e
imperialista del governo e la partecipazione dell'Italia a rappresaglie militari
della Nato contro movimento e Stati accusati di terrorismo. La Nato va sciolta e
l'Italia deve uscire dalla Nato. Nemmeno l'Onu ha il diritto di autorizzare la
guerra a uno Stato.
Fermare la guerra imperialista ai paesi sospettati di terrorismo. Sabotare la
macchina da guerra dell'imperialismo. Né un soldo, né un soldato, né una base
per la guerra imperialista all'Afghanitan. Queste sono le parole d'ordine del
PMLI contro i criminali, illegittimi e illegali piani di guerra di Bush,
Berlusconi e degli altri loro compari terroristi di Stato.
Ci batteremo per la scuola e l'università pubbliche, gratuite e governate dalle
studentesse e dagli studenti.
Dobbiamo appoggiare risolutamente la posizione dei metalmeccanici della Fiom e
le altre categorie dei lavoratori per il rinnovo dei contratti di lavoro. E
perciò chiediamo a gran voce lo sciopero generale e una manifestazione
nazionale a Roma.
Diamo corda a Cofferati, visto che vuol dar battaglia al governo su questo
piano. Indipendentemente dal fatto che egli ha assunto tale posizione, che
comunque deve tradursi nei fatti, per tentare di egemonizzare i DS e per
prepararsi un avvenire politico in questo partito.
Questo però non significa che dobbiamo dargli carta bianca al prossimo
Congresso della Cgil. In quella sede dobbiamo combatterlo, poiché noi aspiriamo
a un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, costruito dal basso,
sulla base della democrazia diretta e del potere sindacale e contrattuale alle
Assemblee generali dei lavoratori.
Voteremo "No" al referendum del 7 ottobre contro il federalismo del
"centro-sinistra" e quello del governo del neoduce Berlusconi, per
l'Italia unita, rossa e socialista.
Noi siamo disposti a unirci con chiunque intende difendere gli interessi e i
bisogni immediati dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati, degli
studenti, delle donne e del Mezzogiorno.
Tutto quello che possiamo fare lo dobbiamo fare. Anche se siamo ancora troppo
piccoli, come Partito, per dare dei contributi maggiori. Ci manca la forza
necessaria, e chiediamo al proletariato, alle masse e alle ragazze e ai ragazzi
progressisti e rivoluzionari di darcela nell'interesse dello sviluppo della
lotta di classe.
Noi dobbiamo costruire un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista
che sia in grado di far tremare il potere della borghesia e, un giorno,
distruggerlo. Chiunque voglia partecipare, dall'interno o dall'esterno del
Partito, a questa titanica opera storica sarà il benvenuto. Intanto noi
continueremo alacremente a studiare, a concentrarsi sulle priorità e a
radicarci nei luoghi di lavoro, di studio e di vita dove siamo presenti, secondo
le indicazioni del 4° Congresso nazionale del PMLI.
In questi 34 anni della nostra storia, compresi quelli della preparazione del
Partito, ne abbiamo fatta tanta di strada. Avremmo voluto procedere più
velocemente ma cinque grossi ostacoli che si sono frapposti sulla nostra strada
ce l'hanno impedito. Essi sono: l'intossicazione parlamentarista, elettoralista,
riformista e pacifista della classe operaia e delle masse, in conseguenza della
predicazione di oltre cento anni da parte dei falsi comunisti; il forte
indebolimento dell'attrazione del socialismo a causa dello sfascio operato dai
revisionisti; l'esistenza di un falso partito comunista, il PRC, creato apposta
dalla borghesia, dai neorevisionisti e dai trotzkisti per contenderci lo spazio
e cancellarci; la nostra povertà di mezzi e di risorse economiche; il ferreo
black-out stampa che vige da sempre su di noi. Attualmente l'ostacolo che ci
impedisce di affrontare nelle migliori condizioni gli altri ostacoli è quello
economico.
Tuttavia la situazione sta cambiando e sta evolvendo a nostro favore. Per il
nostro Partito, il tempo tende al bello, anche se la strada è ancora in salita.
Il ritorno del Partito in Sicilia, e in più città rispetto a prima, ci
conforta e ci dà una grande speranza. Contiamo sulla tenuta e sulle capacità
dei nuovi militanti e simpatizzanti ai quali va il nostro plauso,
incoraggiamento e appoggio.
Intravediamo davanti a noi, osservando determinati avvenimenti e prevedendo
certi sviluppi, cinque anni d'oro, di cui il primo, già in corso e che si
concluderà nella primavera prossima, è il più importante. Se sapremo
utilizzarli al meglio, il Partito potrebbe decollare a livello nazionale,
realizzando il suo primo grande balzo organizzativo e del proselitismo della sua
storia.
Avremo certamente ancora delle tempeste e delle gelate, ma siamo ormai temprati
e resistenti a ogni fatica, sacrificio e prova, e sapremo superarle.
Il nostro cammino, come lo è stato per Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao e per
milioni e milioni di rivoluzionari, è duro e difficile, ma affascinante, degno
di essere vissuto da chi aspira veramente all'emancipazione del proletariato e
dell'intera umanità. Non esiste al mondo niente di più bello, più giusto,
più necessario e più gratificante.
Noi comunque andremo fino in fondo nella lotta per l'Italia unita, rossa e
socialista. "Nella lotta sociale, - rileva Mao - le forze che rappresentano
la classe avanzata subiscono a volte delle sconfitte, ma perché, nel rapporto
delle forze in lotta, esse sono temporaneamente meno potenti delle forze della
reazione; possono essere quindi temporaneamente sconfitte, ma finiranno sempre
per trionfare"24.
Grazie Mao, anche per questa fiducia che ci infondi per l'avvenire del nostro
amato Partito. Rimani con noi e continua a ispirarci. Non ci abbandonare. Noi
non ti abbandoneremo mai!
Gloria eterna a Mao!
Viva la cultura del proletariato!
Abbasso la cultura della borghesia!
Viva il marxismo-leninismo-pensiero di Mao!
Guerra totale al governo del neoduce Berlusconi!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi maestri vinceremo!
NOTE
1 Mao, Sulla pratica, (Luglio 1937), Opere scelte, Casa editrice in
lingue estere di Pechino, vol. 1, p. 314
2 Mao, Sulla Nuova Democrazia, (Gennaio 1940), Opere scelte, Casa
editrice in lingue estere di Pechino, vol. 2, pp. 356-357
3 Mao, Discorsi alla Conferenza di Yenan sulla letteratura e l'arte,
(23 maggio 1942), Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino,
vol. 3, pp. 89-90
4 Mao, idem, p. 90
5 Stalin, Anarchismo o marxismo, (Dicembre 1906), Opere, Edizioni
Rinascita, vol. 1, p. 334
6 Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo,
(27 febbraio 1957), Casa editrice in lingue estere di Pechino, p. 7
7 Silvio Berlusconi, Intervista alla rivista neofascista "Ideazione"
diretta da Domenico Mennitti di An, n. 6/2000, pp. 314-315
8 Mao, Rettificare lo stile di lavoro del Partito, (1 febbraio 1942),
Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 3, pp. 33 e 37
9 Mao, Discorso alla Conferenza nazionale del Partito comunista cinese sul
lavoro di propaganda, (12 marzo 1957), Casa editrice in lingue estere di
Pechino, pp. 8-9
10 Mao, Sulla Nuova Democrazia, o.c., p. 379
11 Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, (Secondo semestre del
1908), Opere complete, Editori Riuniti, vol. 14, p. 96
12 Jang Zemin, Intervista al "New York Times", riportata da "la
Repubblica" dell'11.08.01
13 Marcos, Intervista a Gianni Minà trasmessa da Raidue il 19 luglio 2001
14 Mao, citato in "Nulla è impossibile al mondo se si è decisi a
scalare le vette", editoriale del "Quotidiano del Popolo", (1°
gennaio 1976)
15 Bertinotti Fausto, Intervista al Secolo XIX del 10 agosto 2001
16 Mao, Rapporto d'inchiesta sul movimento contadino nello Hunan,
(Marzo 1927), Opere scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 1,
p. 25
17 Mao, Sulla Nuova Democrazia, o.c., p. 399
18 Mao, Sulla pratica, o.c., pp. 326-327
19 Mao, Sulla Dittatura Democratica Popolare, (30 giugno 1949), Opere
scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 4, pp. 424-425-426
20 Mao, Essere elementi di stimolo per la rivoluzione, (9 ottobre
1957), in Rivoluzione e costruzione, Giulio Einaudi Editore, p. 680
21 Mao, Discorsi alla Conferenza di Yenan sulla letteratura e l'arte,
o.c., pp. 67-68
22 Mao, Introduzione all'operaio cinese, (7 febbraio 1940), Opere
scelte, Casa editrice in lingue estere di Pechino, vol. 2, p. 424
23 Mao, Bisogna avere una ferma fiducia nella maggioranza delle masse,
(13 ottobre 1957), in Rivoluzione e costruzione, o.c., p. 694
24 Mao, Da dove provengono le idee giuste, (Maggio 1963), Casa editrice
in lingue estere di Pechino, pp. 2-3