Riflessioni sui fatti di Genova a 10 anni di distanza e sugli avvenimenti successivi Spezziamo il filo nero che lega le mattanze del G8 e della Val Susa e la macelleria sociale del governo del neoduce Berlusconi con un nuovo 25 Aprile "Chi tra di voi ha partecipato alle manifestazioni di Genova contro i signori del G8 ha sperimentato sulla propria pelle cosa significano in realtà la libertà e la democrazia borghesi. Chi non era a Genova e vuole ancora sapere quali sono la libertà e la democrazia del neoduce Berlusconi lo domandi al martire antimperialista Carlo Giuliani, che onoriamo con commozione e riconoscenza, avrà una risposta illuminante". Così il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, il 16 settembre 2001, nel suo discorso "Mao e le due culture", rendeva onore, a nome di tutto il Partito, al giovane Carlo Giuliani e sintetizzava in maniera lucida il carattere fascista della repressione dei manifestanti contro il G8. Ricorderemo sempre le giornate dal 19 al 22 luglio 2001 a Genova, per lo straordinario successo della mobilitazione nazionale e internazionale che furono la miglior risposta di massa al terrore della dittatura fascista aperta sparso da Berlusconi, Fini e Scajola nel capoluogo ligure. Al pari, ricorderemo sempre la generosità degli antifascisti genovesi, che accolsero, aiutarono, sottrassero ai pestaggi e ai lacrimogeni i manifestanti e la delegazione del PMLI. "Un bagno di sangue provocato dalle 'forze dell'ordine' del governo assassino del neoduce Berlusconi" fu la tempestiva e corretta definizione che il 20 luglio, giorno stesso dell'assassinio del giovane antimperialista, usò l'Ufficio politico del PMLI per stigmatizzare la mattanza di Genova individuandone chiaramente i mandanti politici e chiedendo al governo Berlusconi "responsabile di tali crimini, dopo aver creato uno stato di guerra nella città di Genova" di dimettersi immediatamente. Il movimento no-global Non parte certo da quei tragici avvenimenti la nostra denuncia della natura del governo Berlusconi che già all'atto del suo insediamento, nel giugno del 2001, il PMLI definiva "il coronamento della restaurazione del fascismo sotto forme nuove, nuovi metodi e nuovi vessilli". E non avremmo mai voluto vedere il volto di boia di Berlusconi, che ad appena un mese dall'insediamento, oltraggiava Genova medaglia d'oro della Resistenza, scatenando una repressione di aperto fascismo, degna del ventennio mussoliniano per violenza omicida messa in campo dagli occupanti i seggi governativi e parlamentari. Una repressione contro i manifestanti premeditata a tavolino, con l'apporto di servizi segreti e politicanti dal passato di manganellatori mirata a "spezzare le reni" al movimento antiglobalizzazione che per la sua vastità e il carattere oggettivamente antimperialista, era in grado di compiere azioni contro il neoliberismo e la "globalizzazione", infliggendo danni all'imperialismo rappresentato dai signori del G8 di Genova. Il movimento era cresciuto anche in Italia, sulla base dello scatenarsi delle contraddizioni del capitalismo che "da qualche tempo attraversa una fase critica che può preludere a una recessione mondiale", avvertiva il documento dell'Ufficio politico del 16 settembre 2001 dal titolo "La posizione del PMLI sul movimento antiglobalizzazione" e costituiva un pericolo per quel "rafforzamento delle alleanze imperialiste nell'Unione europea e con la Nato e gli Usa, l'ammodernamento dell'esercito professionale e mercenario in grado di intervenire all'estero", individuate dal PMLI, nel documento del 19 giugno 2001 dal titolo "Guerra totale al governo del neoduce Berlusconi", come il progetto strategico della borghesia imperialista in camicia nera sul piano internazionale. Siamo all'indomani dell'aggressione alla Jugoslavia e a pochi mesi dall'aggressione all'Afghanistan che si scatenerà nell'ottobre del 2001 alla quale le milizie dell'Italia imperialista parteciperanno per volere del neoduce e del parlamento nero. La nuova generazione che componeva questo movimento, tuttavia, scendeva in campo disarmata ideologicamente, culturalmente e politicamente, dal punto di vista di classe, non conoscendo niente di marxismo-leninismo-pensiero di Mao, della storia del movimento operaio italiano e internazionale, della storia del Sessantotto e dei movimenti di liberazione nazionale. Un movimento oggettivamente antimperialista, privato dell'incontro con le lotte operaie e con le parole d'ordine del Partito non poté aprire le ali per diventare movimento soggettivamente antimperialista, nemico mortale del governo del neoduce. La parola d'ordine "Un mondo diverso è possibile", che ricorre ancora nei documenti del decennale di Genova e che sintetizzava tutte le concezioni idealiste, umanitariste, riformiste e pacifiste, le illusioni parlamentari, elettorali, da un lato diffuse dai neorevisionisti e trotzkisti e dall'altro quelle movimentiste e avventuristiche di piccolo gruppo, purtroppo egemonizzò il movimento antiglobalizzazione, mandandolo allo sfascio ideologico, politico e organizzativo. La violenta repressione di Genova 2001, la politica neofascista di Berlusconi e il moltiplicarsi delle guerre imperialiste che suscitano nuove rivolte popolari, com'è accaduto in Nord Africa e in Grecia, dimostrano che l'ecumenismo interclassista è fallimentare e non è in grado di cambiare nulla, giacché non ha come obbiettivo la distruzione del capitalismo e dell'imperialismo, e dalle loro macerie la costruzione del socialismo, l'unico vero mondo alternativo possibile. Genova e Napoli 2001 È stato in questo contesto che il governo Berlusconi tentò di impedire la più grande manifestazione internazionale contro la globalizzazione imperialista, "con l'obiettivo di soffocare la rivolta contro il G8, intimidire e arrestare il movimento antiglobalizzazione e ogni forma di opposizione reale al governo e al regime neofascista imperante", come all'indomani di Genova denuncerà il PMLI nell'articolo "Dove va il movimento anti-global", comparso sul n. 31/01 de Il Bolscevico. Le "forze dell'ordine" con equipaggiamento militare invasero la città. Con la scusa di proteggere la "zona rossa", vennero specificamente comandati da Berlusconi, dal ministro degli interni Scajola e l'allora vice-presidente del consiglio Fini, presente in quei giorni nella sala operativa della Questura di Genova, alla guerra contro i manifestanti e alla loro soppressione fisica. Vale la pena di ricordare che nel 2002 Scajola rivelò di avere autorizzato la polizia a sparare sui manifestanti. Il 20 luglio, dopo ore di autentica caccia al manifestante, il ventitreenne Carlo Giuliani venne assassinato, con un colpo di pistola al volto da un carabiniere in piazza Alimonda. Il 21 luglio si ripeteva lo stesso schema con la proditoria aggressione al corteo dei 300 mila, proprio a pochi metri dalla nutrita delegazione nazionale del PMLI, che aderiva ufficialmente al Genoa Social Forum, guidata dal compagno Simone Malesci e dai vicecapi compagni Denis Branzanti e Antonella Casalini, che portava in piazza la parola d'ordine: "Abbasso il G8 e l'imperialismo. Libertà ai popoli. Guerra totale al governo del neoduce Berlusconi. Per l'Italia unita, rossa e socialista". Ma le violenze non finirono lì. La stessa sera il raid nazista alle sedi del Genoa Social forum, le scuole Diaz e Pertini, e nei giorni successivi vennero rivelate dai manifestanti le torture alla caserma di Bolzaneto, dove i fermati venivano accolti dagli agenti con l'eloquente "Con Berlusconi di voi facciamo quel che vogliamo". In questa strategia di repressione si inserisce a pieno titolo il comportamento ambiguo e scorretto dell'Ulivo di Prodi che, proprio dopo il massacro dei manifestanti e l'assassinio di Giuliani, il 20 luglio, ritirò il suo appoggio alla piazza e l'adesione al corteo dell'indomani, lasciando i manifestanti in balia della violenza fascista. Che ci fosse un asse tra la destra e la "sinistra" della borghesia imperialista anche nella repressione del movimento noglobal, lo dimostra il fatto che i piani per il G8 erano già stati stabiliti dal governo Amato che, peraltro, aveva nominato gli uomini che a Genova dirigevano polizia, carabinieri e servizi segreti, nonché l'inquietante repressione del 17 marzo 2001 a Napoli, durante il Global Forum sull'e-government, scatenata dal medesimo governo di "centro-sinistra", appoggiato da una coalizione che andava dall'Ulivo all'UDEUR, fondato dal capo dei gladiatori, Cossiga, passando per il PDCI. Ministro degli interni era Enzo Bianco. Alla stessa strategia di liquidare il movimento corrispondevano le stesse modalità assassine contro i manifestanti che, accerchiati e intrappolati in Piazza Municipio, asfissiati con i lacrimogeni, caricati e manganellati da ogni lato, furono spinti in massa verso il fossato del Maschio Angioino. Il morto non ci scappò solo per caso, ma i feriti non si contarono. Nonostante le prove generali di repressione andata in scena a Napoli, i partiti del "centro-sinistra" non poterono, ahiloro, appuntarsi le mostrine militari neofasciste del massacro di Genova: il 13 maggio del 2001, infatti, persero le elezioni politiche. E vale la pena di sottolineare che il filo nero che parte da Genova e arriva alla Val Susa, passando per la macelleria sociale di questi anni, non fu interrotto neanche dal governo Prodi (maggio 2006 - maggio 2008) sia sul fronte politico che sociale, nazionale e internazionale: "Sul governo del dittatore democristiano Prodi solo due parole chiare e nette: siamo contro e va abbattuto dalle masse. Perché Prodi come Berlusconi fa la guerra imperialista e serve i padroni. Non notiamo infatti in questo governo alcuna discontinuità rispetto a quello del neoduce, né in politica estera né in politica interna", denunciò il compagno Scuderi nel comizio tenuto in piazza Isolotto a Firenze il 15 aprile 2007, in occasione del 30° Anniversario del PMLI. Le tesi degli ex dirigenti del movimento noglobal Nonostante il consolidarsi del regime neofascista in Italia, gli opportunisti e riformisti ex-dirigenti del movimento noglobal, sempre con un piede nei movimenti e l'altro nelle istituzioni borghesi, portano, di fatto, avanti le parole d'ordine e gli interessi dei partiti della "sinistra" borghese a cui appartengono o di cui sono elettori, come succede ad Agnoletto, ex-parlamentare europeo, che nel 2010 è il candidato alla presidenza della Lombardia per la Federazione della Sinistra, o l'ex "disobbediente" Luca Casarini, che ha stretto legami con SEL, o Francesco Caruso che alle politiche del 2006 è stato candidato ed eletto alla Camera col PRC. Mirko Mazzali, "avvocato del movimento" nei processi post-G8, oggi siede nel consiglio comunale di Milano, eletto come "indipendente" nelle liste di SEL. Così come l'ex-leader del Leoncavallo, Daniele Farina e Cristina Tajani, alla guida dell'assessorato al Lavoro. A palazzo San Giacomo di Napoli, a seguito di De Magistris è arrivato Pietro Rinaldi, protagonista storico dei centri sociali partenopei, con un passato in Officina99 e in Insurgencia. Si tratta solo di alcuni tra i tanti nomi che in questi dieci anni sono passati dall'attivismo noglobal alle poltrone istituzionali, generando quella "convergenza di consensi sulle due sirene della 'sinistra' borghese, che va dai magnati dell'alta finanza e della Confindustria, fino alla 'sinistra antagonista' dei centri sociali, e finanche a quella confinante con l'area terroristica come i Carc", come denunciò il PMLI nel suo articolo "combattiamo le illusioni elettorali e governative", comparso sul n.23/2011 de Il Bolscevico, in "un'operazione politica ben pianificata dalla classe dominante borghese in camicia nera, in previsione di una precipitazione della grave crisi economica e sociale che si va facendo sempre più esplosiva". Da questa strategia di contenimento delle lotte popolari scaturisce l'imbroglio ideologico prodotto dagli ex dirigenti del movimento noglobal intorno a Genova 2001. Le definizioni a freddo di oggi: "tentato golpe", "sospensione della democrazia", "eclisse della democrazia", "scena cilena", "macelleria messicana", che ricordano quelle a caldo del 2001 quando i vari Bertinotti, Agnoletto, Casarini parlarono semplicemente di "pericoli per la democrazia'', di "involuzione antidemocratica", di "americanizzazione della risposta governativa", avanzando, addirittura un'ipotesi che scagionava del tutto Berlusconi: Genova come frutto di volontà sovranazionali che avrebbero esautorato i poteri del governo italiano. Si tratta di tesi che in vario modo continuano a sviare dai mandanti politici, turlupinano le masse e impediscono che prendano coscienza di essere in un regime neofascista, pienamente responsabile dei suoi crimini di ieri e di oggi, che ha il suo modello nello Stato fascista mussoliniano e che va abbattuto senza tergiversare. Negli appelli degli organizzatori del decennale di Genova, lo stesso pacifismo, ecumenismo e umanitarismo li portano a "individuare" i responsabili della crisi in una "minoranza di avidi privilegiati" che hanno dichiarato guerra "al resto dell'umanità e all'intera madre Terra". Gli organizzatori non vanno a fondo sulla devastante crisi finanziaria ed economica del capitalismo e continuano a riproporre la stessa parola d'ordine di ieri: "per un mondo diverso possibile": quale? Alla genericità opportunistica e menzognera dell'analisi internazionale aggiungono l'assenza di ogni accenno alla strategia politica della repressione di Genova e alla macelleria sociale del governo Berlusconi che non viene neppure nominato. Criticano certi aspetti del capitalismo ma non escono dai confini economici e istituzionali di esso. L'appello di "Uniti contro la crisi per l'alternativa" parla della cosiddetta "primavera italiana", di presunte "brecce aperte nel berlusconismo da Milano e Napoli", e di "periodo terminale del ventennio berlusconiano", dimenticando che il governo ha appena approvato in soli due giorni una micidiale stangata di 68 miliardi di euro, promettendo anche di appesantirla, con l'appoggio del rinnegato Napolitano che invoca l'unità tra governo e opposizione parlamentare, immediatamente accordata dall'"opposizione" parlamentare. Alla faccia del "periodo terminale", il governo Berlusconi continua a lavorare per consolidare il filo nero della macelleria sociale. Con l'aiuto dei sindacati confederali e della Confindustria che con l'infame accordo del 28 giugno hanno restaurato le relazioni industriali mussoliniane. Per questo le speranze di cambiamento riposte nelle nuove sirene del "centro-sinistra" come il neo manganellatore De Magistris, e il neo cementificatore Pisapia, definiti esempi della "nuova primavera italiana", sono destinate ad essere deluse. Un nuovo 25 Aprile È vero che il vento è cambiato. Ma è sempre al servizio della borghesia e del suo marcio sistema capitalista. Del resto, ne conosciamo già troppe di "primavere politiche" che sfruttano a fini elettoralistici il risveglio delle masse, come furono salutati agli esordi i vari Bassolino, Orlando, Bianco, Vendola, che poi finirono per riproporre la stessa politica e gli stessi metodi della destra neofascista. Il PMLI rispetta e comprende l'esigenza delle elettrici e degli elettori di sinistra che hanno votato il "centro-sinistra" pensando di liberarsi definitivamente di Berlusconi, tuttavia, come dimostrano i fatti delle ultime settimane, dalla Val Susa alla micidiale stangata, Berlusconi non è affatto intenzionato a lasciare Palazzo Chigi e continuerà la sua macelleria sociale provocando gravissimi danni politici e sociali nei due anni che gli rimangono per governare. Bisogna abbatterlo subito attraverso un nuovo 25 Aprile, liberando la carica di lotta antiberlusconiana della classe operaia e delle masse lavoratrici, giovanili, popolari e studentesche dalla trappola delle illusioni elettorali, parlamentari, governative, costituzionali, istituzionali, riformiste, legalitarie e pacifiste. Bisogna appoggiare senza esitazione anche l'uso di massa delle forme di lotta più dure e violente, come hanno fatto gli studenti con lo storico assalto al parlamento il 14 dicembre e gli eroici resistenti che il 3 luglio hanno combattuto una battaglia importante per impedire la devastazione della Val Susa. Queste lotte meritano il plauso e l'appoggio di tutti i democratici e gli antifascisti, non certo la condanna, la denigrazione e l'isolamento come hanno fatto il nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano, e i leader dei partiti della "sinistra" del regime neofascista, da Bersani a Vendola e Ferrero. Conseguito l'obbiettivo del nuovo 25 Aprile, il PMLI continuerà senza sosta la lotta per raggiungere l'obbiettivo strategico dell'Italia unita, rossa e socialista, dove regnino benessere, libertà e democrazia per i lavoratori e le masse popolari. Solo il socialismo, infatti, potrà liberare l'Italia dal capitalismo, dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dalla classe dominante borghese e dai suoi governi comunque colorati e denominati e dare il potere al proletariato. 20 luglio 2011 |