Lo prevede il decreto di rifinanziamento delle "missioni" all'estero Soldati scorteranno i mercantili italiani Il 12 luglio 2011 il presidente della Repubblica ha emanato il D.L. n. 107 relativo al rifinanziamento delle missioni militari estere dell'Italia, decreto che dovrà essere convertito in legge entro sessanta giorni. Oltre all'ulteriore foraggiamento dei "missionari" all'estero l'art. 5 del Decreto introduce per la prima volta nell'ordinamento italiano la possibilità che le navi mercantili battenti bandiera italiana vengano armate. Dispone infatti il primo comma dell'art. 5 citato: "Il Ministero della difesa, nell'ambito delle attività internazionali di contrasto alla pirateria al fine di garantire la libertà di navigazione del naviglio commerciale nazionale, può stipulare con l'armatoria privata italiana e con altri soggetti dotati di specifico potere di rappresentanza della citata categoria convenzioni per la protezione delle navi battenti bandiera italiana in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria individuati con decreto del Ministro della difesa, sentiti il Ministro degli affari esteri e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, tenuto conto dei rapporti periodici dell'International Maritime Organization (IMO), mediante l'imbarco, a richiesta e con oneri a carico degli armatori, di Nuclei militari di protezione (NMP) della Marina, che può avvalersi anche di personale delle altre Forze armate, e del relativo armamento previsto per l'espletamento del servizio". Insomma, come se non bastasse la militarizzazione del territorio nazionale ora viene militarizzato anche il mare, o meglio il naviglio battente bandiera italiana che per il codice della navigazione è a tutti gli effetti equiparato al territorio italiano anche se si trova in acque internazionali o in acque territoriali straniere. Il comandante e la truppa del nucleo imbarcato avranno, ai sensi degli articoli 1135 e 1136 del codice della navigazione e dell'art. 12 del codice di procedura penale, poteri rispettivamente di ufficiale e di agenti di polizia giudiziaria, ossia potranno compiere arresti, perquisizioni, ispezioni, indagini anche nei confronti del naviglio straniero non militare sospetto di praticare la pirateria: attualmente le zone del mondo infestate da questo fenomeno sono le coste della Nigeria ed il golfo di Aden oltre a zone del sudest asiatico tra la Malesia e l'Indonesia. La moderna pirateria non viene effettuata, come in passato, con grandi navi, bensì con piccoli e ben armati motoscafi che attaccano i convogli dirottandoli in porti amici. Attualmente sono due le navi italiane nelle mani dei pirati somali. Eppure la International Maritime Organization, ente internazionale facente capo all'ONU, ha sconsigliato e continua in tutti i suoi documenti a sconsigliare che nelle imbarcazioni mercantili vi sia la presenza di personale armato a bordo che la stessa IMO considera un rimedio peggiore del male da combattere, in quanto tale situazione può creare un vero rischio per l'incolumità dei marittimi civili: è infatti ovvia la considerazione che i pirati mirano al carico della nave e non alla vita dei marinai imbarcati. Eppure da tempo altri Stati imperialisti come Francia e Spagna hanno armato le navi da carico civili, con la conseguenza che molti armatori italiani hanno preferito fare il passaggio di bandiera alle loro navi per consentire l'armamento a bordo, e l'Italia si è dovuta adeguare per non perdere navi e armatori Ma sorgono anche altri problemi: dal momento che i militari imbarcati rimangono inquadrati nella catena di comando dei rispettivi corpi, questo principio contrasta con quanto stabilito dal codice della navigazione che è chiarissimo nell'affermare che nelle navi (civili) è il comandante (che è un civile) ad avere il comando con poteri qualificati di pubblico ufficiale affidatigli dallo stesso codice. Infatti il Decreto legge prevede che nel caso di attacco dei pirati il comando spetti all'ufficiale che comanda il nucleo militare di protezione, il quale sarà certamente esperto di armi ma non necessariamente di navigazione, soprattutto quando essa riguarda navi di grande tonnellaggio. Si ricordi infatti che il comma 1 dell'art. 5 oltre al personale di marina prevede anche l'uso di "altre forze armate". Altro problema è quello - nell'ipotesi in cui vi sia abuso della forza, di lesioni a cose o persone e di vittime - relativo alla responsabilità penale e civile che per le norme del diritto internazionale incomberebbe sullo Stato italiano in quanto verrebbero impiegate truppe regolari agli ordini dello Stato (anche se di fatto al soldo dell'armatore). Il terzo comma del citato art. 5 poi prevede testualmente che gli armatori che usufruiscono dei servizi dei nuclei militari di protezione provvedano a tutte le spese per il personale e per il servizio "mediante versamenti all'entrata del bilancio dello Stato, integralmente riassegnati, entro sessanta giorni, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa": in parole povere lo Stato venderà ai privati questo servizio militare e i proventi di tale servizio non confluiranno nel bilancio generale ma direttamente nei capitoli del Ministero della difesa, andando ad alimentare ulteriormente la cricca militare che - al contrario del vecchio esercito di leva al quale lo Stato dedicava scarse attenzioni o quasi - viene continuamente e sempre più oliata ed ingrassata. Il Decreto Legge si è comunque preoccupato di lasciare gli armatori liberi di gestire privatamente la sicurezza delle proprie imbarcazioni in quanto secondo il quarto comma potranno fare contratti con guardie giurate private armate "a protezione delle merci e dei valori sulle navi mercantili e sulle navi da pesca battenti bandiera italiana negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria". Insomma, questa sciagurata normativa rischia di militarizzare ulteriormente il mare. Sembra la conseguenza della pirateria, la quale a sua volta è un frutto amaro della globalizzazione e delle guerre imperialiste che accrescono lutti, fame e disperazione nei paesi del Sud del mondo. 20 luglio 2011 |