La scuola in rivolta contro la Gelmini Precari e studenti sul piede di guerra contro i tagli all'istruzione pubblica. Confusione e irregolarità sulle nomine dei precari. Disastrosa carenza di personale. In Sicilia classi di 40 alunni in presenza di disabili. Intanto monta la protesta anche nelle università Il PMLI appoggia le lotte dei lavoratori e degli studenti e rinnova l'esortazione alla Cgil e ai sindacati di base di proclamare subito lo sciopero generale della scuola e dell'università con manifestazione nazionale a Roma sotto Palazzo Chigi La "scuola dell'efficienza" targata Gelmini si è rivelata nella pratica solo un bluff propagandistico, quando, dall'apertura dell'anno scolastico, il caos regna sovrano in ogni settore della scuola pubblica italiana, dalla didattica, alla gestione dei compiti del personale Ata. Le principali vittime di questa situazione di ingovernabilità della scuola italiana sono i lavoratori, soprattutto se precari, gli studenti e le loro famiglie, tanto che il Codacons, che difende i diritti del consumatore, ha denunciato la ministra Gelmini e i direttori degli uffici scolastici regionali per "turbativa di pubblico servizio". Al di là di quello che deciderà il tribunale, e auspichiamo che si pronunci prestissimo, condannando la ministra a pagare penalmente e a risarcire economicamente per il disastro, è evidente che l'attacco sferrato dal governo contro il servizio scolastico nazionale ha la sua principale ragione politica nella volontà di demolire l'istruzione pubblica a favore del privato. L'attacco è stato ben organizzato dai neofascisti: anzitutto, il decreto ministeriale sui contingenti da immettere in ruolo, primo passo per l'avvio del nuovo anno scolastico, è arrivato tardissimo, il 18 agosto, nel periodo in cui il personale, già sottorganico, dei provveditorati scolastici era in ferie. Per conseguenza, le assunzioni a tempo indeterminato sono state fatte non prima dell'ultima settimana d'agosto, in taluni casi addirittura in tutta fretta nella giornata del 31 di agosto, termine ultimo previsto dalla legge. Dopo l'immissione in ruolo, la riformulazione delle disponibilità per le cattedre da assegnare ai precari è stata complicatissima e laboriosa in tutta Italia: ricalcolare le disponibilità per scuola infanzia e primaria su posti comuni e di sostegno, scuola secondaria di primo e secondo grado su decine di classi di concorso più le cinque aree del sostegno, in pochissimi giorni e di corsa, è risultato di fatto impossibile. Come risultato le convocazioni per l'assegnazione delle cattedre a tempo determinato avvengono con un ritardo spaventoso, in taluni casi non sono ancora avvenute, rendendo impossibile per migliaia di studenti italiani, soprattutto del Sud, l'inizio dell'anno scolastico. Nella maggior parte dei casi i precari non sono stati convocati prima del 6 di settembre e, in taluni casi, non sono ancora stati convocati: il che significa che, partendo lo stipendio dei precari dal giorno della presa di servizio, c'è un danno economico enorme per le famiglie dei lavoratori della scuola. Se si considera che, molto spesso, i contratti scadono il 30 di giugno, ci sono lavoratori della scuola, specie nel Sud, che non hanno preso lo stipendio di luglio e di agosto, e non prenderanno quello di settembre. I tagli sono stati clamorosi e in taluni casi superavano anche il 50% dei posti disponibili l'anno precedente. Alle convocazioni per l'assegnazione delle cattedre a tempo determinato s'è visto di tutto. Nel clima d'urgenza e senza il quadro preciso delle disponibilità le procedure per l'assegnazione delle cattedre sono durate intere giornate: iniziate, poi sospese a causa dell'incertezza sulle disponibilità e sulla durata dei contratti, poi riprese un'altra volta. Ci sono stati casi di cattedre assegnate come contratti al 31 agosto che poi si rivelavano al 30 giugno; cattedre assegnate e poi tolte durante le convocazioni perché improvvisamente arrivava la comunicazione dalle scuole circa la soppressa disponibilità; cattedre assegnate e poi scomparse l'indomani all'atto della presa di servizio, con seri guai economici per i lavoratori che le avevano scelte; cattedre assegnate come intere (18 ore) che poi si rivelavano essere solo degli spezzoni orari di molto inferiori all'atto della presa di servizio. La disorganizzazione indotta dal governo e dagli uffici scolastici regionali, diramazioni sul territorio del ministero dell'istruzione, ha avuto come risultato anche che più di ventimila unità di personale della scuola dovevano ancora essere nominate all'inizio dell'anno scolastico. A Roma, all'apertura dell'anno scolastico, 8mila supplenze su 12 mila erano da assegnare. A Napoli mancavano 3.800 insegnanti e 2.500 Ata. In Sicilia le nomine si protrarranno fino alla conclusione di settembre, se non ci sono altri intoppi, altrimenti si rischia di slittare ulteriormente. Studenti e precari protestano I precari e tutto il personale della scuola su cui ricadono le conseguenze di questa situazione disastrosa, hanno reagito in maniera molto dura, affiancati dal personale di ruolo che, come i precari, si troverà in condizioni di lavoro disastroso, con classi che scoppiano. In taluni casi, come nella provincia di Agrigento, infatti, ci sono classi di 40 alunni in presenza di disabili. A Licata, in provincia di Agrigento, ci sono 2 prime superiori, con 40 alunni, e 2 con 35. In altre realtà sono state soppresse le classi iniziali e finali dei corsi così che gli studenti non possono né iscriversi, né conseguire il diploma, a meno che non lo facciano a pagamento. Ci sono scuole dove per andare avanti si richiede il contributo ai genitori per acquistare i registri, dove gli studenti sono costretti a portare carta igenica, scatole di gessetti, cancellini per la lavagna e risme di carta. Scuole sporchissime, che non si è riusciti a ripulire per mancanza di personale Ata, insomma un disastro. Tra i docenti a tempo indeterminato, inoltre, più di 10mila sono in soprannumero, hanno cioé perso la titolarità del posto nella scuola in cui lavoravano, dovendo abbandonare studenti che seguivano da anni. La protesta di tutti i lavoratori della scuola ha messo l'accento anche sul problema della sicurezza e dell'agibilità degli edifici scolastici che in tutta la penisola fa registrare livelli di emergenza, come dimostra l'altissimo numero di studenti che negli ultimi anni hanno perso la vita sepolti sotto le macerie delle loro scuole. Giorgio Rembado, presidente dell'Associazione nazionale presidi, ad apertura dell'anno scolastico ricorda: "Nel 2009 la Protezione civile aveva calcolato 20 miliardi di euro per la messa in sicurezza di tutti gli edifici, oggi il ministero non ha speso nulla". Il Codacons ha diffuso la lista dei plessi a rischio crollo, il monitoraggio del ministero resta invece secretato, ma che la situazione è disastrosa lo si evince dal fatto che gli edifici da ristrutturare sul territorio italiano sono ben 12.723 e nella sola Calabria sono più del 50% della dotazione infrastrutturale scolastica della regione. Le proteste sono iniziate in Sicilia appena 2 settimane dopo l'approvazione della finanziaria di lacrime e sangue per i lavoratori e le masse popolari, le cui conseguenze si aspettava sarebbero ricadute sulla scuola siciliana nel giro di pochi giorni. Già ad agosto la Cgil aveva denunciato l'"emergenza sociale" dipendente dai circa 12.500 posti tagliati negli ultimi due anni con la legge 133/08 e i precari avevano organizzato un presidio permanente sotto il provveditorato di Palermo, l'occupazione del provveditorato di Caltanissetta, le manifestazioni a Messina, Trapani e Ragusa. La protesta si estende in tutta Italia. Il 12 di settrembre i precari meridionali della scuola hanno inscenato una clamorosa protesta, bloccando in migliaia e per ore lo Stretto. A Palermo l'8 settembre si è tenuto una partecipato corteo cittadino. Diverse proteste anche in Campania, regione particolarmente colpita dai tagli, dove i precari hanno manifestato a Napoli, Caserta e Salerno, dove il 14 settembre, durante la manifestazione cittadina era prevista anche la consegna a Napolitano delle tessere elettorali. Assemblee partecipate il primo giorno di scuola Con l'appoggio di quasi tutti i sindacati di categoria, il primo giorno di scuola sono state indette partecipate e combattive assemblee sindacali in tutta Italia. Particolarmente combattivi i precari de L'Aquila che in un comunicato denunciano come la provincia de L'Aquila è "la più colpita dai tagli della riforma Gelmini". In tutta la provincia sono 1.033 iscrizioni in meno e almeno 700 sono studenti aquilani costretti a trasferirsi altrove senza che il governo Berlusconi abbia mosso un dito. "Nelle scuole superiori - spiega il coordinamento precari - sono complessivamente 242 i docenti di ruolo abruzzesi andati in sovrannumero". In tutte le città italiane da Nord a Sud è stato un moltiplicarsi di presidii, blocchi stradali e proteste di vario genere sempre più combattivi, grazie all'entrata in scena degli studenti a fianco del personale scolastico. Manifestazioni si sono susseguite a Venezia, Frosinone, Perugia e Grosseto, Torino e a Roma, dove nei giorni scorsi è stato organizzato un sit-in sotto il ministero. In diverse città d'Italia gli studenti hanno indossato caschi gialli da lavoro simbolo delle macerie sotto cui il governo ha sepolto la scuola pubblica. Identiche le richieste da ogni parte d'Italia un'unica richiesta il ritiro della "riforma" Gelmini e dei tagli al personale. L'intenzione è di non dare "tregua a questo governo - dice Monica Usai, dell'Unione degli studenti- Saremo in prima linea contro i tagli agli organici e al piano di offerta formativa, per opporci all'idea della Gelmini di una scuola svuotata di senso, fabbrica di precarietà e individualismo". La mobilitazione sia sul fronte del personale della scuola che su quello studentesco continuerà con diverse iniziative. Il 26 settembre un'assemblea nazionale del personale scolastico si terrà a Roma, indetta dal Presidio permanente sotto Montecitorio, mentre l'8 ottobre gli studenti medi parteciperanno al NoGelminiday, con cortei programmati in moltissime città tra cui Torino, Genova, Milano, Roma, Napoli, Bari, Trieste, Firenze, Cagliari, Palermo. Intanto si sono mobilitati anche i ricercatori e gli studenti universitari e dal 4 al 6 ottobre in tutti gli atenei ci saranno occupazioni, assemblee di facoltà, seminari di informazione sulla controriforma Gelmini, mentre il 12 ottobre, quando alla Camera dovrebbe iniziare la discussione sul disegno di legge Gelmini, è stato convocato un corteo nazionale a Roma. Debole finora la risposta sindacale: nonostante la mobilitazione capillare su tutto il territorio nazionale, il segretario generale della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo, ha annunciato soltanto un'ora di astensione per l'8 ottobre di tutto il comparto della conoscenza. "Successivamente - afferma la Flc-Cgil - saranno attuati scioperi ad intermittenza ogni quindici giorni". I Cobas spingono per "un grande e comune sciopero generale della scuola con manifestazioni territoriali", con data 15 ottobre, ma, almeno finora, nessuna risposta ufficiale è arrivata dagli altri sindacati. In un tempestivo comunicato dell'Ufficio stampa, il PMLI, "appoggia con entusiasmo ed ammirazione" le lotte del personale della scuola, dell'università e degli studenti medi e universitari e "rinnova l'esortazione alla Cgil e ai 'sindacati di base' di Proclamare subito lo sciopero generale della scuola e dell'università con manifestazione nazionale a Roma sotto palazzo Chigi per difendere l'istruzione pubblica, per il diritto allo studio, per la stabilizzazione dei precari, per i diritti dei ricercatori e dei lavoratori Ata". 22 settembre 2010 |