Più di 16 mila euro lordi al mese I parlamentari italiani sono i più pagati d'Europa E godono di scandalosi privilegi Lo stipendio non deve superare tre volte il salario medio operaio Mentre i salari, le pensioni, i servizi pubblici essenziali e le tutele sociali, sanitarie e sindacali sono stati letteralmente passati al tritacarne dal macellaio Monti e dal suo governo di tecnocrati borghesi; mentre la raffica di aumenti tariffari già in vigore sui pedaggi autostradali, luce, benzina e gas è già operativa e comporterà per le masse popolari nel corso del 2012 un esborso di circa 2.103 euro in più a famiglia; il 3 gennaio, con la pubblicazione dei risultati e delle attività svolte dalla Commissione governativa per il livellamento retributivo Italia-Europa (Commissione istituita da Tremonti a settembre scorso e affidata al professor Enrico Giovannini, presidente dell'Istat, con l'obiettivo di adeguare gli stipendi dei parlamentari italiani a quelli dei 7 maggiori paesi europei) abbiamo avuto la conferma che i lauti compensi di deputati e senatori e soprattutto i loro odiosi privilegi da nababbo non saranno assolutamente toccati. Alla vista della tabella comparativa che mette a confronto gli stipendi dei parlamentari italiani con il resto dei paesi europei, tutte le cosche parlamentari hanno reagito con una vergognosa levata di scudi a difesa dei propri privilegi. Nelle 37 pagine depositate il 31 dicembre, la relazione fotografare la "giungla" retributiva dei parlamentari nei sette paesi presi in esame: Italia, Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Austria e Belgio. Lo studio effettuato dalla Commissione in questi 4 mesi, da un lato, ha confermato che il deputato italiano guadagna oltre 16 mila euro lordi al mese, contro i 13.500 di un francese, i 12.600 di un tedesco, i 10 mila di un olandese, i 9.200 di un belga, gli 8.650 di un austriaco e addirittura i 4.630 di uno spagnolo; ma, dall'altro lato, la stessa Commissione ha sottolineato che non ha avuto tempo di stabilire la media europea richiesta dalla norma Tremonti e, con tanti distinguo, bolla come "provvisori e insufficienti" i suoi stessi dati servendo su un piatto d'argento alle cosche parlamentari il pretesto per rimandare ancora una volta alle calende greche i famigerati tagli alla cosiddetta "casta". Non a caso tutti i capibastone con alla testa Bersani (PD), Giro (PDL), Bocchino (FLI) e Bellisario (IDV) hanno definito "inutile" il lavoro della Commissione e hanno liquidato la questione come "pura demagogia", "luoghi comuni" e "caccia alle streghe". Il colmo è che alla fine lo stesso Giovannini ha chiesto addirittura una proroga al 31 marzo per completare il lavoro su organi costituzionali e enti pubblici. Nel frattempo appare a dir poco ipocrita, vergognosa e fraudolenta la condotta dei presidenti di Senato e Camera che nelle settimane scorse, di fronte al montare dell'indignazione popolare, avevano assicurato un ridimensionamento degli emolumenti parlamentari entro gennaio. Schifani ha laconicamente precisato che la "Commissione ha dato delle indicazioni incomplete" e che comunque il da farsi lo "deciderà l'ufficio di Presidenza del Senato, unico organo deputato a discutere in tema di status del parlamentare". Stesso discorso anche da Fini, il quale ha rilevato la provvisorietà dei dati forniti e annunciato "prossime autonome iniziative dei competenti organi parlamentari". Ma allora, viene da chiedersi, perché si sono sperperati altre centinaia di migliaia di euro per allestire una Commissione governativa il cui lavoro già in partenza era considerato inutile? Non solo. La presidenza della Camera ha tentato perfino di fare il pesce in barile diffondendo una nota in cui precisa che l'indennità parlamentare netta è di 5mila euro (11.283,28 lordi) ossia inferiore ai 5.100 della Germania, 5.030 della Francia, 5.400 dell'Austria. "Il costo complessivo sostenuto per i deputati italiani in carica è inferiore rispetto a quello sostenuto dalle Assemblee dei Paesi europei con il PIL più elevato - inoltre, si legge ancora nel comunicato - nel documento l'importo dell'indennità spettante ai deputati italiani (pari a 11.283,28 euro) è indicato al lordo delle ritenute previdenziali, fiscali e assistenziali. Invece, al netto di tali ritenute, l'importo dell'indennità parlamentare, che è corrisposta per dodici mensilità, è pari mediamente a 5.000 euro". Un tentativo maldestro di vittimismo che aggiunge rabbia e sconcerto in quanto gli stessi uffici di Montecitorio, che sono proprio quelli che pagano gli stipendi ai parlamentari, fanno finta di non sapere che ai 5 mila euro netti di indennità di funzione, ogni membro del parlamento italiano aggiunge 3.503 euro di diaria, 1.331 per il trasporto e 3.690 (4.180 per i senatori) per i collaboratori, segretari e portaborse (senza certificare la spesa). Gli uffici di presidenza omettono il fatto che gli eletti italiani costano da un minimo del 20% fino al 400% in più rispetto ai colleghi europei e si mettono in tasca il 60% in più rispetto alla media degli europarlamentari. Non fanno menzione del fatto che a tutto ciò i parlamentari italiani aggiungono una serie scandalosa di privilegi e di benefit che in Europa nemmeno se li sognano, che fanno lievitare il malloppo a cifre incalcolabili e che noi abbiamo cercato per quanto possibile di riassumere nella tabella che pubblichiamo a parte. Altro che "casta": siamo di fronte a delle vere e proprie "cosche parlamentari" che si arricchiscono e sguazzano nel lusso coi soldi rubati al popolo. Il grado di degenerazione mafiosa a cui è giunto il parlamento borghese nell'attuale regime neofascista imperante in Italia non ha precedenti. A questo quadro vergognoso e squallido, non si può quindi che contrapporre con forza le limpide rivendicazioni del Programma d'azione del PMLI, ossia: "Abrogare tutte le norme sul finanziamento pubblico dei partiti, e in particolare la legge 157 del 3 giugno 1999 sui rimborsi per le spese elettorali". "Gli stipendi del presidente della Repubblica, del presidente del Consiglio, dei ministri, dei parlamentari, dei presidenti, dei sindaci e degli assessori regionali, provinciali e comunali, così come quelli degli alti funzionari dello Stato, non devono superare il triplo del salario medio operaio dell'industria".
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