Una manovra da 24 miliardi sostenuta da Napolitano, Confindustria, Cisl e Uil Il governo stanga i lavoratori Blocco degli stipendi pubblici, stretta sulle pensioni, precari a casa, tagli a Regioni ed Enti locali, maxi-condono edilizio Occorre rispondere con lo sciopero generale di otto ore Annunciata dal tam tam partito con la grave crisi finanziaria, esplosa in Grecia ma che riguarda tutti i principali paesi europei, in testa Portogallo, Spagna, Gran Bretagna e Italia, pesantissima è calata con una forte accelerazione la scure del governo del neoduce Berlusconi. Il consiglio dei ministri martedì 25 maggio ha infatti approvato la manovra finanziaria proposta dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, praticamente a scatola chiusa, in appena 85 minuti, senza alcuna discussione (questa volta anche i finiani sono stati zitti) che contiene una stangata di ben 24 miliardi di euro: 12 nel 2010 e altri 12 nel 2011; ma vi è chi ha fatto notare, con ragione, che nei due anni considerati il totale dei miliardi saranno 36, visto che i 12 "risparmiati" nel 2010 si ripeteranno anche nell'anno successivo. Berlusconi si è molto irritato per il "difetto di comunicazione" con cui è stata annunciata la manovra: teme di perdere in popolarità e in consensi elettorali. E allora indossando la veste del propagandista, cosa che gli riesce benissimo, l'ha imbellettata sostenendo che non si tratta di una manovra punitiva che metterà le mani nelle tasche dei cittadini, ma che lo Stato deve costare di meno ai cittadini e il provvedimento taglia le spese, colpisce l'evasione e non aumenta le tasse. Le balle di Berlusconi Balle! Nemmeno Tremonti che è l'autore della manovra arriva a tanto. Infatti non può fare a meno di riconoscere che si tratta di "duri sacrifici" imposti dalla crisi e dalla necessità di far rientrare il debito pubblico dentro i parametri dettati dalla Unione europea. Perciò checché ne dica il cavaliere piduista di Arcore la finanziaria correttiva approvata dal governo è una manovra di lacrime e sangue e un'operazione, l'ennesima, di macelleria sociale che taglia drasticamente la spesa pubblica, colpisce duramente i lavoratori pubblici in particolare, ma anche quelli privati, riduce drasticamente e in modo insostenibile i trasferimenti finanziari a Regioni ed Enti locali con prevedibili conseguenze drammatiche per il mantenimento dei servizi e del welfare che ormai all'80% si applica a livello locale; mentre i ricchi e ricchissimi non vengono minimamente toccati, a costoro non è stato chiesto alcun contributo nemmeno una-tantum e gli evasori sono stati ulteriormente favoriti, prevedendo l'ennesimo maxi-condono edilizio. Insomma, al solito, si scaricano gli effetti della crisi sulle spalle delle masse lavoratrici e popolari che di essa non portano alcuna responsabilità. Su questo è bene insistere: quella in atto è una crisi capitalistica prodotta dal modo di produzione capitalistico e dalla sue insolubili contraddizioni, prodotta dalla logica del profitto della classe dominante borghese ricercato in qualunque modo e a qualsiasi prezzo. Nello specifico dal capitale finanziario che prima ha portato, a partire dagli Usa, al crollo delle borse e al fallimento di numerose e importanti banche, poi ha beneficiato di immensi aiuti pubblici (soldi dei contribuenti, quindi anche degli operai), e infine ha sviluppato una forte opera di speculazioni sui paesi a forte debito pubblico e sull'euro. Una speculazione che poteva e potrebbe essere fermata con adeguati provvedimenti fiscali o comunque limitativi. L'impressione, per non dire la certezza, è che i governi europei sia quelli di "centro-destra" che quelli di "centro-sinistra" abbiano colto l'occasione della crisi per abbattere le spese pubbliche e allo stesso tempo, assestare un colpo demolitore al welfare e ai diritti dei lavoratori. Quando, due anni fa, si trattò di salvare le grandi banche di affari e la grande speculazione finanziaria dalla bancarotta, i governi borghesi non esitarono ad attingere ingentissimi capitali dai bilanci statali per rimediare alla gravissima crisi internazionale innescata dai fondi-spazzatura. Ora, che i paurosi deficit statali provocati da quel piano straordinario di salvataggio delle banche e degli istituti finanziari non potevano non diventare devastanti specie per gli Stati e le economie più deboli e in difficoltà, quegli stessi governi borghesi invocano il riequilibrio dei deficit stangando selvaggiamente i lavoratori e le masse popolari. Allora i ministri dei governi imperialisti presentarono quell'intervento come indolore e miracoloso, in grado di evitare una nuova grande crisi tipo 1929, oggi i nodi arrivano al pettine ed emerge la cruda verità. Nel capitalismo per gli operai funziona così: quando va bene sei uno sfruttato con qualche tutela, quando va male sei gettato sul lastrico e nella povertà. Non siamo tutti sulla stessa barca Sia Berlusconi che Tremonti hanno la faccia tosta di lanciare appelli del tipo: siamo tutti nella stessa barca, se affonda affondiamo tutti; oppure, affrontiamo tutti insieme, maggioranza di governo e opposizione parlamentare, "parti sociali", la politica di sacrifici che il momento impone. Una linea questa di "unità nazionale" di stampo neo-corporativo, caldeggiata da Napolitano, il nuovo Vittorio Emanuele III, il quale, non solo non perde occasione per perorare questo tipo di unità, ma in modo del tutto inusuale ha persino seguito direttamente la definizione della manovra, anche se ufficialmente fa finta di non conoscerne i contenuti. Questa linea qualche risultato lo ha ottenuto visto che la Confindustria ha apprezzato la manovra del governo: lo ha detto il suo presidente, Emma Marcegaglia, nella sua relazione tenuta nell'Assemblea nazionale dell'associazione padronale del 28 maggio; visto le dichiarazioni di approvazione dei leader dei sindacati complici Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti; consultati preventivamente da Tremonti in una riunione dove la Cgil è stata esclusa. Sui pubblici dipendenti Iniqua, profondamente ingiusta, persino depressiva in relazione alla ripresa dei consumi e della produzione, con inevitabili conseguenze peggiorative per i livelli di vita e di lavoro per le masse popolari, giovani e donne in testa, che già se la passano male, considerata anche la terribile condizione sociale e occupazionale esistente: queste le caratteristiche principali della manovra. A farne le spese in prevalenza i lavoratori pubblici ai quali il governo congela gli stipendi per tre anni, che significa non rinnovare i contratti nazionali di lavoro 2010-2013, bloccare la contrattazione integrativa, non ricevere il salario accessorio persino per i contratti già sottoscritti. Colpiti pesantemente anche i lavoratori precari: si tratta di 1.000 precari della ricerca, 26.500 precari dell'università, 20 mila insegnanti e 45 mila precari del pubblico impiego che non avranno riconfermato il contratto perché sono stati dimezzati i fondi. Sempre dal lato occupazionale c'è da considerare il blocco del turn-over ovvero la mancata sostituzione dei lavoratori che vanno in pensione, con una perdita di 90 mila posti di lavoro. La manovra prevede inoltre una stretta sulle pensioni, che non manca mai quando c'è da tagliare la spesa. Essa si articola accelerando i tempi per l'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni delle lavoratrici del pubblico impiego (piove sul bagnato) e riducendo per tutti i lavoratori pubblici, privati e autonomi le finestre per andare in pensione sia di anzianità sia di vecchiaia da quattro a una sola, il che comporta un ritardo fino ad un anno ed oltre dell'uscita dal lavoro e per iniziare a riscuotere l'agognata pensione. Un colpo alla previdenza, un altro alla sanità: anche questo è uno schema consolidato nelle leggi finanziarie governative. Scampato pericolo, per ora, per la reintroduzione del ticket sulla diagnostica specialistica. Ma il fondo sanitario nazionale subisce un taglio di 550 milioni di euro. Peggiorata anche la normativa per la pensione di invalidità la cui percentuale sale dal 74 all'85% per ottenerla. Sulle regioni e gli enti locali Una parte molto consistente della manovra, attorno al 50%, passa dalla riduzione drastica, "insostenibile" afferma Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, che prevede un taglio delle risorse di ben 10 miliardi nel biennio, 5 miliardi nel 2010 e altri 5 nel 2011. E altri 3,3 miliardi di euro a comuni e province: rispettivamente 800 e 300 nel 2010, 1,5 miliardi e 600 milioni nel 2012. Con un taglio di questo genere gli amministratori regionali e locali, già in difficoltà per i loro bilanci decurtati avranno solo due alternative, tutte e due deleterie per i cittadini. Tagliare servizi e assistenze o aumentare le tasse; oppure ancora agire su ambedue queste leve. Per le regioni del Mezzogiorno Tremonti ha previsto che possano ridurre o abolire l'Irap per le nuove imprese, ma non si vede come ciò possa avvenire dato che è con questa tassa che esse coprono la spesa sanitaria già oggi in forte debito. Il maxi-condono Altro aspetto caratteristico non secondario è rappresentato dalla vergogna del maxi-condono mascherato delle cosiddette case fantasma, ancora in discussione. È chiamato furbescamente "razionalizzazione catastale" e dà la possibilità di sanare con pochi soldi e nessuna sanzione le case costruite abusivamente e senza rispettare le norme di solidità antisismica. Per fare un po' di cassa si fa un grande regalo all'abusivismo di oggi e si incoraggia l'abusivismo di domani e la devastazione del territorio. Ci sono delle misure sbandierate come positive dal governo ma che in realtà hanno un valore puramente simbolico e hanno solo una funzione demagogica e ingannatoria. È il caso del leggero aumento delle tasse sulle stock option e anche dei bonus di manager e banchieri che superano il triplo della parte fissa della retribuzione. È il caso dei tagli del 10% agli stipendi dei ministri oltre gli 80 mila euro. È il caso della riduzione dei contributi per le spese elettorali dei partiti parlamentari. Misure in sé condivisibili ma di portata, in termini economici, poco rilevante. In questo mazzetto va citato il provvedimento anti-evasione fiscale sulla tracciabilità dei pagamenti. Provvedimento che abbassa la possibilità di pagare in contanti da 12.500 a 5.000 euro. È però poca cosa rispetto a quello che sarebbe stato necessario fare nel campo di contrasto all'evasione fiscale che in Italia è di dimensioni gigantesche. Non c'è nulla sulla riduzione delle tasse ai lavoratori e ai pensionati. Non c'è un adeguamento della pressione fiscale sulle rendite finanziarie pari almeno alle medie europee; non c'è una tassa sulle grandi ricchezze e sui grandi patrimoni considerato che, nel nostro Paese, le famiglie più ricche (2,3 milioni circa) detengono un patrimonio di 3.700 miliardi di euro, pari al 45% della ricchezza totale. Le iniziative della Cgil Diversamente dalle altre due confederazioni sindacali, la Cgil si è espressa in modo critico e ha programmato due iniziative di lotta: una manifestazione nazionale a Roma dei dipendenti pubblici per il 12 giugno prossimo; uno sciopero generale di tutte le categoria di 4 ore da fare entro giugno (probabile la data di venerdì 25) con manifestazioni territoriali. Una manovra iniqua quella varata dal governo "che divide - ha detto Epifani nella conferenza stampa del 26 maggio - il paese nei sacrifici, grava sui lavoratori con l'innalzamento dell'età pensionabile e sui cittadini con i tagli agli enti locali che si tradurranno in una riduzione dei servizi. Non prevede uno straccio di riforma, non mette in campo nessuna azione di sostegno allo sviluppo o in difesa dei redditi". Per il segretario della Cgil la manovra dev'essere modificata sulla base di queste proposte: un'addizionale di solidarietà sui redditi superiori a 150 mila euro; il ripristino dell'Ici, ma solo per i redditi da 90-100 mila euro; una tassazione unica sulle rendite finanziarie da portare dal 12 al 20%; alzare la tassazione dello scudo fiscale dal 5 al 7%. Da segnalare la decisione di alcuni sindacati non confederali (L'Unione sindacale di base e i Cub) di indire una giornata di mobilitazione per il 5 giugno prossimo. Non ci possono essere dubbi sulla necessità di contrastare duramente la manovra del governo. Non ci possono essere tentennamenti sull'opportunità di respingerla e farla fallire. Ma per ottenere risultati tangibili in questo senso occorre una forte e quanto più larga possibile risposta di lotta. Occorre costruire e sviluppare una mobilitazione e una contestazione di massa. Occorrono forme di lotta tempestive e nel tempo. Occorre indire al più presto lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma per difendere i diritti dei lavoratori, per abbattere il governo del neoduce Berlusconi, il governo della macelleria sociale, del bavaglio ai media e della restaurazione del fascismo. 28 maggio 2010 |