Spot pubblicitario di Berlusconi alle spalle dei terremotati dell'Abruzzo Il nuovo Mussolini monopolizza la Rai per fare propaganda al suo governo. Vespa e Sansonetti fanno il suo gioco Il 15 settembre, a reti praticamente unificate grazie alla preventiva "pulizia etnica" che aveva eliminato dai palinsesti qualsiasi altra trasmissione che potesse fargli ombra, è andato in onda su "Porta a porta" lo spettacolo di regime con cui il neoduce Berlusconi si è voluto auto incensare alle spalle dei terremotati dell'Abruzzo. Il set televisivo per questo spot propagandistico degno dei film Luce di Mussolini era stato accuratamente preparato nel paese di Onna, il più colpito dal sisma dell'aprile scorso, in occasione della consegna ad alcune famiglie di sfollati di un gruppo di casette in legno costruite dalla Croce rossa e dalla Provincia di Trento. Un evento che è stato sfruttato televisivamente dal nuovo Mussolini, in combutta con il suo gran ciambellano personale, lo strapagato anchorman di regime Bruno Vespa, per far passare il messaggio che lui e il suo governo hanno "mantenuto le promesse" consegnando a tempo di record le prime case ai terremotati, che tutto sta andando per il meglio e che la ricostruzione dell'Abruzzo procede secondo i tempi stabiliti. Un messaggio del tutto prefabbricato e falso, come anche i telespettatori di Rai1 avrebbero potuto sospettare se avessero potuto vedere gli striscioni di protesta, accuratamente evitati dalle compiacenti telecamere di regime, che alcuni rappresentanti dei comitati dei terremotati de L'Aquila e di altri paesi erano riusciti a portare ad Onna forzando il cordone sanitario con cui le "forze di sicurezza" avevano circondato il paese. E se avessero potuto sentire le grida di "vergogna, vergogna, le nostre case quando ce le date?", con cui i comitati hanno accolto il corteo del premier, che è stato molto attento a tenersi ben alla larga da loro. Invece i telespettatori hanno potuto vedere solo il nuovo Mussolini mentre, circondato solo da facce sorridenti e plaudenti, scopriva un monumento, inaugurava una scuola vuota e consegnava le chiavi di casa a una famiglia "fortunata", illustrando come un imbonitore da fiera le "meraviglie" della casetta, dal frigorifero "pieno di ogni ben di dio" alla tv al plasma. Con il vescovo de L'Aquila, benedicente e perdonante, che accoglieva il nuovo "uomo della provvidenza" con un "carissimo presidente, il Vangelo condanna chi chiacchiera e non fa concretamente e loda chi alle chiacchiere sostituisce fatti concreti. Il popolo è stanco di assistere a una vita politica fatta di risse, insulti, odio". La favola della "ricostruzione" Naturalmente i telespettatori non sono neanche stati informati che le casette in questione, anzi "le vere e proprie villette" in cui "noi tutti vorremmo abitare", come ha detto senza tema di ridicolo Berlusconi, non sono state fatte dal governo, ma sono state costruite dalla Provincia di Trento, su progetto della Regione Umbria e con i soldi raccolti dalla Croce rossa. Nessuno gli ha detto che se fosse stato per il governo e per Bertolaso, che a maggio avevano deciso di deportare gli sfollati nelle case antisismiche in costruzione a 15 chilometri dal paese, e che se non ci fosse stata la ferma opposizione degli abitanti, chiedendo appunto di essere alloggiati in casette in legno provvisorie per restare vicino alle loro case distrutte in attesa che siano ricostruite, non ci sarebbe stato alcun villaggio da inaugurare. E nessuno ha spiegato ai telespettatori che la "ricostruzione" de L'Aquila e dei paesi distrutti è solo una favola che non interessa questo governo, che non ha rimosso neanche le macerie e che sta invece costruendo delle "newtown" (città nuove), come Berlusconi aveva detto subito dopo il sisma, che al massimo potranno alloggiare solo una minoranza dei 40 mila terremotati abruzzesi, mentre tutti gli altri dovranno rassegnarsi a languire in una lunga e disagiata sistemazione nelle caserme e negli alberghi sparsi in tutta la regione. Nessuno glielo ha spiegato, anche perché i valletti del neoduce avevano provveduto a sterilizzare preventivamente il terreno mediatico da qualsiasi altro programma che potesse contraddire, o anche soltanto togliere audience, al baraccone propagandistico di regime allestito nel pomeriggio ad Onna e proseguito in prima serata nel lungo monologo mussoliniano di "Porta a porta". Già due giorni prima, infatti, il direttore della Rai Mauro Masi, con la sola risibile scusa di evitare "dannose sovrapposizioni", aveva ordinato il rinvio di una settimana della prima puntata di "Ballarò", prevista su Rai3 e che avrebbe dovuto occuparsi proprio della ricostruzione in Abruzzo. "Sovrapposizioni" comunque causate non dal programma soppresso, ma dallo spostamento di "Porta a porta" dalla seconda alla prima serata, per dare, come si sono giustificati Vespa e Masi, "il massimo risalto possibile" allo show del premier. L'arrogante e sfacciato colpo di mano ha sollevato indignate proteste, perché confermava platealmente il totale asservimento dei vertici Rai al nuovo Mussolini e perché cadeva in un momento in cui la libertà di stampa è sottoposta ai suoi furibondi attacchi. E mentre inoltre si intensificano le minacce e le manovre contro quel poco di informazione televisiva pubblica non ancora asservita a Berlusconi - come "Annozero", "Report", "Che tempo che fa", "Parla con me" e Tg3 - e per strappare il cosiddetto "fortino" di Rai3 alla "sinistra" borghese imponendo un nuovo direttore gradito al cavaliere piduista. Ciò nonostante il presidente "di garanzia" della Rai, Paolo Garimberti, ha lasciato passare il golpe farfugliando soltanto di "una disorganizzazione incredibile", ciò declassando la questione a un problema tecnico, mentre il presidente della Vigilanza Rai, Sergio Zavoli, ha convocato una riunione per discutere il "grave caso", ma accettando che all'ordine del giorno si discuta anche delle nuove nomine a Rai3. Un comizio a reti bonificate Lo show di Berlusconi a "Porta a porta" è andato quindi in onda praticamente a reti unificate, o per meglio dire bonificate, dal momento che per evitare il minimo rischio il suo padrone aveva provveduto perfino a far rinviare la puntata di "Matrix" prevista in prima serata sul suo Canale5, che avrebbe dovuto occuparsi del caso Feltri-Boffo. Nel suo lungo e indisturbato monologo, oltre ad autoincensarsi di nuovo come "il miglior presidente del Consiglio che l'Italia abbia mai avuto in 150 anni di storia", il neoduce si è scagliato forsennatamente contro chi lo accusa di minacciare la libertà di stampa con "accuse infondate e comiche" e con "atteggiamenti delinquenziali". Ha negato che Mediaset sia un megafono al suo servizio ("se no - ha spiegato comicamente - si potrebbe parlare di conflitto di interessi, ma così non è") e che la vera "distorsione" sta nel fatto che "la Rai, pagata con i soldi dei cittadini, è l'unica azienda televisiva al mondo che attacca una sola parte politica, la maggioranza di governo". Ed ha puntato il dito contro chi manifesta per la libertà di stampa, il che "è veramente il contrario della realtà", perché invece "siamo circondati nella stampa, nella tv e nella politica da troppi farabutti". Un attacco, il suo, visceralmente fascista e piduista alla stampa non asservita, che è stato fra l'altro accolto senza battere ciglio dal trotzkista bertinottiano Piero Sansonetti, chiamato come altre volte in soccorso da Vespa a recitare la parte del "giornalista di sinistra" compiacente nei comizi di Berlusconi a "Porta a porta". Ruolo che l'ex direttore di "Liberazione" e attuale direttore de "L'altro" ha ricoperto alla perfezione, non solo non difendendo la sua categoria di fronte alle violente e becere accuse di "farabutti" del premier, ma addirittura, con un eccesso di zelo tale da far sospettare un nuovo acquisto tra le schiere di pennivendoli foraggiati dal neoduce, si è messo a irridere e a negare sprezzantemente che oggi in Italia sia minacciata la libertà di stampa. Vero che poi la trasmissione è stata dal punto di vista dell'audience un flop, con soli 3 milioni di ascolti e uno share del 13,48%, battuta quasi del doppio persino da una fiction su Canale5. Tanto che il neoduce è andato su tutte le furie, e se l'è presa con Vespa e Masi perché a suo dire sono stati loro ad averlo voluto spostare in prima serata, cancellando "Ballarò" e creando così un effetto boomerang che lo avrebbe penalizzato. Ma questo non attenua la gravità del golpe mediatico del neoduce, né deve autorizzare a pensare che ciò confermi un suo presunto "declino", almeno dal punto di vista politico se non dell'immagine. Per questo non comprendiamo affatto, e anzi ci pare tanto pericolosa per il Paese, quanto purtroppo insperatamente incoraggiante per il nuovo Mussolini, la decisione della Federazione della stampa (Fsni) di rinviare al 3 ottobre la manifestazione in difesa della libertà di informazione che si doveva tenere il 19 settembre a Roma, con la speciosa motivazione del "lutto nazionale" per i soldati morti a Kabul. 23 settembre 2009 |