La teoria del "socialismo del XXI secolo": nuova strategia per la conquista del potere politico da parte del proletariato? "Noi non crediamo a niente altro se non alla scienza, ciò significa che non bisogna avere miti. Sia per i cinesi che per gli stranieri, si tratta di vivi o morti, ciò che è giusto è giusto, ciò che è sbagliato è sbagliato, altrimenti si ha il mito. Bisogna liquidare i miti"1. Queste parole del grande Maestro del proletariato internazionale Mao danno la chiave materialistica e di classe per verificare, di volta in volta, nella storia del movimento operaio internazionale chi sono i legittimi successori del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e più nello specifico indicano, da un punto di vista prettamente filosofico, del materialismo dialettico e storico, la bussola che da quasi due secoli orienta la classe operaia, il proletariato e le masse popolari del mondo. È su questi presupposti che i marxisti-leninisti di tutto il mondo devono ragionare sulla nuova ondata di lotte che sta attraversando l'inizio del nuovo millennio, soprattutto nella zona asiatica e in quella del sudamerica. La questione che tiene banco in questo momento nei paesi dell'America latina è sicuramente il cosiddetto "socialismo del siglo XXI", ossia la "nuova" teoria di conquista del socialismo lanciata dal presidente del Venezuela, Hugo Rafael Frias Chavez, leader della "rivoluzione bolivariana" nel proprio paese. La domanda è: vi è, in questa concezione, un nuovo sviluppo del marxismo-leninismo nella sua strategia fondamentale di lotta per il socialismo, o comunque sulla scia dell'Ottobre, come tappa fondamentale per la conquista del potere politico da parte del proletariato, oppure ci troviamo dinanzi a una rimasticatura di revisionismo che non ha nulla a che spartire con quanto tracciato da Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao nelle loro opere? La concezione del "socialismo" di Chavez: una rimasticatura di Gramsci, Martì e Bolivar Checché ne dicano i nuovi sponsor italiani del presidente venezuelano, i trotzkisti dell'associazione "Puntorosso" (la cui casa editrice a Milano pubblica scritti suoi o di appoggio al suo progetto) e della corrente arciopportunista e trotzkista all'interno del PRC, "Falcemartello" (che pubblicano i suoi scritti sul sito di riferimento), nonché i revisionisti dell'"Ernesto", il leader dei Cobas e lo stesso Bertinotti, almeno in passato, ci troviamo di fronte a un nuovo esercizio di equilibrismo sul socialismo che porta l'ex colonnello Chavez nel campo dei revisionisti e dei riformisti se non addirittura nell'anticomunismo, come è accaduto in qualche uscita poco felice nella quale il presidente del Venezuela sferra un attacco diretto al marxismo-leninismo e poi, nello specifico, a Marx2. Ma chi è Hugo Chavez? Nato nel 1954 a Sabaneta nello Stato di Barinas nel Venezuela, Chavez era figlio di un maestro rurale ed appena a 17 anni si arruolò nell'esercito dove trascorse, in pratica, tutta la propria vita prima di entrare in politica. Laureatosi in Scienze e Arti Militari negli anni '70, Chavez entra in contatto con il pensiero di Simon Bolivar3, il leader della liberazione venezuelana del 1800 contro gli spagnoli, con quello del presidente golpista del Perù degli anni '70 Juan Velasco Alvarado4 e altri pensatori che si riferiscono alle teorie del socialismo e del comunismo, inclusi Marx e Lenin5. Prevalgono in questa fase di approfondimento ideologico e filosofico nell'approccio con il socialismo sia Bolivar che Velasco Alvarado: nel primo Chavez incarna il concetto di integrazione e costruzione della sognata e mai realizzata "Gran Colombia", ossia l'unione di Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia, liberati dal dominio spagnolo dal Libertador all'inizio del 1800. Chavez trova, invece, le fila della strategia di conquista del potere politico non tramite l'insurrezione armata della classe operaia e dei suoi alleati contro la borghesia e i suoi lacchè, come disegnarono Lenin, Stalin e i bolscevichi nella Rivoluzione d'Ottobre, ma tramite un golpe armato dei militari, senza l'appoggio delle masse lavoratrici e popolari. Nel 1977 Chavez forma un gruppo clandestino, l'"Esercito di Liberazione del Popolo del Venezuela", ma il progetto rimane solo sulla carta. Nel 1983 Chavez dà vita, assieme ad alcuni suoi amici militari affascinati da questa dottrina nazionalista e golpista, al "Movimento Bolivariano MBR-200", che si sviluppò prettamente all'interno delle Forze Armate venezuelane; la formula per entrare nel movimento, oltre a prevedere fedeltà al pensiero di Simon Bolivar, era accompagnata da un giuramento a Dio. Nel 1991 diventa colonnello e il 4 febbraio 1992 tenta di mettere in pratica le sue idee "rivoluzionarie" ponendosi tra i protagonisti di un golpe da parte delle forze militari che tentò di rovesciare il presidente Carlos Andres Perez; ma il golpe fallisce miseramente e costa 14 morti, 53 feriti6 e l'arresto di Chavez. Una volta uscito dal carcere, Chavez abbandona le idee golpiste conquistando un vasto consenso presso le fasce popolari grazie alla creazione di un movimento politico nel 1997, l'MVR, il "Movimento Quinta Repubblica", un gruppo la cui ossatura è formata sempre da militari ma ora nato e finalizzato a vincere le elezioni dell'anno successivo. Il 6 dicembre 1998 gli chavisti sbaragliano la destra ultraliberista e fascista filo-USA con un buon risultato elettorale e facendo leva su tre elementi: l'immagine di Simon Bolivar, in ossequio al nazionalismo venezuelano, cui fa seguito l'annuncio di una nuova costituzione e di un nuovo ordinamento giuridico che sostituisse il vecchio. Nasce quindi una Assemblea Costituente voluta fortemente nel 1999 da Chavez e sostenuta dalle masse popolari venezuelane che per la prima volta nella propria storia potevano pronunciarsi tramite referendum sulla Costituzione che volevano, suscitando una approvazione su larga scala (80% di sì) con la sostituzione di quella vecchia antipopolare e imposta per anni dall'imperialismo per fare spazio alla nuova democratico-borghese. Nasce la Repubblica Bolivariana del Venezuela fondata sui "principi della democrazia partecipativa e protagonista del popolo"7 e l'istituzione del referendum revocatorio per tutte le cariche elettive, presidente compreso, nella seconda metà del mandato, mantenendo però intatta la struttura delle elezioni borghesi precedenti. I migliori prodotti della politica chavista sicuramente si ravvedono nella politica estera laddove diventa, al pari di Ahmadinejad, la nuova punta di diamante nella lotta all'imperialismo, in particolare quello Usa. Difatti negli ultimi 10 anni l'imperialismo con il viso del nuovo Hitler Bush perde, uno dopo l'altro, la gran parte di Stati sudamericani che stavano sotto l'influenza di Washington, perdendo "il cortile di casa"8, e lasciando nella Colombia di Uribe l'ultimo bastione fascista messo, però, a dura prova dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) che da anni combattono il presidente mercenario voluto dalla Casa Bianca. Sul fronte antimperialista Chavez appoggia ufficialmente, in un discorso a Porto Alegre in Brasile, il movimento no-global dichiarandosi favorevole ad "un socialismo patriottico e democratico che deve essere umanista e deve mettere gli esseri umani e non le macchine in condizioni di superiorità nei confronti di tutto e di tutti"9. Sono questi gli anni in cui Chavez stringe una forte amicizia con Castro dando vita alla Alternativa Bolivariana para America Latina y el Caribe (ALBA), un patto per lo scambio di petrolio venezuelano a prezzi vantaggiosi che si contrapponga a quello sponsorizzato dagli Usa dell'ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe). Nel 2002 Chavez sfugge a un golpe fascista guidato da Carmona Estanga, presidente della Fedecamara (la Confindustria venezuelana), appoggiato dalla Chiesa cattolica del papa nero Wojtyla (tanto che la riunione organizzativa del golpe si tenne presso la Conferenza Episcopale Venezuelana l'11 aprile 2002)10, dai partiti politici dell'opposizione e dalle televisioni private. In seguito si venne a sapere che anche Bush, Aznar e il re Juan Carlos appoggiavano il golpe, visto che il primo quotidiano europeo a giustificare e appoggiare il colpo di Stato fu El Pais, vicinissimo all'epoca al fascista spagnolo e alla "famiglia reale". Nel giro di due giorni di sommosse popolari, per la prima volta filmate interamente dalla tv pubblica venezuelana, il governo legittimo bolivariano riesce a rovesciare il colpo di Stato di Carmona, ristabilendo l'ordine precostituito e arrestando tutti i golpisti, tranne lo stesso Carmona rifugiatosi negli Usa sotto l'ala protettrice di Bush. Scampato dal golpe, nel 2004 Chavez intensifica i rapporti con il presidente dell'Iran Ahmadinejad: simbolo della unione antimperialista sarà proprio l'inaugurazione di una statua di Simon Bolivar nel parco Goft-o-gou di Teheran, capitale dell'Iran. A maggio 2006 Chavez effettua alcuni incontri in Italia, tra i quali quello con il nuovo papa nero Ratzinger e il neorevisionista e trotzkista Fausto Bertinotti, all'epoca presidente della Camera. Il 3 dicembre dello stesso anno Chavez viene confermato presidente del Venezuela, anche se l'astensionismo (in calo) è forte tra i venezuelani con un quarto della popolazione (25%) che diserta le urne. È l'ora dello scontro con l'ala destra interna del movimento bolivariano, che vuole un passaggio lento e graduale verso il "socialismo", la proposta di costituzione di un partito nuovo (Il PSUV, il Partito Socialista Unito del Venezuela), lo scontro con il Partito Comunista del Venezuela in merito al dibattito sul "Socialismo del XXI secolo" e all'abbandono del "dogma marxista-leninista e della concezione della centralità della classe operaia"11, ormai ritenuto fuori moda. Chavez subisce la prima pesante sconfitta con il referendum del 2 dicembre 2007 laddove il popolo venezuelano votò tre milioni di no per la riforma presidenziale che poteva permettere a Chavez di rimanere in sella come Presidente del Venezuela fino al 2031. Un fatto che ha scatenato fortissime critiche interne e che è rientrato solo alla mossa tattica di lanciare "il manifesto per un nuovo socialismo del XXI secolo", diverso da quello del Novecento. Perplessità e stupore (ma fino a quanto, a questo punto?), infine, ha destato sicuramente la posizione di Chavez in ordine alla risoluzione del conflitto colombiano tra le FARC e il governo fascista e filo-imperialista di Alvaro Uribe, chiedendo alle Forze Armate Rivoluzionare Colombiane di deporre le armi e consegnare i prigionieri12. Una variante, quella chavista, dell'abbandono di qualsiasi forma di lotta di classe per la conquista del socialismo che si concentra nella ben nota concezione revisionista che si richiama al gramscismo e al togliattismo della "via italiana al socialismo": il "socialismo del XXI secolo", ossia l'illusione che il socialismo possa passare per il parlamento senza prendere, invece, la via dell'Ottobre. Il "Manifesto socialista per il Venezuela" è ispirato dal pensiero di Gramsci Di recente Chavez, tramite l'ex ministro della Pianificazione e dello Sviluppo, l'italo-venezuelano Jorge Giordani, ha messo a punto la sua idea portante di socialismo facendo pubblicare in diverse parti del mondo l'opuscolo sullo sviluppo della democrazia e del socialismo in Venezuela, sponsorizzato in Italia da "Puntorosso". Difatti, a presentare il "Manifesto socialista per il Venezuela" è il vero ideologo di Chavez e del "Socialismo del XXI secolo", ossia il professor Giordani, relatore della tesi di laurea in Scienze politiche per Chavez all'inizio degli anni '90 quando l'attuale presidente del Venezuela è in carcere, ma, soprattutto, uno dei maggiori studiosi e sostenitori di Gramsci attualmente al mondo. Dopo essersi iscritto all'università in Venezuela, Jorge Giordani si trasferisce in Italia e si iscrive al PCI revisionista nel 1959, laureandosi in Ingegneria a Bologna nel 1964; rientra in Venezuela e lavora in una compagnia telefonica, vincendo in contemporanea, un dottorato di ricerca all'Università, approdando poi alla cattedra del Centro Studi per lo Sviluppo dell'Università Centrale del Venezuela (UCV) come professore. Entra in contatto in Inghilterra e in Italia con gli Istituti di studi del pensiero di Gramsci, diventando uno dei più importanti studiosi al mondo del filosofo revisionista sardo. Dopo aver ricoperto la carica di ministro fino al gennaio 2008, Giordani si getta anima e corpo nel progetto voluto fortemente da Chavez di un "nuovo socialismo", fondando il gruppo di studio e ricerca "Areopagos", il cantiere del "socialismo del siglo XXI". Giordani presenta il "Manifesto socialista per il Venezuela" ritenendo che "se si vuole costruire il socialismo - parola importante e fuori moda - nel contesto europeo, e a maggior ragione se lo si vuole autentico, esso deve avere carattere internazionale, mondiale, per bilanciare la logica globale del capitale, che pervade fino al midollo ogni interstizio del pianeta"13. In questo lavoro di presentazione, continua Giordani, "si presentano due elaborazioni pensate in Venezuela, sul modello indicato da Gramsci, a partire da una realtà specifica, dai suoi problemi concreti, dalla costruzione possibile di un processo rivoluzionario embrionale, ancora in gestazione, fino all'analisi delle implicazioni generali che riguardano la strategia del movimento rivoluzionario"14. Giordani come Chavez si accorge immediatamente della lontananza, soprattutto dopo la sconfitta al recente referendum del 2 dicembre 2007, delle masse popolari e lavoratrici dal movimento politico e quindi il passaggio dalla fase movimentista a quella della costruzione di un nuovo partito politico (il PSUV) per la realizzazione del progetto "socialista". Ciò deve passare dall'approfondimento del "processo di cambiamento del vecchio Stato per avere un nuovo Stato che sia sotto il comando diretto dei lavoratori e del popolo"15; aggiungiamo noi: attraverso la via parlamentare e a colpi di referendum? Riguardo gli "antagonismi inconciliabili" essi sono, per il "socialismo" chavista e giordanista, tra Stato nazionale e capitale globale, tra esseri umani e ambiente, tra genere femminile e la sua aspirazione alla parità in tutto con il sesso maschile, nella disoccupazione cronica. Neanche un riferimento all'antagonismo tra capitalismo e lavoro, tra socialismo e capitalismo, tra borghesia e proletariato, tra parlamentarismo e lotta di classe per il socialismo, in ultimo, tra marxismo-leninismo e concezione liberale dello Stato. Elaborando una concezione in salsa trotzkista, Giordani afferma che per superare la questione nazionale "in maniera opposta all'internazionalizzazione oggi presente nel sistema capitalistico" si deve considerare che "il potere incomparabile delle grandi unità produttive transnazionali ha finito per opacizzare e mettere da parte lo Stato nazionale, che lotta per difendere i territori di coloro che meno posseggono, entro i limiti d'azione di ogni Stato"16. Quindi la questione nazionale viene considerata una vecchia cariatide e lascia il posto alla concezione globale del capitale, mentre la lotta per il socialismo in ciascun paese viene sostituita con la sua diffusione in maniera permanente in tutto il mondo: sembra questa la conclusione che richiama le vecchie e ormai strabattute idee che Trotzki propose al mondo quasi cento anni or sono, senza cavarne un fico secco in termini rivoluzionari. Sul tema del parlamentarismo, se da una parte Giordani e Chavez sembrano voler superare l'attuale concezione liberale e borghese delle elezioni e del parlamento sostituendolo con la democrazia partecipativa fondata sul principio della democrazia diretta, alcune frasi talvolta contorte e confuse li smentiscono tanto che nel "manifesto del socialismo in Venezuela" si legge che "l'articolazione del movimento socialista e il partito che lo appoggi, devono intrattenere rapporti in tutti gli ambiti della società, incluso quello parlamentare, sempre che non la si consideri l'unica forza di cambiamento"17. E ancora, alla luce del pensiero di Gramsci, "le elezioni come un meccanismo necessario ma non sufficiente, se si desidera forgiare una democrazia sostanziale di tipo socialista"18: quindi un sistema elettorale misto in "attesa" che vi sia una democrazia diretta di tipo anarchico che il legislatore venezuelano dovrà poi disegnare in una disposizione dall'esito incerto e non definito. Per quanto riguarda le "tesi sul modello produttivo socialista", il "manifesto" ritiene che accanto ai modelli produttivi dell'economia pubblica e di quella sociale, si può affiancare quella privata: "nel modello produttivo socialista si distinguono tre ambiti: imprese pubbliche, imprese di economia sociale e imprese private"19. Ma come realizzare tutto ciò? Tramite il partito socialista, alla cui costruzione Chavez e Giordani pensano e mettono nero su bianco nel "manifesto socialista per il Venezuela" per superare la fase movimentista che dal 1997 ha guidato l'ascesa dell'attuale presidente venezuelano. La discussione si sposta quindi sul terreno gramsciano con un velato attacco a Stalin e, in particolare, "all'analisi delle deviazioni come quella relativa al 'culto della personalità'": Il partito non deve essere l'espressione diretta degli interessi della classe operaia e delle masse popolari, ma "l'intellettuale organico, il moderno Principe: l'intellettuale cessa di andare alla ricerca della verità per costituirsi invece come dirigente organico del partito, immergendosi attivamente nella vita pratica come costruttore e organizzatore permanente. Questo identificarsi dell'intellettuale con i problemi delle masse, con la ricerca delle rispettive soluzioni, insieme con le urgenze e le aspirazioni della maggior parte della popolazione, costituiscono precisamente l'incarnazione della volontà collettiva che fonda il partito, facendo sì che con la partecipazione aperta di coloro che appartengono al popolo e in particolare al partito politico si supplisca alle carenze dei dirigenti e si evitino le deviazioni di un esercizio assoluto e illimitato del potere"20. Ecco quindi il ruolo di Chavez, secondo la concezione del partito gramsciana di Giordani: mettere al servizio il suo leaderismo carismatico e massmediatico come legame tra "il dirigente individuale, l'intellettuale collettivo, l'intellettuale organico, il Principe moderno" da una parte e il popolo dall'altra, escludendo la centralità della classe operaia e dei suoi alleati storici che vengono sostituiti dal modello del capofila dei revisionisti italiani considerato da Giordani come "il grande rivoluzionario sardo di portata universale"21 (sic!). Chavez confessa che ad un certo punto era affascinato anche da una terza via, quasi facendo il verso al laburista guerrafondaio ex premier inglese Tony Blair, poi si ravvede sposando il socialismo ma ritenendo che esso debba essere ricostruito dalle fondamenta: "Ma allora quale socialismo? Quale dei tanti? Potremmo anche pensare che non è nessuno di quelli che sono stati, anche se non ci sono esperienze, ci sono successi in molti esempi di socialismo, dovremo inventarcelo (...) dovremmo inventare il socialismo del secolo XXI e dovremo vedere per quali vie (...)"22. Le critiche del PCV a Chavez Il riformismo chavista, edulcorato dalla prospettiva di un "nuovo socialismo", non è altro che far stare ben saldo il popolo venezuelano, come lo è stato e lo è per quello cubano, nell'alveo del capitalismo, un po' più umano nella sua visione, ma sempre fondato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Non basta quindi la nazionalizzazione dell'industria petrolifera, appoggiata tra l'altro dal suo epigono Evo Morales, presidente della Bolivia, o chiudere i rubinetti agli imperialisti USA (peraltro fino ad oggi solo proclami); né basta la nuova Costituzione bolivariana più avanzata della vecchia, ma ferma nel pantano democratico-borghese, interclassista, senza alcun richiamo all'antifascismo dando uno sguardo agli articoli della Carta fondamentale venezuelana. Se da una parte il progetto del "socialismo del XXI secolo" è visto di buon occhio dagli alleati sudamericani di Chavez, come Castro, Morales e Daniel Ortega (che propone, come ha detto lo stesso presidente venezuelano, un "socialismo" di tipo cristiano seguendo le orme di Josè Martì), in Venezuela, ma non solo, ha trovato prima le tiepide approvazioni del Partito Comunista del Venezuela (PCV), che ha poi preso le distanze e criticato la concezione portata avanti da Chavez e Giordani. Al XIII Congresso Nazionale Straordinario del PCV che discuteva tra i punti all'ordine del giorno anche l'unificazione tra il movimento di Chavez e il PCV nel Partito Socialista Unito del Venezuela, si è espresso per "l'esistenza di un Partito Rivoluzionario, nutrito dell'ideologia marxista-leninista e del pensiero bolivariano, in grado di assumere con tutte le forze il ruolo dirigente rivoluzionario nella lotta di classe che fa avanzare la storia"23. Successivamente l'invito del PCV a Chavez di far avanzare un processo politico nel solco del marxismo-leninismo viene disatteso e smentito da diversi interventi che si sono susseguiti sul sito ufficiale del Partito Comunista del Venezuela, Tribuna Popular, da parte prima di membri del Partito e simpatizzanti e poi da dirigenti del Partito. Al dibattito "90° anniversario della rivoluzione russa e seminario sul socialismo del XXI secolo", tenutosi alla Università popolare "Joaquin Lecina" a Montevideo in Uruguay il 15 e 16 settembre 2007, sono stati posti seri dubbi sulla validità rivoluzionaria del progetto lanciato da Giordani e Chavez tanto che il PCV ha ospitato sul suo sito un efficace intervento di Mario Rossi Garretano che ha smascherato, con l'elaborazione di sette tesi sul socialismo, il "socialismo del XXI secolo" definendo l'analisi chavista come "nulla di nuovo sotto al sole"24. I malumori della base comunista del PCV trovavano albergo in diversi interventi della dirigenza del Partito che per bocca di Carolus Wimmer, membro dell'UP del PCV nonché responsabile delle relazioni internazionali, che delineava il ruolo del Partito Comunista come organizzazione rivoluzionaria: "Il tema consiste nella seguente questione: perché il PCV non s'è unito al Partito Socialista Unificato del Venezuela, una fusione a cui aveva fatto appello il presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Hugo Chavez. (...) La realizzazione del socialismo della prima tappa, il socialismo, richiede una condizione preliminare: la soppressione della proprietà privata dei mezzi di produzione. (...)"25. In risposta al discorso di Chavez del 28 luglio 2007 che considerava in maniera sprezzante il marxismo-leninismo come "un dogma che appartiene al passato", Wimmer precisa che: "non si può parlare di marxismo-leninismo come di un 'dogma', né dei marxisti-leninisti come 'dogmatici', e non si può quindi affermare che il marxismo-leninismo appartiene al 'passato". (...) Qualcuno ha detto che il nuovo PSUV 'non impugnerà le bandiere del marxismo-leninismo perché è un dogma, perché appartiene al passato'. (...) Che non lo assuma il nuovo Partito PSUV, che non lo applichi, che se ne sbarazzi o che lo espella dai suoi ranghi è dunque un affare di coloro che formano questo partito. (...) sono stati molti quelli che hanno invitato il Partito Comunista del Venezuela a dissolversi nel PSUV. È forse per dirci che noi dobbiamo semplicemente abbandonare la nostra identità di comunisti e di marxisti-leninisti?"26. Con questo scritto critico e che invita Chavez ad un dietrofront sul tema del "socialismo del XXI secolo", il PCV ha, per ora, sospeso la prevista fusione in un unico partito, il PSUV, mantenendo l'alleanza strategica come "polo patriottico" tra PCV e PSUV futuro, senza che i comunisti venezuelani entrino in questo nuovo partito riformista di Chavez e Giordani. Altri dubbi sul pensiero chavista sono emersi sulla sua posizione del cristianesimo e della religione e sulla elaborazione della Costituzione Bolivariana. Nel primo caso già il suo ex viceministro agli Esteri, William Izarria, tracciò i riferimenti ideologici che hanno influenzato l'ex colonnello: oltre a Bolivar anche Guevara e Gesù Cristo nella formula dei seguaci della "teologia della liberazione": "Il bolivarismo è sia socialismo che cristianesimo"27 rispondendo addirittura al quotidiano-megafono del PD, la Repubblica, tirando fuori dal collo, durante una trasmissione televisiva, un laccio di cuoio con l'immagine della madonna, l'escapulario che rappresenta la vergine del Socorro. Lo stesso "socialismo cristiano" che oggi sostiene l'attuale presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, e che si vorrebbe proporre anche agli altri paesi sudamericani dove la "sinistra" borghese governa e lontano anni luce dal socialismo tracciato dalla Rivoluzione d'Ottobre. Insomma gramscismo, cristianesimo, concezioni democratico-borghesi, anarchismo e spontaneismo, l'intellettuale come figura centrale del processo rivoluzionario e non più la classe operaia e i suoi alleati: un coacervo che risponde al "socialismo del XXI secolo", una strategia riformista in contraddizione e opposta a quella dell'autentico socialismo: quello di Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao. Come sottolinea il compagno Giovanni Scuderi, nel Rapporto al 5° Congresso nazionale del PMLI, oggi "Riaffiora la questione del socialismo, che i revisionisti italiani pensavano di aver seppellito 40 anni fa. Ma ecco che spuntano nuovi riformisti che con le loro 'teorie' di 'nuovo socialismo', 'socialismo dei cittadini', 'socialismo del XXI secolo', ingannano e illudono le masse fautrici del cambiamento sociale... Il 'socialismo del XXI secolo' di matrice latino-americana, il cui maggior esponente è il socialdemocratico dichiarato Chavez, presidente del Venezuela, è un impasto di gramscismo, riformismo, guevarismo, castrismo, trotzkismo, movimentismo. Tutte queste 'teorie' hanno in comune, da una parte, il ripudio del socialismo dell'Urss di Lenin e Stalin e della Cina di Mao, della dittatura del proletariato, della rivoluzione socialista, del movimento comunista del Novecento, della concezione marxista-leninista del Partito; dall'altra parte accettano il capitalismo, la proprietà privata capitalistica, la democrazia borghese, il parlamentarismo, il riformismo, la collaborazione tra le classi e l'esistenza delle classi. La più pericolosa di queste 'teorie' è quella del 'socialismo del XXI secolo'. Sia perché i suoi massimi esponenti sono al governo e conducono una forte politica contro l'imperialismo americano, sia perché praticano un ampio coinvolgimento delle masse... Comunque sia, - conclude Scuderi - il fatto politico principale è che il socialismo è ritornato di moda. Ciò ci crea migliori condizioni per convincere il proletariato a imboccare risolutamente la via dell'Ottobre"28. NOTE |