Gli "stati generali" dei precari non si fanno illusioni su un'eventuale alternativa di governo I precari sono una classe? Il 24 e il 25 settembre a Bologna si è tenuta la quarta "edizione" degli Stati generali della precarietà, un'iniziativa promossa dall'associazione "San Precario" e che punta a trovare i metodi e le forme per realizzare uno sciopero precario. Nel merito, la quarta edizione si è focalizzata su quali saranno la linea e lo spirito con cui i precari parteciperanno alla manifestazione nazionale del 15 ottobre. È incoraggiante che i precari, sin dal documento di convocazione della due giorni bolognese, non si facciano illusioni sulla possibilità di risolvere la crisi e le politiche di austerità imposte dal capitale finanziario, Banca centrale europea (BCE) in testa, limitandosi a cambiare l'inquilino di palazzo Chigi: "Chi pensa che il 15 ottobre serva ad allargare la possibilità di un'alternativa di governo o di uno 'spazio di rappresentanza' non ha afferrato la portata della crisi". Rincara la dose Andrea Fumagalli in un'intervista a Liberazione del 24 settembre: "un governo tecnico marca Napolitano-Draghi, sarebbe un governo comunque ostaggio delle politiche della BCE. Altro che alternativa. (...) il vero obiettivo del 15 ottobre dovrà essere quello di dar vita ad una mobilitazione ancora più forte e radicale". Verso lo sciopero precario Dai documenti come dagli interventi emergono chiare le enormi difficoltà che si presentano davanti alla realizzazione di uno sciopero precario, prima fra tutte la condizione di estrema ricattabilità. Ma sono anche tangibili la rabbia e la combattività dei precari, costretti a vivere in condizioni di estremo disagio e senza la possibilità di progettarsi un futuro. Nel documento conclusivo si legge: "Lo spazio costituente che si vuole definire oggi è quello che guarda, in una prospettiva di medio-lungo periodo, alla costruzione, l'affinamento e la diffusione delle lotte contro la precarietà imposta dall'attuale modello di governo del capitale contro le nostre vite. (...) Per questo a dicembre sperimenteremo esperienze di sciopero dentro e contro la precarietà, (...) uno sciopero che arrivi a colpire laddove fa più male, dove si fanno i profitti, dove si produce e riproduce il capitale". Le rivendicazioni: "un reddito di esistenza incondizionato; un nuovo welfare basato sui diritti e sull'accesso a servizi e beni comuni materiali e immateriali; il diritto all'insolvenza; la rottura del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro". Molto positiva è la consapevolezza dello strapotere del capitale finanziario, che travalica i confini nazionali e impone i propri diktat a governi di destra e "sinistra" impotenti quando non accomodanti. E c'è anche consapevolezza della necessità di lottare contro quelli che vengono definiti "governi della crisi". Queste premesse finiscono però per essere vanificate dal lavoro per un movimento che non esce dai confini della Costituzione e del capitalismo. Proprio i precari, verso i quali il capitalismo mostra il suo volto più iniquo e sfruttatore e che stanno dando prova di tanta combattività, devono invece lottare assieme a tutti gli sfruttati e oppressi per abbattere il sistema capitalista, che genera il precariato. Occorre battersi tenacemente perché a tutti sia garantito un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato, rivendicando l'abrogazione della legislazione che ha moltiplicato le forme del lavoro precario (legge 30, pacchetto Treu). Una lotta che passa necessariamente per l'abbattimento del neoduce Berlusconi, il principale massacratore sociale, su cui dobbiamo concentrarci ora prima che possa fare altri danni. E per far questo bisogna puntare sulla massima unità con le masse lavoratrici e popolari in lotta per il lavoro, il contratto nazionale, i diritti sindacali, la scuola e l'università pubbliche, le pensioni e così via. Al contempo invitiamo a stare in guardia rispetto alla parola d'ordine del "reddito minimo garantito" (comunque lo si chiami), perché si tratta sostanzialmente di chiedere l'elemosina ai padroni e compromettere la lotta per la piena occupazione. Ciò non esclude che si debbano rivendicare più "ammortizzatori sociali", a partire dall'indennità di disoccupazione pari al salario medio degli operai dell'industria, nonché il diritto all'insolvenza. Alle precarie e ai precari delusi dai sindacati attuali e che giustamente rivendicano "decisionalità assembleare e non delegata", noi invitiamo a valutare la nostra proposta di costruire dal basso un grande Sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori, attento e attivo anche sui problemi dei precari I precari sono una classe? Il già citato Andrea Fumagalli, professore di economia politica all'Università di Pavia, movimentista, sostenitore di lunga data del "reddito di cittadinanza" e della "teoria dei beni comuni", in un articolo su il manifesto del 25 settembre, sostiene che i precari sarebbero non ancora una "'classe in sé', ma piuttosto una 'classe in divenire'", cioè una classe sociale a sé stante, sia pure in fase di formazione. Due parole su questo punto, importante per impostare correttamente la questione. Le classi sono "quei grandi gruppi di persone che si distinguono tra di loro per il posto che occupano in un sistema storicamente determinato di produzione sociale, per il loro rapporto (perlopiù sanzionato e fissato da leggi) con i mezzi di produzione, per la loro funzione nell'organizzazione sociale del lavoro e, quindi, per il modo in cui ottengono e per la dimensione che ha quella parte di ricchezza sociale di cui dispongono" (Lenin). I precari non rientrano in questa categorizzazione, perché il fenomeno della precarizzazione interessa più classi: pensiamo ai precari dell'industria, della conoscenza, del pubblico impiego, ecc. Il precariato è piuttosto una condizione creata appositamente dai capitalisti e dai loro governi per aumentare i guadagni e i profitti sulle spalle delle masse lavoratrici, specie giovanili e femminili, dotandosi al contempo di un'ottima arma di ricatto per soffocare contestazioni e lotte sul nascere. 5 ottobre 2011 |