Dopo gli scandali del Policlinico Umberto I a Roma e del Cardarelli a Napoli Dietro lo sfascio della sanità pubblica Scienza medica e sanità al servizio del popolo e non del profitto capitalistico Le telecamere di Sky di recente sono sbarcate al Cardarelli di Napoli per riprendere le condizioni bestiali in cui versano gli ammalati nel Pronto Soccorso (Ps) e le condizioni di lavoro da terzo mondo in cui è costretto a operare il personale sanitario. A seguito di una ispezione al Policlinico Umberto I da parte del senatore PD Ignazio Marino, presidente della Commissione parlamentare errori sanitari, si sono accesi i riflettori anche sul Pronto Soccorso del Policlinico Umberto I di Roma. È stata documenta la presenza di ben 75 pazienti in barella addossati l'uno sull'altro, una media di 4 giorni di attesa in barella prima del ricovero, le stanze progettate per ospitare 3 pazienti che stabilmente sono occupate da 8, nonché l'assenza delle più elementari norme sulla privacy e sulle misure precauzionali per i malati affetti da patologie ad alta contagiosità infettiva, come la tubercolosi. Ha fatto scalpore il caso di una ammalata di Alzheimer in coma, che sarebbe stata legata alla barella per quattro giorni. I mass media del regime neofascista sembrano dunque avere scoperto quello che le masse popolari sanno da anni, ossia che i grandi ospedali italiani sono dei lazzaretti. Quello che sta emergendo è soltanto la punta dell'Iceberg, e riguarda Roma come tutto il paese, i Ps (Pronto soccorso) come tutti i settori della assistenza sanitaria. La situazione è ben più grave e drammatica al Sud, nelle periferie e nei paesi sperduti e abbandonati. Occorre dire che a determinare questa situazione di sfacelo totale della "sanità pubblica" è stata: 1) la mannaia calata su quel che resta del sistema sanitario nazionale dai governi della devoluzione e delle privatizzazioni, da D'Alema a Prodi, da Berlusconi a Monti. Basta pensare al taglio di piccoli ospedali e posti letto pubblici per acuti: ben 45mila in meno nel decennio governato dal neoduce di Arcore, con nuove preannunciate sforbiciate che stanno per abbattersi sulle regioni commissariate, oltre al Lazio, la Campania e la Puglia. 2) L'ultradecennale saccheggio dei fondi pubblici da parte delle cricche piduiste, clericali e "mafiose" che operano sia nella sanità "pubblica" che in quella privata convenzionata e che hanno in pugno molti primari, molti assessorati alla sanità, molti governatori. Vedi gli scandali che hanno coinvolto da Storace a Formigoni a Fitto, da Del Turco a Lombardo, da Bassolino a Chiaravalloti. 3) L'impreparazione e l'incapacità gestionale dei manager, plurimilionari e di nomina da parte dei partiti del regime neofascista sono il riflesso del fatto che costoro, quasi sempre, sono al servizio, non certo degli ammalati, ma di un sistema clientelare legato ai favoritismi, alle clientele private, al controllo di ampi pacchetti di voti e della mangiatoia dei capitolati di appalto e subappalto. Ricordiamo al manager Antonio Capparelli ed alla governatrice Polverini che proprio l'Umberto I era balzato agli onori della cronaca per lo scandalo dei rifiuti stoccati nei sotterranei utilizzati per il trasporto dei pazienti e lo scandalo dei tubi per gas medicali (170° - 7 atm) che erano intrecciati agli impianti elettrico ed alle condutture idriche. Sono passati 5 anni, e i soldi stanziati allo scopo (ben 18 milioni di euro) sono stati sperperati per mancanza di controllo sui lavori, e senza cavare un ragno dal buco. Più in generale è stato calcolato che almeno il 15-20% del budget destinato alla sanità nel Lazio evapora per oliare la corruzione. L'elenco delle responsabilità tecniche si saldano a quelle politiche. Per quanto riguarda il sovraffollamento dei Ps (135 mila accessi all'anno per il solo Umberto I) In primo luogo occorre considerare l'inadeguatezza del numero dei posti letto di rianimazione, la mancanza di una seria rete ospedaliera di emergenza che coordini la disponibilità dei posti nei reparti d'urgenza e permetta di decongestionare l'afflusso ai grandi ospedali, ma anche la mancanza assoluta di una rete pubblica e gratuita di posti per la lungodegenza che permetta di assicurare una assistenza decente ai disabili, ai malati cronici e non autosufficienti, che invece "pesano", anche economicamente, sulle spalle delle famiglie, e in particolare delle donne. Se a questo si aggiungono le liste di attesa infinite per una visita o un esame strumentale e i mille disservizi del "pubblico" che finiscono per favorire soltanto la sanità per ricchi (ossia la sanità per "gli amici degli amici" e la lucrosa sanità privata convenzionata), non deve stupire se l'utenza che attualmente affolla i Ps sia costituita in larga misura da anziani poveri e malati cronici, da coloro che cercano nel Ps una indagine diagnostica, o semplicemente una visita medica, semmai perché non hanno la possibilità di pagare gli odiosi e sempre più esosi ticket e balzelli o le oscene tariffe della sanità convenzionata (oltre 100 euro per un ecodoppler venoso degli arti inferiori), oppure dai senza tetto e dai migranti che privi del permesso di soggiorno non hanno neanche il medico di base di riferimento. Se si aggiunge la situazione pietosa dei servizi di guardia medica, rifugio precario per chi nella categoria non ha "santi in paradiso", se si aggiunge il blocco del turn over che sovraccarica fino all'inverosimile il personale medico e infermieristico ospedaliero, il quadro del disastro forse può dirsi completo. Ma c'è anche un discorso più antico e profondo che riguarda l'assetto della medicina borghese, il legame tra la medicina accademica, la medicina di base, la specialistica ambulatoriale e la medicina ospedaliera. I professionisti di questi ultimi tre grandi settori della sanità occupano un posto nevralgico all'interno del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Purtroppo sono formati nelle Facoltà di medicina, sono indottrinati cioè da quei baroni, che tramandano di generazione in generazione una visione frammentata, super-specialistica, nozionistica ed assolutamente dogmatica del corpo umano e funzionale esclusivamente alla cattedra, una visione che poi all'atto pratico si rivela non solo del tutto inadeguata per affrontare e risolvere anche i bisogni più elementari dei pazienti ma persino dannosa per la loro salute. Forse che i baroni universitari ed ospedalieri non sono collegati da mille fili di interessi, più o meno occulti, con le case farmaceutiche e con le case di cure e i centri diagnostici privati? Non occorre forse spazzare via il monopolio delle case farmaceutiche sul cosiddetto "aggiornamento continuo post-laurea" dei medici? Gli pseudo-medici prescrittori di farmaci non sono forse miopi e frettolosi servi delle case farmaceutiche? Guai a generalizzare. Ci sono tanti medici di base, specialisti ambulatoriali e medici ospedalieri in buona fede, che non svolgono il doppio lavoro (nel pubblico e nel privato, ossia traghettando i pazienti dal primo al secondo), che non sono nei consigli di amministrazione delle multinazionali del farmaco o soci di case di cura, che non mirano a speculare sui pazienti, come coloro che fanno incetta di pazienti al solo scopo di aumentare i guadagni. Il problema però è che l'ideologia e la cultura medica dominante influenza pesantemente anche loro, per questo raramente denunciano ciò che sanno e vedono quotidianamente intorno a loro. Quanti sono i pazienti che si rivolgono al Ps per danni causati da abuso di farmaci? Quante le ulcere da anti-infiammatori? Quante le immunodepressioni da cortisonici? Quante le reazioni avverse agli antibiotici, prescritti per una banale faringite? Quanti bambini e madri in gravidanza sono state terrorizzate e vaccinate senza criterio? Quanti pazienti arrivano al Ps dalle case di cura private che non sono in grado di gestire ricoveri "complessi"? Parlando del sovraffollamento degli ospedali sarebbe interessante calcolare non solo quanto incida la mancanza di un efficiente ed efficace sistema di assistenza sociale e sociosanitaria, di assistenza domiciliare integrata, di assistenza geriatrica, di assistenza ai pazienti non autosufficienti, ma anche quanti ricoveri potrebbero essere evitati se soltanto la miope medicina borghese cessasse di ostinarsi a considerare cenerentola la medicina del lavoro, la scienza dell'alimentazione, lo studio della patologie sociali ed ambientali. Quanti sono i pazienti che affollano i Ps per incidenti sul lavoro? Quante le overdosi e le complicanze della tossicodipendenza e dell'alcolismo? Quanti disturbi psico-somatici da depressione e disperazione? Battiamoci allora per difendere e potenziare la sanità pubblica e gratuita. Liberiamola dalle cosche mafiose che la governano. Azzeriamo i debiti e gli interessi sui debiti contratti con le lucrose strutture private e cattoliche, anzi espropriamole senza indennizzo per riconvertirle in strutture pubbliche socio-sanitarie. La scienza medica e la sanità devono essere al servizio del nostro popolo e non del profitto capitalistico. 21 marzo 2012 |