La "sinistra" borghese ricorre a un vescovo per salire al potere in Paraguay

Monsignor Fernando Lugo è il nuovo presidente della Repubblica del Paraguay e si insedierà il prossimo 15 agosto al posto del presidente uscente Nicanor Duarte Frutos del Partido Colorado, il partito che ha tenuto il potere negli ultimi 60 anni.
Nelle elezioni del 20 aprile hanno partecipato al voto circa il 65% dei 2,8 milioni di elettori. Fernando Lugo ha ottenuto 700 mila voti, pari al 40,8% dei voti validi, e ha battuto la candidata Blanca Ovelar, ministro dell'istruzione sponsorizzata da Duarte Frutos che ha ottenuto 530 mila voti e il 30,7%, e l'ex-generale golpista Lino Oviedo che si è fermato a 379 mila voti, pari al 21,9%.
Lugo era sostenuto dalla Alianza patriotica para el cambio, un cartello elettorale che va dalle formazioni di "sinistra" al partito liberale radicale il cui leader, Federico Franco, sarà vicepresidente; un cartello che ha raccolto le forze della "sinistra" borghese che è così riuscita a salire al potere scalzando il sessantennale dominio della destra rappresentata dal partito colorado. Un dominio iniziato nel 1948 con una vittoria elettorale, proseguito con la lunga dittatura del generale Alfredo Stroessner dal 1954 al 1989 e con la gestione della farsa della cosiddetta "transizione democratica", affidata negli ultimi anni a Duarte Frutos.
Monsignor Fernando Lugo ha 57 anni, è stato ordinato sacerdote nell'ordine del Verbo divino nel 1977; missionario in Ecuador per cinque anni, laureato in "spiritualità e sociologia" alla Pontificia università gregoriana di Roma, si avvicinò alla Teologia della liberazione. La corrente condannata dalla gerarchia ecclesiastica nel 1984 dalla Congregazione della dottrina della fede, presieduta dall'allora cardinale Joseph Ratzinger, che approvò l'"opzione preferenziale per i poveri" scelta dai partecipanti alle conferenze episcopali a Puebla e Medellin ma la condannò nel principio secondo cui la redenzione è possibile solo attraverso l'impegno sociale.
Lugo nel '94 venne nominato vescovo di San Pedro, la regione più povera del Paraguay. Dava vita a un movimento politico, chiamato Tekojoja, che in lingua guaraní vuol dire "uguaglianza". A metà del 2006 annunciò al Vaticano l'intenzione di dimettersi per correre alle presidenziali alla testa del cartello della "sinistra" borghese che si sarebbe formato per strappare il potere alla destra. Papa Ratzinger negò al vescovo la "riduzione allo stato laicale", assecondando l'esplicita richiesta di Duarte Frutos che sperava in questo modo di impedirne la candidatura. Alla fine del 2006 dal Vaticano arrivò solo la sospensione a divinis.
Quali sono i riferimenti di Lugo lo ha confessato lui stesso in una intervista alla vigilia del voto quando aveva affermato che "io mi rifaccio all'opzione preferenziale per i poveri che la chiesa ha scelto nelle conferenze episcopali di Puebla e Medellin. Ma la mia opzione per i poveri è pastorale, non è la lotta di classe proposta dalla sinistra politica che porta allo scontro e alla violenza. Molti mi vedono come un uomo di sinistra ma io mi considero di centro, nel senso che voglio essere nel centro del cuore del popolo, e della credibilità che può unire tendenze diverse".
La vittoria di Lugo in Paraguay consegna alla "sinistra" borghese l'ennesima nazione del Sudamerica; a questo punto nel continente "resiste" solamente la Colombia del reazionario Uribe anche se nell'alleanza con l'imperialismo americano è affiancata dal Perù del socialdemocratico Garcia. Non per questo il Paraguay di Lugo avrà vita facile, schiacciato dagli iniqui accordi firmati dal dittatore Stroessner negli anni '70 con Brasile e Argentina, i due potenti paesi vicini che ne sfruttano le risorse idriche per generare energia elettrica, e il territorio per la coltivazione della soia e dei biocarburanti.
Accordi che né il brasiliano Lula né l'argentina Cristina Kichner sono disposti a cancellare.


30 aprile 2008