Per la prima volta colpite le studentesse La strage di Brindisi giova al governo e al sistema capitalista Da Torino e Milano a Palermo, Catania, Cagliari, da Roma a cento altre città immediate e spontanee manifestazioni. A Brindisi grande manifestazione organizzata dalle istituzioni, che sono state contestate Unirsi sì, ma contro il capitalismo, per il socialismo Alle 7,40 di sabato 19 maggio, davanti all'istituto professionale per i servizi sociali, la moda e il turismo "Francesca Laura Morvillo Falcone" di Brindisi, un barbaro attentato esplosivo ha ucciso la studentessa sedicenne Melissa Bassi e provocato gravi lesioni e ustioni ad altre cinque sue compagne di scuola. Ai genitori di Melissa e alle sue coetanee ferite, alcune delle quali versano ancora in gravi condizioni, va tutta la nostra solidarietà, mentre esprimiamo tutto il nostro sdegno per questo vile attentato che non ha precedenti per l'obiettivo scelto e la criminale ferocia con cui è stato eseguito. La tremenda esplosione è stata provocata da tre bombole di gas liquido, nascoste dietro un cassonetto dell'immondizia portato appositamente davanti al cancello d'entrata della scuola, e collegate tra loro con un innesco elettrico azionato a distanza con un telecomando. Quest'ultimo è stato azionato dopo l'arrivo dell'autobus proveniente dalla cittadina di Mesagne, il paese di Melissa e di alcune delle sue amiche rimaste ferite, appena le prime studentesse sono scese dal mezzo e hanno cominciato a radunarsi davanti all'ingresso della scuola. Segno che l'attentatore e i suoi eventuali complici non volevano limitarsi ad un atto terroristico a scopo dimostrativo ma volevano deliberatamente provocare una strage, che probabilmente solo per un caso non si è rivelata di proporzioni ancor più terribili. La potenza dell'ordigno è stata infatti devastante, tanto che alcuni suoi pezzi sono stati rinvenuti a centinaia di metri di distanza dal luogo dello scoppio. Troppi gli elementi coincidenti legati al luogo e ai tempi dell'attentato per non fare pensare subito alla mano della mafia e a un oscuro disegno politico-criminale che possa averla ispirata: la somiglianza con gli attentati e le stragi del 1992-93, il nome stesso della scuola colpita, intitolata alla moglie del giudice Falcone, uccisa insieme al marito e a tutti gli uomini della scorta nell'attentato di Capaci, di cui il 23 maggio sarebbe ricorso il ventesimo anniversario, il fatto che proprio quello stesso giorno avrebbe dovuto fare il suo ingresso in città la "Carovana della legalità" promossa dall'Associazione "Libera" di don Luigi Ciotti. Comunque è stata questa consapevolezza che ha spinto migliaia e migliaia di persone, studenti soprattutto, ma anche lavoratori, sindacati, associazioni democratiche, a scendere subito in piazza in centinaia di città in tutte le regioni d'Italia per manifestare rabbia e sdegno per il vile attentato, ma anche per dire un fermo no a qualsiasi tentativo di ripetere il copione stragista di matrice neofascista e mafiosa ormai ben noto a questo martoriato Paese. Centinaia di manifestazioni in tutta Italia Convocate spontaneamente col passaparola e tramite Internet, o convocate dalle istituzioni, che in alcuni casi sono state contestate dalla piazza, centinaia o migliaia di persone si sono radunate quello stesso pomeriggio in molte città d'Italia, a cominciare dalla stessa Brindisi, dove alle 18 in diecimila hanno riempito piazza Vittoria e dove sono stati fischiati dalla folla il sindaco e il vescovo della città. Insieme a Brindisi, tra i primi a scendere in piazza sono stati i giovani e la popolazione di Palermo, che alle 16 hanno organizzato un presidio davanti all'"albero di Falcone", per poi alle 20 dare vita a una fiaccolata davanti alla scuola "Falcone" nel quartiere Zen. A Catania, alle 17, un presidio è stato organizzato davanti alla prefettura. A Napoli una manifestazione è stata convocata davanti a palazzo San Giacomo. A Roma centinaia di persone si sono radunate davanti al Pantheon. Firenze è stata teatro di due manifestazioni, una in piazza dei Ciompi alle 18, seguita la sera da una fiaccolata con partenza dalla Biblioteca nazionale. A Genova si è tenuto un presidio spontaneo nella storica piazza De Ferrari. A Torino si è svolta una manifestazione la domenica al Teatro regio, alla presenza di Maria Falcone, del procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, e don Ciotti. A Milano alcune centinaia di persone hanno organizzato un presidio in piazza San Fedele e dato vita a un corteo nelle vie adiacenti. Anche il PMLI è sceso ufficialmente in piazza nelle città dove è presente. Impossibile per ragioni di sintesi citare le decine e decine di località in cui si sono svolti sit-in, presidi e manifestazioni. A quelle già ricordate ne aggiungiamo solo alcune tra le più significative, come Cagliari, Bergamo, L'Aquila, Prato, Venezia, Livorno, Mantova, Latina, Caserta, Salerno, Bologna e la stessa Ferrara, i cui abitanti hanno voluto manifestare solidarietà alle vittime di Brindisi nonostante siano stati colpiti dal grave terremoto di domenica notte in Emilia-Romagna. Persino a Londra si è tenuta una manifestazione di alcune centinaia di persone in Trafalgar Square. Diverse sono le ipotesi investigative, tra cui quella che potrebbe trattarsi di un'azione individuale. Ma anche se così fosse un fatto è comunque certo: questo attentato, per l'impatto terroristico che ha generato nell'opinione pubblica, colpendo così ciecamente e per la prima volta una scuola e delle ignare ragazze, e per il clima sociale e politico in cui è venuto a cadere, può giovare oggettivamente soltanto al governo e al sistema capitalista, che hanno tutto l'interesse a sfruttare simili eventi, tra cui rientra anche l'attentato di Genova all'amministratore delegato di Ansaldo nucleare, per ricompattare il Paese impaurito intorno alle istituzioni e carpire il suo consenso a nuovi provvedimenti liberticidi e alla repressione poliziesca della ribellione sociale. Man mano che va avanti la politica di lacrime e sangue che infligge alle masse lavoratrici, giovanili e popolari per far uscire il capitalismo dalla crisi, il governo Monti è ben consapevole infatti della necessità di prevenire le inevitabili rivolte sociali facendo loro intorno terra bruciata per isolarle e impedire che si saldino alla crescente sfiducia delle masse nelle istituzioni borghesi, nelle illusioni elettorali e parlamentari, nei partiti del regime neofascista e nel sistema capitalista stesso. E quale miglior occasione di questa gli si poteva offrire per chiamare il popolo a stringersi intorno alle screditate istituzioni borghesi e al marcio sistema capitalista predicando a perdifiato la cosiddetta "cultura della legalità" e la lotta contro "ogni" violenza? No all'unità con il governo e le istituzioni borghesi Non per nulla in questi giorni è tutto un coro a stringersi intorno alle istituzioni, dal ministro dell'Istruzione Profumo, che invita gli studenti "a non cedere ai sentimenti di dolore e rabbia, pensando di essere soli" e a tornare a scuola pensando "solo ai compiti e allo studio, alle amicizie e allo sport"; allo stesso Monti, che dagli Usa ha promesso di operare "perché il Paese sia più che mai unito in questi momenti"; dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, che invita a "rinsaldare la coesione sociale", al neoduce Berlusconi, che "contro il terrorismo" invoca una risposta "nell'unità e nella concordia di tutte le forze politiche, sociali e culturali del nostro Paese". Si invoca insomma l'unità proprio con quelle istituzioni che hanno sempre coperto le stragi e i loro mandanti e che al loro interno continuano a proteggere e foraggiare i loro esecutori e complici, che si annidano negli apparati dello Stato, nei servizi segreti e nelle "forze dell'ordine". No, non ci può essere nessuna unità di popolo intorno alle istituzioni borghesi. Solo incoraggiando la sfiducia delle masse verso di esse e liberandosi da esse sarà possibile liberarsi anche dal flagello delle stragi con cui, a partire dalla strage di Stato del 12 dicembre 1969, la classe dominante borghese in camicia nera torna a insanguinare periodicamente l'Italia ogni volta che sente vacillare il suo marcio dominio di classe. Uniti sì, ma contro il regime neofascista e il capitalismo, per il socialismo. La miglior risposta alle stragi e alle trame occulte è lottare uniti, usando tutti i metodi di lotta ritenuti utili, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle università, nelle piazze e nel Paese contro la macelleria sociale del governo e in difesa dei diritti dei lavoratori, dell'articolo 18, della scuola pubblica, del territorio e per liberarci dal governo Monti della grande finanza, della Ue e del massacro sociale. Ma cosa altro aspettano i sindacati dei lavoratori, in particolare la Cgil e i "sindacati di base", a proclamare unitariamente lo sciopero generale di 8 ore con una manifestazione nazionale a Roma? 23 maggio 2012 |