Dal discorso di Giovanni Scuderi pronunciato a Firenze il 19 dicembre 1993 in occasione del centenario della nascita di Mao Mao è un modello di marxista-leninista Il nostro rapporto con Mao è di tipo particolare, quasi filiale. Poiché il suo pensiero, la sua opera, il suo esempio hanno esercitato l'influenza fondamentale e decisiva per la fondazione del nostro amato Partito. Materialmente l'hanno fondato i 52 delegati del primo Congresso nazionale del PMLI provenienti dalla Toscana, dalla Sicilia, dalla Calabria e dalla Lombardia, ma idealmente è opera sua. Come Mao ha scoperto il marxismo grazie a Lenin e Stalin e alla Grande Rivoluzione d'Ottobre, si è ispirato ad essi per la fondazione del PCC e per impostare la rivoluzione cinese, così i fondatori del PMLI hanno scoperto il vero marxismo-leninismo grazie a Mao e alla Grande rivoluzione culturale proletaria e hanno agito di conseguenza, sul piano ideologico, politico e organizzativo, prendendoli come modelli. Ogni classe ha i suoi maestri, ispiratori e modelli, lo si riconosca o no. Noi siamo sinceri e onesti e quindi non abbiamo difficoltà ad ammettere, anzi a proclamarlo apertamente con orgoglio, che i nostri maestri sono Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Sono nostri maestri perché solo loro, non altri, ci hanno aperto gli occhi sul capitalismo e l'imperailismo e ci hanno illuminato la strada dell'emancipazione sociale. Senza di essi brancoleremmo nel buoio, saremmo subalterni alla borghesia e al capitalismo e ragioneremmo e ci muoveremo come dei borghesi. Essi ci hanno fornito gli elementi ideologoci, teorici, politici e organizzativi per conoscere e trasformare il mondo e noi stessi. A noi spetta, in qualità di loro allievi, di studiare le loro teorie, metodi di analisi ed esperienze e applicare nelle nostre condizioni concrete i loro insegnamenti. Da Mao non si finisce mai di imparare. Tanto sono ricche la sua esperienza e la sua elaborazione teorica e politica accumulate nel corso dei 28 anni della rivoluzione di nuova democrazia (1921-1949), contrassegnata dalla prima guerra civile rivoluzionaria (1924-1927), dalla seconda guerra civile rivoluzionaria (1927-1937), dalla guerra di resistenza contro il Giappone (1937-1945), dalla terza guerra civile rivoluzionaria (1945-1949), e nel corso dei successivi ventisette anni di rivoluzione socialista e di edificazione del socialismo, i cui ultimi dieci anni sono stati marcati dalla Grande rivoluzione culturale proletaria. Un'esperienza rivoluzionaria enorme, lunga complessivamente 55 anni, unica al mondo per durata, complessità, arricchimenti teorici, congiunture internazionali, che ha un valore non solo cinese ma mondiale. Enorme, per l'influenza che la rivoluzione cinese ha esercitato nel mondo, per il ruolo internazionale che il pensiero e l'opera di Mao hanno svolto nella lotta contro l'imperialismo e il revisionismo, specialmente dopo la morte di Stalin, allorché i revisionisti dei vari paesi comunciarono a manovrare per liquidare i partiti comunisti storici e i paesi socialisti. Mao è un modello di marxista-leninista Prima di procedere però non possiamo non dire qualcosa sulla splendida e straordinaria vita di Mao, perché anche sul piano personale egli ha qualcosa da dire a tutti noi, giovani, persone di mezza età e anziani. Mao per noi è un modello di marxista-leninista. Non c'è infatti alcuna fase della sua vita in cui egli si è "messo a sedere", si è considerato "arrivato", soddisfatto di sé e pago di quello che aveva già fatto per il popolo cinese e per la causa del socialismo. Fino all'ultimo ha avuto lo spirito delle giovani Guardie rosse, l'ultima sua grande impresa storica, la Grande rivoluzione culturale proletaria, l'ha compiuta proprio negli ultimi dieci anni della sua vita, tra i 73 e i quasi 83 anni di età. A riprova che si può essere rivoluzionari attivi per tutta la vita e che si può persino svolgere un ruolo dirigente anche in età molto avanzata. Con questo non si deve pensare, sarebbe un grave errore, che Mao sia un dio al di sopra dei comuni mortali, un personaggio mistico e mitico, una specie di superman. Tutt'altro. Egli è stato solo e unicamente un vero marxista-leninista, anche quando è divenuto un maestro di rivoluzione a livello internazionale, che ha svolto fino in fondo - e senza pensare a se stesso e alla fortuna sua e della sua famiglia, come invece fanno i politicanti borghesi italiani - il ruolo e i compiti che la storia, le circostanze, il popolo cinese e il movimento operaio internazionale gli hanno assegnato. Mao ha vissuto i problemi che ciascun figlio del popolo cinese normalmente viveva nell'infanzia, nell'adolescenza e nella gioventù dell'epoca. Solo che egli era profondamente animato dalla ferma volontà di "salvare la Cina" dall'imperialismo e di emancipare il popolo cinese, e da un potente spirito combattivo che in età adulta si ritrova sintetizzato in alcune sue stupende poesie e discorsi. Tre sue citazioni possono bastare per capire quanto grande sia stata la combattività di Mao, e come egli, con l'esempio, l'azione e la parola, l'abbia saputa trasfondere nei marxisti-leninisti e nei rivoluzionari cinesi e di tutto il mondo. Dopo aver attraversato per la prima volta nei due sensi lo Yangtze (Yang tse) nuotando per un totale di 12 km all'età di 63 anni, egli così si esprime in una poesia: "Non mi importa delle raffiche del vento e dei colpi dell'onda, ciò è molto meglio che passeggiare ozioso in un giardino". In un'altra poesia del maggio 1965 scrive: "non c'è nulla di impossibile al mondo per chi osa scalare le vette". E in un importante discorso alla Conferenza nazionale di propaganda del Partito comunista cinese, tenutasi il 12 marzo 1957, egli afferma: "`Chi non ha paura di morire di mille ferite, osa disarcionare l'imperatore' - questo è l'indomabile spirito necessario nella nostra lotta per il socialismo e il comunismo". Mao applicava la morale e lo stile di vita e di lavoro proletari a se stesso prima che agli altri, e aveva un'infinita premura verso i compagni e il popolo cinesi, soprattutto verso i giovani, su cui si è sempre appoggiato nelle varie fasi della rivoluzione e ai quali affidava l'avvenire della rivoluzione, e verso le donne, che egli, fin da giovane e non ancora marxista-leninista, spronava a emanciparsi dalla morale e dai costumi feudali e dalla concezione feudale della famiglia, del matrimonio e dell'amore. Mao non metteva mai in primo piano se stesso, ma le masse e la rivoluzione. E quando parlava di sé lo faceva o per assumersi tutte le responsabilità degli errori riconosciuti commessi dal Partito per sua colpa o per esprimere le proprie insufficienze o propositi di migliorare. Egli formava un corpo unico col Partito, con l'Esercito popolare e con le masse cinesi, quasi respirasse con gli stessi polmoni e avesse lo stesso cuore. Mangiava il loro stesso cibo e viveva come essi vivevano. In ogni periodo della sua vita, compreso quello in cui occupava la più alta carica dello Stato, Mao ha praticato uno stile di vita fatto di semplicità e di ardua lotta. All'inizio degli anni '60, trovandosi la Cina in difficoltà economiche, egli non mangiava né carne, né uova, né frutta. Fino a quando le forze glielo hanno concesso ha continuato a coltivare il suo modesto orto, e dopo che è morto non gli hanno trovato né oro né altre ricchezze, ma delle pantofole riparate più volte, una veste da camera le cui maniche sostituite erano rammendate ai gomiti, un paio di scarpe di cuoio che portava dal 1949, e una coperta di spugna che teneva sul letto rammendata venti volte. La sua indicazione, secondo cui i marxisti-leninisti devono "servire il popolo con tutto il cuore e non solo con metà, o con due terzi"(1), la considereva per se stesso come una legge assoluta e inderogabile. La modestia di Mao era senza limiti. Non ha mai ricercato per sé meriti, onori, medaglie e monumenti. Alla vigilia della fondazione della Repubblica popolare cinese convinse il Partito a non celebrare pubblicamente i compleanni dei dirigenti del Partito, a non dare loro dei regali e il loro nome alle città, strade e imprese e inoltre a "non mettere compagni cinesi sullo stesso piano di Marx, Engels, Lenin, Stalin. I nostri rapporti con loro - specificava Mao - sono tra studenti e maestri, e così deve essere. Rispettare queste norme significa avere un atteggiamento di modestia"(2). Anche quando il Partito voleva immortalarlo citandolo nella prima Costituzione della Repubblica popolare cinese del 1954, allora era presidente della Repubblica, Mao lo sconsigliò usando queste educative parole: "Vorrei chiarire una questione. Secondo alcuni, certi articoli sono stati tolti dal progetto di Costituzione a causa della particolare modestia di alcune persone. Non è questa la spiegazione. Non si tratta di modestia, ma del fatto che insierire quegli articoli sarebbe stato inopportuno, irrazionale, non scientifico. In un paese di democrazia popolare come il nostro, articoli così inopportuni non devono essere scritti nella Costituzione. Non si tratta di cose che avrebbero dovuto essere inserite e poi non lo sono state per modestia. Per quel che riguarda la scienza non si tratta di essere modesti o meno. Redigere una costituzione è fare un lavoro scientifico. Noi non crediamo a niente altro se non alla scienza, ciò significa che non bisogna avere miti. Sia per i cinesi che per gli stranieri, si tratta di vivi o di morti, ciò che è giusto è giusto, ciò che è sbagliato è sbagliato, altrimenti si ha il mito. Bisogna liquidare i miti"(3). Fare la rivoluzione è stata l'unica grande aspirazione di Mao e non quella di conquistare meriti, allori e un posto nella storia. Il suo assoluto disinteresse personale, la sua modestia e il suo grande ripsetto delle masse è dimostrato anche dalle seguenti sue affermazioni: "I veri eroi sono le masse, mentre noi siamo spesso infantili e ridicoli; se non comprendiamo questo, non potremo acquisire neppure le nozioni più elementari"(4). "Io sono un eroe per mancanza di altri"(5). "Imparare dalle masse insieme con tutti i compagni del Partito, continuare a essere il loro allievo; questo è il mio desiderio"(6). Mao è nato il 26 dicembre 1893 nel villaggio di Shaoshan, nella provincia dello Hunan (Hunan), da una famiglia contadina, in una Cina feudale e coloniale in balia dell'imperialismo, ed è morto il 9 settembre 1976 a Pechino, in una Cina affrancata dall'imperialismo, dal feudalesimo, dal colonialismo e dal capitalismo grazie alla sua direzione ideologica, politica, militare e organizzativa. Mao non è nato marxista-leninista, ma lo è divenuto quando già era un giovane maturo, all'età di 27 anni, perché solo allora, nel 1920, scopre e legge "Il Manifesto del Partito comunista" di Marx ed Engels che fa immediatamente suo e mette in pratica organizzando politicamente per la prima volta i lavoratori. In precedenza era un giovane progressista antimperialista che "cercava la verità nei fatti" e la via e i mezzi per liberare la Cina dal dominio del feudalesimo, del colonialismo e dell'imperialismo. A diciotto anni entra nel movimento rivoluzionario, l'anno dopo diventa un leader degli studenti e negli anni successivi comincia a collegarsi con i lavoratori per i quali istituisce dei corsi serali di studio. Nel 1936, nella base rossa dello Yan'an (Yenan), rievocando al giornalista americano Edgar Snow le sue esperienze giovanili pre-marxiste. Mao rivelò che "a quel tempo le mie idee erano uno strano miscuglio di riformismo democratico, liberalismo, e socialismo utopistico. Avevo una specie di vaga passione per la `democrazia del XIX secolo', per l'utopismo e il liberalismo vecchio stampo ed ero decisamente antimilitarista e antimperialista"(7). La verità rivoluzionaria, le idee giuste e scientifiche, la strada vincente per salvare la Cina, dopo una lunga, intensa e appassionata ricerca, Mao le trovò nel marxismo-leninismo, il che causò una svolta radicale alla sua vita e alla rivoluzione cinese. Con la costituzione del Partito comunista cinese, avvenuta il 1° luglio 1921, di cui egli è il fondatore, assieme a altri undici delegati, la storia di Mao diventa tutt'uno con la storia del Partito, della rivoluzione e del popolo cinesi. Questa storia non è stata una passeggiata in un giardino di rose. Mao non si è formato nelle biblioteche, anche se l'ha frequentate assiduamente in gioventù: una volta si rinchiuse nella biblioteca provinciale dello Hunan per giorni e giorni dall'ora di apertura all'ora di chiusura, uscendo solo per un breve intervallo per mangiare due pizze di riso, che era tutto quello che si poteva permettere. La sua università è stata la lotta di classe, che egli ha praticato intensamente in prima persona senza risparmio di energie in tutto l'arco della sua vita. La fucina che l'ha forgiato, che gli ha dato un'impronta indelebile proletaria rivoluzionaria, è stata l'epica Lunga Marcia, ossia il trasferimento strategico generale dell'Esercito rosso centrale guidato da Mao per sfuggire alla più pericolosa campagna di "accerchiamento e annientamento" lanciata dalle forze reazionarie del Guomindang (Kuomintang). "La Lunga Marcia è stata una impresa mai vista nella storia"(8), afferma Mao e questo giudizio è confermato dallo Snow secondo cui "al paragone la marcia di Annibale attraverso le Alpi è soltanto una gita di piacere"(9). Basti pensare che l'Esercito rosso centrale in dodici mesi, dal 16 ottobre 1934 al 20 ottobre 1935, ha percorso a piedi ben 12.500 chilometri attraversando 12 province, territori abitati da oltre 200 milioni di persone, 24 fiumi, tra cui l'invincibile Yangtze, 18 catene montuose, alcune delle quali innevate e mai scalate, paludi dove non si era mai avventurato essere umano; nutrendosi, nei momenti peggiori, di erbe selvatiche, topi, bacche, frumento secco sciolto in acqua calda, pezzi di cuoio bolliti, brodo degli stivali, di mais e grano crudo i cui chicchi non digeriti venivano raccolti dalle feci, lavati e rimangiati dai soldati che passavano successivamente; muovendosi di frequente di notte, bombardato ogni giorno da decine di aerei e attaccato di frequente da terra con qualche centinaia di migliaia di soldati. Secondo certe stime, erano partiti dallo Jiangxi (Kiangsi) meridionale in ottantaseimila tra uomini e donne e arrivano nello Shaanxi (Shensi) del Nord in circa quattromila. Mao aveva portato con sé, secondo una testimonianza, "una borsa di libri, un ombrello rotto, due coperte, un soprabito malandato e una tela cerata". E' proprio durante la Lunga Marcia, dopo che aveva dato prova delle sue capacità politiche e militari e manifestato la sua tempra di combattente e dirigente marxista-leninista, che Mao si guadagnò la massima carica del Partito, nella storica riunione allargata dell'Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista cinese, tenutasi nel gennaio 1935 a Zunyi (Tsungi). Questo avvenimento costituisce il trionfo della linea marxista-leninista di Mao sulla linea revisionista di "sinistra" che aveva causato gravi danni alla rivoluzione cinese e che si era manifestata dopo la sconfitta della deviazione revisionista di destra del primo segretario generale del Partito, Chen Duxiu (Chen Tu-hsiu). Tuttavia questa vittoria non mise fine alla lotta tra le due linee all'interno del Partito. Altre e più dure ne seguirono contro i revisionisti di destra e di "sinistra" nelle varie fasi della rivoluzione cinese e dell'edificazione del socialismo, l'ultima lotta si è svolta, poco prima che Mao morisse, contro la banda revisionista e fascista di Deng Xiaoping che intendeva restaurare il capitalismo in Cina, la qualcosa poi è riuscita a fare una volta scomparso il padre della nuova Cina. Difendendo, applicando, approfondendo e sviluppando il marxismo-leninismo nel corso della rivoluzione più lunga e complessa della storia e nella lotta contro l'imperialismo e il socialimperialismo e contro il revisionismo moderno, che dopo il famigerato XX Congresso del PCUS del febbraio 1956 ha esteso a livello internazionale, Mao è divenuto un grande maestro del proletariato internazionale, delle nazioni e dei popoli oppressi dello stesso valore di Marx, Engels, Lenin e Stalin. Il pensiero e l'opera di Mao costituiscono una miniera inesauribile di insegnamenti, estremamente preziosi per chiunque voglia veramente lottare per la causa del proletariato e del socialismo. Oggi ne mettiamo in evidenza soltanto tre, che ci sembrano particolarmente attuali. Trasformare il mondo e noi stessi Mao ci ha insegnato a trasformare il mondo e al contempo noi stessi. Ce lo ha insegnato dandocene l'esempio con la propria vita rivoluzionaria, portando al successo la ciclopica opera del proletariato e del popolo cinesi di abbattere il vecchio mondo e di costruirne uno completamente nuovo corrispondente alle necessità della classe operaia e delle masse lavoratrici, e infine educandoci in tal senso. Integrare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao con la realtà concreta Mao ci ha insegnato a integrare la verità universale del marxismo-leninismo con la pratica concreta della propria rivoluzione, al fine di risolvere i problemi che via via si presentano durante la lotta di classe e di portare alla vittoria la rivoluzione. Per fare la rivoluzione, ci vuole un partito rivoluzionario Il terzo e ultimo insegnamento che noi poniamo oggi alla comune riflessione è il fulcro del pensiero organizzativo del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Si tratta del Partito, senza il quale il proletariato non è in grado di fronteggiare la classe dominante borghese, soddisfare le proprie esigenze immediate, costituire sotto la propria direzione un largo fronte unito delle classi e dei gruppi sociali amici e alleati, assolvere i suoi compiti rivoluzionari, organizzare, fare e vincere la rivoluzione socialista. (Giovanni Scuderi, "Seguiamo l'esempio e gli insegnamenti di Mao", in "Mao e la lotta del PMLI per il socialismo", pagg. 392-398, 404, 407, stampato a cura della Commissione per il lavoro di stampa e propaganda del CC del PMLI, dicembre 1993) NOTE 1 Mao, Perseveriamo in una vita semplice e in una lotta ardua e teniamo rapporti stretti con le masse, (marzo 1957), opere scelte, vol. 5°, Edizioni Einaudi, p. 602 2 Mao, Combattere le idee borghesi all'interno del Partito, (12 agosto 1953), Ibidem, p. 123 3 Mao, Sulla bozza di Costituzione della Repubblica popolare cinese, (14 giugno 1954), ibidem, p. 169 4 Mao, Prefazione e poscritto a "Inchiesta sulle campagne", (marzo 1941), opere scelte, vol. 3°, Edizioni in lingue estere - Pechino, pp. 9-10 5 Mao, Una lettera del 6 luglio 1966 6 Mao, Opera citata nella nota n. 4, stessa p. 7 Edgar Snow, "Stella rossa sulla Cina", Edizioni Einaudi, 1974, p. 168 8 Mao, Sulla tattica contro l'imperialismo giapponese, (27 dicembre 1935), opere scelte, vol. 1°, p. 170 9 Edgar Snow, ibidem. pp. 253-254 |