La sinistra palestinese contraria al "negoziato di pace" con Israele La foto dell'incontro del 3 settembre a Washington immortala la segretaria di stato Usa Hillary Clinton sorridente in mezzo al premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente dell'Anp, Mahmoud Abbas (alias Abu Mazen), che hanno formalmente avviato il negoziato di pace diretto, l'ennesimo, tra Israele e l'Autorità nazionale palestinese, sotto la sponsorizzazione del presidente americano Barack Obama. Una scena che nel corso degli ultimi decenni abbiamo visto più volte e che si è sempre conclusa con un nulla di fatto per il popolo palestinese. E anche questa volta è da ritenere che il nuovo "clima costruttivo" auspicato da Obama si concluda nello stesso modo. Le premesse sono le stesse; il boia sionista continua a tenere sotto assedio la striscia di Gaza e espande le colonie in Cisgiordania e i quartieri sionisti nella Gerusalemme occupata, il suo dirimpettaio palestinese, col mandato scaduto da quasi due anni, si è distinto di recente solo per aver arrestato centinaia di militanti di Hamas in Cisgiordania, ritenuti responsabili di attacchi della resistenza contro gli occupanti sionisti. Non pago, il 28 agosto la polizia dell'Anp ha impedito ad alcune centinaia di persone di partecipare ad una conferenza, promossa dal Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) e da altre formazioni della sinistra palestinese, che prevedeva la presenza di una serie di esponenti politici contrari alla ripresa dei negoziati. Diverse organizzazioni hanno manifestato a Ramallah contro i negoziati "farsa" e mentre Abbas partiva alla volta degli Usa Hamas definiva i colloqui di Washington "illegali e destinati a fallire". Il principale esponente di Hamas a Gaza, Mahmoud Zahar, ribadiva che "non esistono alternative alla resistenza armata". Il 3 settembre tredici fazioni armate palestinesi annunciavano di avere unito le forze per "creare un centro di coordinamento per le operazioni contro il nemico". Il portavoce delle Brigate Ezzedim al-Qassam, braccio armato di Hamas, assieme a rappresentanti degli altri gruppi della resistenza in una conferenza stampa tenutasi a Gaza annunciava che "siamo entrati in una nuova fase della resistenza palestinese e che si tratta di una fase avanzata del lavoro jihadista che lascerà il segno sul nemico occupante''. Il dissenso verso i negoziati farsa è forte anche in Fatah, il partito di Abu Mazen, ed è stato espresso da Marwan Barghouthi, il leader di Fatah in prigione in Israele dal 2002, che in un'intervista a un giornale arabo ha sostenuto: "i negoziati sono destinati al fallimento. Abu Mazen ha ripreso i colloqui solo per le pressioni dei paesi arabi ma queste trattative falliranno, così come è avvenuto in passato, perché Israele non ha intenzione di arrivare alla pace e non rispetterà gli impegni". Anche il presidente iraniano Ahmadibejad il 3 settembre ha ribadito la contrarietà di Teheran al "negoziato di pace" e ripetuto che il futuro dei palestinesi non si decide a Washington, "lo decide la resistenza dei palestinesi in Palestina". 8 settembre 2010 |