Federalismo fiscale e manovra Tremonti: una tenaglia che frantuma quel che resta del "Welfare State" e del "Sistema sanitario nazionale" Superstangata per la sanità del Centro-Sud I governatori leghisti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, esultano. Il governatore della Campania, Caldoro (PDL) li asseconda. Il governatore trotzkista della Puglia, Vendola, prepara nuovi tagli e ticket. Timida e inconcludente la protesta organizzata da Errani e Chiamparino (PD) Occorre lo sciopero generale con manifestazione sotto palazzo chigi Lo abbiamo scritto mille volte il federalismo manda in frantumi l'Unità d'Italia. Spezzettandola in 20 staterelli asseconda l'egoismo delle borghesie locali delle zone più ricche, che per competere nella globalizzazione capitalista e imperialista hanno assegnato alla borghesia parassitaria e mafiosa il compito di trasformare il deserto di industrie e servizi pubblici del Mezzogiorno in una mega-discarica, in un bacino di voti "militarmente" controllati e in una zona franca per il riciclaggio dei profitti di ogni tipo di lavoro nero, una sorta di Singapore del Mediterraneo. E' quanto avverrà in via definitiva se non verrà abbattuto il carro armato governativo che, dopo la finanziaria di lacrime e sangue, si appresta a dare attuazione alla madre di tutte le stangate per il Sud, il federalismo fiscale. Il ministro della "Semplificazione", ovvero "Secessione", Roberto Calderoli, ha infatti annunciato che dopo il decreto attuativo sul federalismo demaniale (dismissione del patrimonio pubblico) porterà in parlamento entro luglio gli altri decreti attuativi che trasferiranno a Regioni e Municipi anche gli introiti delle tasse che attualmente vengono riscosse dallo Stato. Il risultato di queste raffiche di tagli e decreti sarà senz'altro la scomparsa del fondo sanitario nazionale e dei fondi perequativi, e con esso del sistema sanitario nazionale universale, con annessa privatizzazione generalizzata della sanità e demolizione-abbandono di quel che resta della sanità pubblica nel Mezzogiorno. Aumentano le addizionali Irpef ed Irap Incurante persino del prevedibile "scontro istituzionale", il neoduce Berlusconi ha ripetutamente chiuso le porte in faccia agli incontri richiesti da governatori e sindaci, dando il via libera in commissione al Senato all'emendamento del relatore Azzolini che conferma tutti i tagli della prima ora (8,5 miliardi di euro a carico degli enti locali, di cui 4 miliardi nel prossimo anno e 4,5 miliardi nel 2012), solo che saranno "più flessibili, non lineari, e premieranno le regioni virtuose". "Più flessibilità, secondo principi di virtuosità" ha spiegato infine il 9 luglio in tandem con il fido gerarca Tremonti significa: "adozione di misure per il rispetto del patto di stabilità interno, minore incidenza percentuale della spesa per il personale sulla spesa corrente totale, contenimento della spesa sanitaria". Cosicché la super-stangata sulla sanità contenuta nella manovra economica, ammonterebbe a ben 630 milioni di euro senza contare la norma, inserita manco a dirlo su "pressing" della Lega, che prevede un aumento di 0,30 punti per l'addizionale regionale Irpef e 0,15 per l'Irap per le regioni in deficit nel comparto sanitario, tutte ovviamente del Centro-Sud. Se consideriamo una media stimata di 18.677 euro di reddito medio lordo, l'incremento di 0,30% punti percentuali significa un rincaro dell'Irpef di 57 euro in Campania, di 41 in Sicilia, di 64 nel Lazio. Per un lavoratore autonomo l'aumento si aggira sui 45 euro, mentre per le società di persone sarebbe in media di 130 euro. Altro che meno tasse per tutti! La mazzata colpirà non tanto le imprese, per la stragrande maggioranza sommerse, quanto i lavoratori dipendenti del Mezzogiorno, considerando che ad esempio i campani hanno già le due imposte calcolate al massimo (4,9 per Irap, 1,4 per Irpef), senza contare l'odioso balzello imposto su ogni rifornimento alle pompe di carburante, introdotto dal primo gennaio 2004. "Ancora una volta il ministro dell'economia scarica il peso della crisi su quelle che considerano come 'regioni-canaglia' (Lazio, Molise, Calabria e Campania governate prima dal 'centro-sinistra' ed ora dal 'centro-destra') - osserva il segretario regionale della Cgil Campania, Michele Gravano - ma noi ci opporremo a questo aumento". Tra i governatori invece, i più entusiasti per il processo di demolizione del cosiddetto "Welfare" e del Sistema sanitario nazionale che va completandosi, ritroviamo i leghisti Roberto Cota (Piemonte) e Luca Zaia (Veneto): "Giusto premiare le regioni virtuose, un anticipo del federalismo fiscale", oltre al pappagallo governatore della Campania Stefano Caldoro: "Le regioni con deficit dovranno alzare le tasse e tagliare le spese", annuncia, dopo che in campagna elettorale si era impegnato "a lavorare per ridurre le addizionali Irpef e Irap in coerenza con il piano di rientro". La decisione del governo secondo l'ex-ministro: "rientra fra le "sanzioni automatiche" che seguono la non sostenibilità dei piani di rientro presentati durante le passate amministrazioni" e ritenuti "inadeguati" dal ministero. Un'accusa quella dello sfacelo ereditato dalla giunta Bassolino che non ha lasciato indifferente il PD: "Non c´è bisogno di ulteriori prove per capire che Stefano Caldoro è governatore solo sulla carta, chi comanda è Tremonti", ha affermato il capogruppo regionale Giuseppe Russo. Insomma il solito vomitevole palleggiamento di responsabilità sulla pelle dei malati e delle masse popolari tra i due poli del regime neofascista che alla fine dei conti si ritrovano uniti. In Campania sulle politiche dei commissariamenti a tappeto, sulla "riorganizzazione della rete ospedaliera" (dimezzamento), sull'"accorpamento delle Asl e di distretti" (dimezzamento) e sulla necessità di "dare un taglio agli straordinari...inutili quanto mai, specialmente in tutti i servizi territoriali delle Asl campane", sul blocco del turn-over e il pignoramento degli stipendi da parte delle spa e delle banche che hanno in mano "il debito" delle Asl nei confronti dei privati. In Puglia sul "piano di chiusura degli ospedali e la reintroduzione dei ticket'' proposto dalla giunta guidata da Nichi Vendola che prevede, tra l'altro, un taglio di 2.200 posti letto, meno ospedali di base e ticket di un euro sulle ricette. "Scontro istituzionale" sull'entità dei tagli In conferenza unificata Stato-Regioni si è consumato lo "strappo istituzionale". Da una parte i gerarchi Tremonti e Fitto (ex-governatore ed impietoso taglieggiatore della rete dei piccoli ospedali della Puglia) dall'altra i governatori delle restanti Regioni (meno Zaia, Cota e Caldoro), i sindaci e i presidenti di provincia, i quali riunitisi in via "straordinaria" hanno respinto l'emendamento e per bocca dei portavoce delle Regioni, e governatore dell'Emilia-Romagna, Vasco Errani, e del presidente dell'Anci e neopodestà di Torino, Sergio Chiamparino affermano: "La manovra è assolutamente insostenibile", abbiamo assistito "ad un comportamento istituzionalmente gravissimo e inaccettabile da parte del governo", "non ci resta che rimettere le deleghe assegnateci dalla legge Bassanini" (che pesano per poco più di 3 miliardi di euro di trasferimenti). "Siamo sempre più convinti che l'unica soluzione attuabile sia questa - conferma Gianni Chiodi, governatore dell'Abruzzo - Il governo sa benissimo che con i tagli previsti in finanziaria le Regioni non sono in grado di operare amministrativamente su alcune materie importanti come i trasporti e le politiche di sostegno alla famiglia e alle imprese, tanto per fare qualche esempio". Sul "piede di guerra" è sceso persino il governatore lombardo, il clerico-fascista Roberto Formigoni (PDL): "Se non abbiamo più i fondi per far andare i treni dei pendolari, per dare aiuti alle imprese e alle famiglie, non potremo che rimettere le deleghe" e la fascista doc Renata Polverini (Lazio): "metteremo in campo gli avvocati: Ho il dovere di farlo. Da parte del governo un ripensamento era possibile. I tagli incideranno ovunque sulle politiche sociali e sui servizi. Nel Lazio abbiamo stimato che solo per il trasporto pubblico locale il taglio sarà di circa 400 milioni". Per noi è evidente che il grave limite di queste critiche e che si incentrano solo e unicamente sull'entità e la distribuzione dei tagli e non sul drenaggio infinito di denaro pubblico verso la sanità privata convenzionata né tanto meno sulla modifica della forma dello Stato da unitario a federale. Infatti quando Cota, sfilandosi dal fronte del No, afferma che non rimetterà le deleghe e si batterà perché "le regioni anticipino la spesa standard", Errani, gli risponde con una affermazione che è tutto un programma, ossia quello filo-leghista dei dirigenti nazionali e locali e dei governatori del PD: "Vedremo di che cosa stiamo parlando. E vedremo quello che sarà il problema con questa manovra: come portare avanti il federalismo. Io ci credo da sempre moltissimo nel federalismo fiscale, e sono convinto che sia una strada giusta. Ma sono sempre più preoccupato. E non per ragioni politiche, ma per ragioni sostanziali. In questo modo il federalismo subisce un colpo pesantissimo. Non capisco come si possa pensare ad un percorso, il federalismo, nel momento in cui con la manovra si prende la strada esattamente opposta" (sic!) In ogni caso la risposta di Palazzo Chigi a queste timide, omertose e disarticolate proteste non si è fatta attendere: al "Me ne frego della piazza" il nuovo Mussolini ha aggiunto il "me ne frego di sindaci e governatori", a cui puntuale è seguita la "provocazione" del suo gerarca Tremonti, il quale, appresa la decisione della Regione Toscana di chiudere sette uffici di rappresentanza all'estero, salvando solo quello a Bruxelles, si domanda "perché avendo come unica interfaccia la Ue, le regioni non si unificano a Bruxelles concentrandosi in un solo ufficio a sua volta unico?". La parola alla piazza Ciò dimostra ancora una volta che per impedire che il governo proceda oltre nel privatizzare l'Italia e massacrare i lavoratori e le masse popolari occorre fare affidamento sulla lotta di massa e di piazza. Il PMLI è pronto a unirsi a tutti gli antifascisti, gli anticapitalisti, gli intellettuali sinceramente democratici e progressisti, che al di là delle loro posizioni partitiche, filosofiche o religiose siano disposti a dare vita ad un nuovo 25 Aprile per liberarsi del nuovo Mussolini. Per questo continuiamo a bombardare la Cgil, che ne ha la forza, affinché proclami subito lo sciopero generale di 8 ore di tutte le categorie con manifestazione sotto palazzo Chigi contro la stangata da 25 miliardi, per abbattere il governo della macelleria sociale, del bavaglio ai media e della restaurazione del fascismo. È questa, per noi marxisti-leninisti, la battaglia da vincere oggi per poter proseguire verso l'Italia unita, rossa e socialista! 14 luglio 2010 |