Lo denuncia Rossi, direttore dell'Ufficio studi di Bankitalia "Siamo ritornati alla schiavitù" "Il mercato del lavoro in Italia è tornato indietro di 150 anni. Troppa flessibilità, libertà di licenziare, contributi esigui, ferie, malattia e maternità non pagate: siamo di fronte ormai a forme di neo-schiavitù, soprattutto per i giovani. Centinaia di migliaia di ragazzi entrano nel mercato del lavoro in condizioni da ferriere ottocentesche". Non usa giri di parole il professor Salvatore Rossi per denunciare il nefasto fenomeno del precariato. Affermazioni durissime e pesanti considerato che non vengono dagli organizzatori della manifestazione del 4 novembre scorso che hanno portato in piazza 200 mila persone, e neppure dalla Fiom. A farle, in occasione della presentazione di un libro sull'economia, è nientemeno che un alto funzionario di Bankitalia, un teorico dell'economia borghese e capitalista. Il professor Rossi è infatti un economista liberale, studioso di storia, laureato in matematica e autore di vari libri. E tra le altre cose ha aggiunto: "Dopo il periodo della moderazione salariale (1992-1995) nel nostro paese ci sono state massicce iniezioni di flessibilità in entrata. È stato come infilare una siringa in una gamba, con un laccio emostatico per bloccare la risalita del sangue: ma se si continua a spingere nella siringa, alla fine la gamba cade". Insomma che l'Italia è malata di precarietà lo riconosce anche l'esperto di Bankitalia. Con buona pace di Prodi, del suo governo e della stragrande maggioranza dei partiti del "centro-sinistra", che teorizzavano già negli anni '90 la flessibilità del lavoro quale strumento per rendere l'Italia "moderna" e pontificavano definendo "superato" il concetto di posto fisso in nome della flessibilità e competitività. Che poi sono gli stessi che hanno confezionato il famigerato pacchetto Treu che ha istituzionalizzato la precarietà anche mediante l'odiata legge 30 e che oggi, insieme a Montezemolo, non solo non chiedono l'abrogazione delle suddette leggi sul precariato come rivendica la stragrande maggioranza dei lavoratori, ma invocano l'avvio di una "fase due" incentrata sulle liberalizzazioni, le privatizzazioni e sulle "riforme" neoliberiste, in primis quella delle pensioni. 6 dicembre 2006 |