I sionisti imperialisti fanno una strage di palestinesi a Gaza Dal 17 gennaio i sionisti di Tel Aviv hanno imposto un blocco illegittimo alla Striscia di Gaza col taglio totale dei principali rifornimenti che ha costretto il 20 gennaio il governo di Hamas a disattivare l'unica centrale termoelettrica di Gaza che rifornisce all'incirca il 30 percento del territorio. Il blocco totale dei varchi della Striscia era stato deciso dal governo sionista dopo che le continue incursioni dei soldati israeliani e i bombardamenti aerei che hanno causato una nuova strage di palestinesi si erano dimostrati inutili a fermare le azioni della resistenza. Durante le incursioni dei reparti israeliani all'interno del territorio di Gaza del 16 gennaio vi sono stati almeno 19 palestinesi morti e una cinquantina di feriti. I reparti corazzati israeliani hanno attaccato ripetutamente nelle zone di Zaitun, presso Gaza, e di Beit Lahiya, nel nord della Striscia. L'avanzata di un commando di soldati sionisti era stato bloccato dalla resistenza palestinese; il successivo intervento dei mezzi blindati e degli elicotteri israeliani è stato fronteggiato da dozzine di combattenti palestinesi che pur disponendo di sole armi leggere hanno tenuto impegnati per diverse ore gli aggressori. Nelle stesse ore le forze armate israeliane intervenivano anche a Nablus in Cisgiordania dove circondavano la casbah ed effettuavano diversi arresti. La caccia ai membri della resistenza si concluderà due giorni dopo con l'assassinio di un dirigente delle Brigate dei martiri di al-Aqsa, il gruppo armato legato a al Fatah del presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen. La resistenza palestinese rispondeva agli attacchi su Gaza col lancio di diversi razzi sulla città di Sderot e il boia Olmert e il suo ministro degli Interni Barak ordinavano la chiusura dei valichi di accesso alla Striscia di Gaza. Con i rifornimenti di energia elettrica e di carburanti già ridotti al minimo dall'embargo deciso dal regime di Tel Aviv contro il governo di Hamas i responsabili della centrale elettrica di Gaza hanno dovuto bloccare l'erogazione della corrente. Il nuovo giro di vite su Gaza era denunciato anche dalle organizzazioni umanitarie dell'Onu che si occupano dei profughi palestinesi ma cadeva come di consueto nel nulla, nel silenzio dei Paesi imperialisti complici degli aggressori sionisti. Che insistevano negli attacchi. Il 18 gennaio un missile lanciato da un aereo israeliano distruggeva l'ex sede del ministero dell'Interno di Hamas a Gaza. L'edificio era ormai abbandonato da mesi ma una sessantina di persone che vivevano nei paraggi rimanevano ferite. L'offensiva israeliana lanciata contro le sedi istituzionali di Hamas nella Striscia di Gaza si completava nella stesso giorno con un nuovo raid aereo contro l'abitazione di un ministro del governo palestinese; tre morti e una cinquantina di feriti in gran parte civili. Il leader di Hamas in esilio in Siria, Khaled Meshaal, il 21 gennaio lanciava un appello ai leader arabi e al presidente palestinese Abu Mazen perché mettessero da parte le divergenze con il suo movimento e aiutassero gli abitanti della Striscia di Gaza priva di elettricità: "chiedo a tutti i leader arabi di esercitare una pressione reale per interrompere questo crimine sionista. Assumetevi il vostro ruolo e responsabilità" dichiarava Meshaal all'emittente televisiva Al Jazeera. Abu Mazen aveva condannato, come di consueto, i massacri israeliani a Gaza ma il suo impegno principale sembra essere la prosecuzione dei colloqui negoziali con Israele avviati il 14 gennaio dopo la visita di Bush, seguito dalle manovre per arrivare alla convocazione delle elezioni anticipate per il rinnovo del parlamento palestinese in condizioni di forza rispetto a Hamas. 23 gennaio 2008 |