Inserita nella "spending review" Stangata del governo sulle tasse universitarie Abolito di fatto il tetto di contribuzione studentesca. Aumenti per tutti gli studenti, fino al 100% per i fuori corso. Le organizzazioni studentesche denunciano la "liberalizzazione delle tasse mascherata" e annunciano mobilitazioni Il governo Monti, che nulla ha da invidiare al suo predecessore non solo in termini di massacro sociale ma anche di distruzione sistematica dell'istruzione pubblica, nella spending review approvata nei mesi scorsi ha inserito una feroce stangata sulle tasse universitarie che mette ancora più in difficoltà gli studenti provenienti da famiglie popolari, che faticano a pagare le già pesanti rette imposte attualmente (più della metà degli atenei, è bene ricordarlo, sforano il tetto massimo della contribuzione studentesca del 20% rispetto al fondo di finanziamento ordinario). La stangata Una stangata la cui effettiva portata è rimasta un punto interrogativo fino alla fine, in quanto sottoposta a un balletto inconcludente. A una prima lettura della versione comparsa a inizio luglio, veniva di fatto abolito il suddetto tetto massimo di contribuzione studentesca (richiesta, questa, già avanzata nel febbraio scorso dalla Conferenza dei Rettori asservita a Confindustria), che restava valido solo per gli studenti in corso, venendo però calcolato su una percentuale più bassa (i fuori corso in Italia sono il 40% degli studenti, secondo dati del 2011, ma ben superiori secondo altre stime) e quindi prospettando sostanziali aumenti delle tasse anche per gli studenti in regola con gli esami. A fronte delle proteste scatenate da questo provvedimento, la Commissione Bilancio del Senato il 26 luglio approvava un emendamento che ristabiliva il calcolo del 20% su tutti gli studenti iscritti (e non solo su quelli in corso). La stangata restava per i fuori corso, per i quali si prospettavano aumenti del 25% per ISEE inferiori ai 90.000 euro, del 50% per ISEE compresi fra 90.000 e 150.000 euro, e 100% per ISEE oltre i 150.000 euro. Se non che, nel testo approvato dal Senato il 31 luglio, il governo ha mantenuto la differenziazione degli aumenti per i fuori corso in base al calcolo ISEE, ma ha anche reintrodotto la norma originale per cui il 20% di contribuzione studentesca sarà calcolato non su tutti gli studenti iscritti, ma solo su quelli in corso, legalizzando così nuovi aumenti delle tasse per tutti gli studenti universitari. Gli aumenti sono bloccati per tre anni per gli studenti sotto i 40.000 euro di ISEE; e dopo questi tre anni? L'obiettivo palese è quello di far cassa sugli studenti, dato che lo Stato non finanzia più le università pubbliche, anche se "curiosamente" il governo ha trovato 20 milioni di euro da elargire alle private. L'aumento medio a livello nazionale viene stimato intorno ai 650 euro, con picchi che vanno fino a 1400 euro. L'ennesima stangata si aggiunge agli aumenti alle tasse regionali per il diritto allo studio, sempre a firma del governo Monti. Del tutto inaccettabile e da respingere il tentativo propagandistico del governo di mettere studenti contro studenti facendo passare i fuori corso come "un costo sociale frutto di un problema culturale italiano" (parole di Profumo). Come se gli "illustri" professori universitari presenti nell'attuale governo (a partire dagli stessi Monti, Fornero e Profumo) non sapessero che la stragrande maggioranza dei fuori corso non è in pari con gli esami perché costretta a lavorare per mantenersi gli studi, spesso in nero o comunque sottopagati. La reazione studentesca La reazione delle organizzazioni studentesche non si è fatta attendere. L'Udu il 23 luglio ha denunciato una "liberalizzazione delle tasse studentesche mascherata". "Il governo", ha detto il coordinatore nazionale Michele Orezzi, "sta uccidendo l'università pubblica. (...) Il governo deve immediatamente cancellare questa previsione senza se e senza ma. Siamo pronti a scendere in tutte le piazze d'Italia". Un buon proposito seguito però da una più velleitaria richiesta di intervento da parte di Napolitano in difesa dell'istruzione pubblica, quasi tralasciando che è proprio il nuovo Vittorio Emanuele III a scudare il governo da lui stesso avvallato. Anche il Coordinamento universitario "Link" (Rete della Conoscenza), che ha seguito attentamente l'iter della stangata, in un comunicato del 12 agosto ha scritto: "Pretendiamo che tutte queste norme recentemente introdotte con la spending review, che hanno il solo scopo di liberalizzare le tasse universitarie per coprire i tagli al finanziamento dell'università pubblica, condotti dagli ultimi governi, siano immediatamente ritirate". "Il governo deve sapere che torneremo in piazza a settembre contro qualsiasi modifica del sistema di contribuzione che costringa gli studenti universitari a pagare più tasse del dovuto (...) Manifesteremo in tutte le città in favore della ripubblicizzazione di scuole e università e contro un governo che vuole distruggere il pubblico e far pagare il peso di questa crisi alle fasce più deboli della società". Lottare per l'università pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti Proprio negli ultimi giorni Profumo ha anche ripreso il tema della sostituzione delle borse di studio con i prestiti d'onore, ossia veri e propri prestiti contratti dagli studenti con le banche da restituire al termine degli studi. Non a caso il modello evocato dall'inquilino di viale Trastevere in un'intervista a la Repubblica del 1° settembre, è quello "asiatico". "Si inizierà a restituire", ha detto, "dopo aver trovato lavoro e per cinque stagioni". Ma quale lavoro, visto che ad attendere i giovani dopo la laurea c'è la precarietà quando non la disoccupazione? Senza contare che quelle dei paesi asiatici sono tutt'altro che esempi di università democratiche e popolari. Insomma, quello in atto nell'università non è che il progetto neofascista, classista, aziendalista e meritocratico di cui sono stati campioni già Berlusconi e Gelmini. È urgente mobilitarsi per l'università pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti e per cacciare il governo della grande finanza, dell'UE e della macelleria sociale. 5 settembre 2012 |