Ma è possibile "un'altra Europa" perdurando il capitalismo? Dall'8 all'11 novembre la Fortezza da Basso di Firenze ha ospitato molteplici organizzazioni, movimenti, sindacati, reti e associazioni provenienti da 28 paesi diversi, giunti nel capoluogo toscano in occasione del Forum "Firenze 10 + 10. Unire le forze per un'altra Europa". Gli organizzatori hanno precisato che l'iniziativa, realizzata a dieci anni di distanza dal Social Forum Europeo a Firenze, non vuole esserne una riedizione, quanto piuttosto una ricerca di convergenze e di lavoro comune per concordare insieme azioni a lungo termine volte alla costruzione di un'"altra Europa", un'"Europa sociale e dei beni comuni" in alternativa all'"Europa dei banchieri, alla supremazia del mercato, alle speculazioni finanziarie, al fiscal compact". I suoi promotori muovono dalla constatazione che le conseguenze della crisi in Europa sono ancora peggiori di quella che scosse il mondo a partire dal crollo di Wall Street nel 1929 e che è dunque necessario "creare un fronte europeo di resistenza e cambiamento all'altezza della sfida rappresentata dalla più grave crisi dal dopoguerra". Ma in cosa consisterebbe quest'"altra Europa" che si vuole costruire? A chi si rivolge, quali obiettivi si prefigge e soprattutto quale progetto di società si vuole realizzare in concreto? La proposta di "Firenze 10+10" Tommaso Fattori, tra i promotori del Forum e rappresentante del movimento Acqua Bene Comune, spiega che per "contrastare l'oligarchia priva di legittimazione democratica diretta che si è creata in Europa", sono stati individuati cinque macro temi attorno ai quali le varie realtà presenti si sono confrontate: "democrazia in Europa, finanza-debito-austerità, lavoro e diritti sociali, beni comuni e servizi pubblici, Europa nel Mediterraneo e nel mondo". Intorno al tema della "democrazia in Europa", il Forum denuncia che nel gestire la crisi economica, finanziaria e sociale in atto, il vertice dell'Ue avrebbe dato vita a un "processo costituente" dall'alto che ha "concentrato i poteri decisionali sulle politiche pubbliche, a cominciare da quelle fiscali, nelle mani di un'oligarchia composta dai governi, tecnocrati e BCE, che risponde ai dettati dei mercati finanziari". Inoltre, il debito pubblico contratto dai vari Stati europei avrebbe avviato una "fuga della democrazia", svuotando le stesse istituzioni rappresentative nazionali senza dare vita però a una "democrazia sovranazionale". La soluzione risiederebbe nella creazione di un "processo costituente dal basso" per costruire un "Patto democratico di cittadinanza" alla base di un' Europa democratica fondata sul "rispetto della dignità di ogni persona, nativa e non nativa, e sulla garanzia dei diritti individuali e collettivi, di diritti del lavoro e sociali". In tema di "finanza-debito-austeritá" si propongono iniziative "contro le politiche di austerity e il fiscal compact" e per una politica economica "alternativa", come quella lanciata dalle reti SID (Smonta il Debito) e RID (Rivolta il Debito) e le associazioni Attac Italia, Re: Common e Centro Nuovo Modello di Sviluppo. A parer loro il debito sarebbe sostanzialmente un prodotto del neoliberalismo mentre la soluzione risiederebbe nella creazione di un'"auditoria pubblica e partecipativa che valuti quali debiti sono illegittimi e quindi da non riconoscere, e quali vadano ripagati". Il documento sulle politiche economiche "alternative" elaborato dalla "Rete europea degli economisti progressisti" spiega come le politiche europee dovrebbero favorire la redistribuzione, i servizi pubblici, la protezione sociale e i diritti del lavoro. L'obiettivo sarebbe quello di "ottenere una maggiore partecipazione dei cittadini" e "un maggiore ruolo per il parlamento europeo". Per quanto riguarda la pace e il "sostegno alle lotte per i diritti e la democrazia", si fa appello alla cooperazione internazionale e alla solidarietà, la "denuclearizzazione del Mediterraneo; il controllo sul commercio delle armi, le rivoluzioni arabe e le relazioni tra le diverse culture e identità". Tavola della Pace ha contribuito con il documento "Un Nobel in soccorso dell'Europa" secondo il quale l'Europa dovrebbe essere difesa in quanto "nata dopo due guerre per impedirne altre" ma andrebbe trasformata in un'Europa "dei cittadini, solidale, aperta e non violenta". Tesi riformiste e ingannatorie La prima cosa che emerge con evidenza da simili documenti e posizioni è che essi si limitano a denunciare gli effetti della politica economica e sociale dell'Ue e tacciono, invece, sull'origine di tutte le ingiustizie sociali che essi lamentano, ossia il sistema capitalistico, alla base dell'Ue, come del resto ignorano che non può esistere il sistema economico capitalistico senza il conflitto capitale-lavoro che si manifesta nella lotta di classe tra proletariato e la classe dominante borghese. Ciò che invece viene proposto dal Forum -e che si riflette nelle parole d'ordine lanciate quali: "economia sostenibile", "redistribuzione della ricchezza", "democrazia sovranazionale", "riformare l'UE", "Europa sociale"- è una società "alternativa" che si pretende di realizzare rimanendo nell'ambito del capitalismo stesso. Più che alternativa la loro si presenta come una variante della stessa società, i cui ingredienti sono gli stessi e a cambiare è solo la ricetta. Come dimostrano peraltro le tesi proposte sulle politiche economiche e per "una nuova finanza pubblica" per l'Europa che non escono dai binari del capitalismo e che propongono un modello economico e di sviluppo condito di "decrescita" e keynesismo. Invece di denunciare la natura di classe della UE e indicare l'obiettivo strategico di sciogliere questa organizzazione monopolista e imperialista, una superpotenza mondiale, finiscono per coprirla a "sinistra" e per alimentare ulteriori illusioni nella possibilità di "democratizzarla" chiedendo più potere al parlamento europeo, ossia chiedendo ai popoli europei non di combatterla ma di dargli il loro consenso elettorale e legittimrla. Dati il suo carattere, le sue funzioni e le sue regole, anche se un giorno esso riuscisse ad avere un ruolo maggiore, dovrà pur sempre essere in linea e coerente col sistema economico e istituzionale dell'Europa imperialista. Si tratta, dunque, di tesi riformiste e ingannatorie che servono solo ad asservire la classe operaia e i popoli alle istituzioni rappresentative borghesi e ai governi capitalisti e imperialisti e spingere nella palude parlamentarista gli antimperialisti e i noglobal. Appare inoltre opportunista parlare di pace e di rifiuto della guerra come metodo di risoluzione delle controversie internazionali, senza denunciare contestualmente la natura imperialista e interventista dell'Ue e la sue ingerenze negli affari interni di altri paesi. Cioè senza denunciare la catena ininterrotta dei suoi interventi militari all'estero, dalla Bosnia all'Afghanistan, dall'Iraq alla Libia, ecc. Affermare poi che l'Ue è nata "dopo due guerre per impedirne altre" significa mentire spudoratamente sulla sua vera natura: un'alleanza imperialista con conseguente vocazione militarista, interventista ed espansionista. Astenersi dal dire che questa Europa, questa unione di paesi imperialisti, non potrà mai divenire un'"Europa sociale", un'"Europa solidale" e democratica, significa nella pratica non lavorare affatto per la pace. Una simile operazione non fa un graffio e anzi legittima l'Unione Europea e rischia di depotenziare la spinta alla lotta antimperialista delle masse europee, facendo divenire loro uno strumento inconsapevole dei giochi parlamentari e governativi borghesi, dell'imperialismo italiano ed europeo. Le tesi del PMLI Ben diversamente la pensa il PMLI, che ribadisce che l'Ue non è in nessun caso riformabile giacché essa è un'organizzazione monopolistica e imperialistica, una superpotenza mondiale nata per favorire gli interessi dei monopoli e delle multinazionali europee. Come non è altresì possibile tentare di cambiarla dall'interno giacché, come dimostra la storia, la politica riformista è l'altra faccia della stessa medaglia e fa presto a cedere il passo al liberismo più sfrenato e antipopolare ogni qual volta il capitalismo è investito dalle sue crisi cicliche. Essa va dunque rifiutata come vanno rifiutati e smascherati tutti coloro che la sostengono e che ne nascondono la natura, ingannando le masse. Come spiegava l'Ufficio Politico del PMLI nel suo saluto alle delegate e ai delegati del Social Forum Europeo di dieci anni fa: "Forse la differenza fondamentale tra voi e noi sta nel fatto che voi pensate di liberare il mondo dalla fame, dalla miseria, dalla disoccupazione, dalle ingiustizie sociali, dalla guerra, dalla devastazione ambientale attraverso il riformismo, il parlamentarismo, il legalitarismo e il pacifismo. Noi invece riteniamo che solo attraverso la lotta di classe, l'abbattimento del capitalismo e dell'imperialismo e la conquista per via rivoluzionaria del socialismo e poi del comunismo sia possibile creare un mondo in cui l'umanità possa vivere in pace, nella libertà, nella democrazia e nel benessere". Dopo che nell'ultimo decennio la Ue ha mostrato con tutta evidenza di essere un'unione di capitalisti finanziari e di monopoli e non di popoli e di essere una superpotenza imperialista e interventista che ambisce all'egemonia mondiale e non alla pace e al benessere dei popoli, tornare a riproporre, sia pure in forma aggiornata, quelle tesi illusorie e fuorvianti è un grave crimine contro i popoli europei che sono protagonisti coraggiosi e determinati di una ribellione di piazza, in Grecia come in Spagna, in Italia come in Portogallo, contro le politiche antioperaie e antipopolari e la macelleria sociale imposte dalla Ue. Il punto di partenza è capire dunque che solo il socialismo può realizzare veramente un'altra Europa, ossia una Europa in cui il proletariato è al potere e governa un nuovo ordine economico, istituzionale, giuridico e morale al completo servizio della masse lavoratrici. Battersi per l'Europa socialista è un dovere per chiunque si professi antimperialista e aspiri a un'Europa senza più sfruttati e sfruttatori. Per questo motivo il contributo più grande, concreto ed efficace che si possa dare per conquistare questa nuova Europa di cui noi parliamo è quello di combattere e abbattere l'imperialismo ciascuno nel proprio paese, nel nostro caso quello italiano e il governo del tecnocrate liberista borghese Monti che ne regge le sorti. 28 novembre 2012 |