Gli Stati borghesi in balia della finanza internazionale Uno degli aspetti che più fa impressione di questa crisi finanziaria mondiale, che ultimamente ha investito e destabilizzato uno dietro l'altro alcuni paesi europei, come l'Irlanda, la Grecia, il Portogallo, la Spagna, e ora minaccia gravemente anche l'Italia, è l'impotenza dimostrata dagli Stati borghesi e dalle loro istituzioni monetarie, sia nazionali che sovranazionali, nel fare argine in modo efficace agli attacchi della speculazione finanziaria internazionale. Anche senza capire nulla di economia e di finanza, chiunque può rendersi conto che tra la grande finanza internazionale da una parte, e gli Stati borghesi e le istituzioni monetarie dall'altra, è sempre la prima a tenere in mano le redini del gioco e a determinare il risultato della partita. I secondi possono solo cercare di intervenire dopo che la finanza e i mercati hanno fatto i danni, e solo per contenerli in qualche modo e per qualche tempo, fino alla prossima crisi che nessuno è in grado di prevedere e controllare. Questa è la realtà che tutti hanno potuto percepire chiaramente e vedere riconfermata ripetutamente, fin da quando la crisi finanziaria mondiale del capitalismo ha avuto inizio nell'estate del 2007, innescata dal crollo dei mutui "subprime" negli Stati Uniti, per poi espandersi come un contagio pestilenziale in tutto il mondo. Quello che emerge sempre più in maniera lampante è, in altre parole, il ruolo assolutamente preponderante e determinante di una centrale finanziaria internazionale in grado di condizionare le economie dei singoli Stati. Una sorta di super cupola finanziaria planetaria, capace di spostare enormi masse di capitali in tempo reale su tutti i mercati mondiali, che sceglie di volta in volta l'anello più debole della catena dei paesi capitalisti, per poi sottoporlo a un violento attacco speculativo fino a portarlo sull'orlo del fallimento. Servendosi a questo scopo anche delle agenzie di rating, come Moody's, Standard & Poor's ecc., formalmente "indipendenti" ma in realtà al suo servizio, che alzano o abbassano a seconda delle convenienze il giudizio sulla solvibilità del debito dello Stato preso di mira. Gli obiettivi immediati che la centrale finanziaria internazionale si propone con questa strategia sono due: innanzi tutto conseguire enormi profitti finanziari dal debito pubblico di questi paesi, attraverso la speculazione diretta sui loro fondi sovrani. E al tempo stesso ricattare e imporre la politica economica ai paesi presi di mira, costringendoli a drenare ancor più risorse da salari e stipendi e dalla spesa sociale; e soprattutto a varare nuove ondate di liberalizzazioni per favorire la penetrazione delle grandi multinazionali nelle proprie economie, e di privatizzazioni per gettare sul mercato a prezzi stracciati i beni pubblici alla mercé della speculazione interna e internazionale. È esattamente quel che è successo con i paesi europei del gruppo cosiddetto dei "PIGS" (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) da parte dei giganteschi hedge funds internazionali. Che ora, dopo il rialzo dei tassi di interesse, non avendo più abbastanza da spremere da quei paesi, stanno prendendo di mira anche l'Italia. Ma proprio l'attacco all'Italia, secondo molti analisti, rivela anche un obiettivo a più lungo termine, nella strategia della cupola finanziaria internazionale: ed è l'attacco all'euro, poiché l'Italia, la terza economia dell'area dell'euro, è troppo grande per essere lasciata fallire, ma anche per essere aiutata. Un suo fallimento trascinerebbe inevitabilmente con sé anche l'euro, e l'instabilità monetaria che ne deriverebbe rappresenterebbe un'altra ghiotta opportunità per la speculazione internazionale. Tutto ciò rivela tutta l'anima nera del sistema imperialista, in cui un pugno di rentiers che controllano la grande finanza internazionale, è in grado di spadroneggiare dappertutto e di determinare la politica economica degli Stati borghesi, le loro fortune o il loro fallimento, indipendentemente dalla volontà e dai programmi dei governi, delle istituzioni e degli organismi formali che li rappresentano internazionalmente. Persino Obama, strombazzato a suo tempo come "l'uomo nuovo" capace di mettere il morso alla speculazione finanziaria e salvare l'economia mondiale dalla crisi, o quantomeno quella del suo paese, è costretto a mendicare l'aiuto del partito avversario per tentare di intervenire con qualche misura palliativa sulla devastante crisi che continua a destabilizzare anche l'economia statunitense. Si conferma insomma ancora una volta e in pieno l'analisi di Lenin, secondo cui l'imperialismo fase suprema del capitalismo, è un sistema parassitario, un sistema giunto ad una fase di putrefazione, in cui anche i singoli Stati capitalisti sono in balia di un pugno di parassiti che controllano la grande finanza internazionale e che possono fare il bello e il cattivo tempo in ogni campo pur di conseguire i loro obiettivi. Seguendo una tendenza coercitiva al raggiungimento del massimo profitto connaturata col sistema imperialista stesso, e di cui le guerre imperialiste sono solo il prolungamento della loro politica con altri mezzi. 20 luglio 2011 |