Ormai in concorrenza globale con le ex potenze coloniali La strategia della Cina imperialista in Africa Nel continente africano si gioca una partita per il controllo dei mercati e soprattutto per lo sfruttamento delle risorse naturali che di recente ha visto l'ingresso di un nuovo concorrente imperialista impegnato a fare le scarpe al dominio delle ex potenze coloniali Francia e Gran Bretagna, già messo in discussione nell'ultimo decennio dalla penetrazione degli Usa: è la Cina di Hu Jintao. Una presenza ufficializzata lo scorso 12 gennaio, al ricevimento offerto a Pechino dal ministero degli esteri ai rappresentanti diplomatici africani, con la presentazione di un documento dal titolo La politica della Cina in Africa dove si afferma la volontà del gigante fascista e revisionista cinese di costruire "un nuovo modello di partecipazione strategica" con i paesi africani. Il ricevimento era stato convocato in occasione del cinquantesimo anniversario dell'apertura delle prime relazioni diplomatiche tra la Repubblica popolare cinese e un paese africano, l'Egitto di Nasser impegnato tra l'altro a affermare la sovranità del suo paese sul canale di Suez. E in apertura il documento si richiama alle vicende della lotta anticoloniale che ha accomunato cinesi e africani. Solo che cinquant'anni fa era la Cina di Mao che ricercava relazioni di reciproca convenienza e sosteneva le lotte di liberazione e di affrancamento dal colonialismo dei paesi africani. Come ha scritto a commento del documento di Pechino un giornalista della Sierra Leone, "allora la Cina finanziava progetti come la ferrovia fra lo Zambia e la Tanzania per aiutare i paesi africani a sottrarsi all'influenza russa e occidentale, oggi è solo business e senza andare tanto per il sottile". La strategia delineata dal documento presenta cioè un "nuovo modello di partnership" che non è affatto una normale evoluzione di decenni di relazioni tra la Cina e i paesi africani, come vorrebbe contrabbandarla la cricca di Pechino, ma la conferma della politica di una Cina capitalista lanciata sui mercati e sulle fonti di materie prime per affermare il suo ruolo di potenza imperialista globale. Una politica sviluppata anche in Africa, terra da sempre preda del colonialismo e dell'imperialismo. Che non ha certamente atteso la pubblicazione del documento per segnare i primi importanti passi. Tra il 2002 e il 2003 il commercio cino-africano è aumentato del 50%, nel 2004 è cresciuto di ancora un 60%. Gli scambi commerciali sono arrivati a circa 30 miliardi di dollari l'anno mentre nell'Africa centrale e occidentale la Cina ha superato in volume d'affari quelli di Gran Bretagna e Usa piazzandosi al secondo posto dietro la Francia. Sono circa 700 le compagnie cinesi impegnate in attività nel continente africano, in settori che vanno dallo sfruttamento delle risorse naturali al turismo, dai servizi alle infrastrutture; le multinazionali cinesi hanno investito 270 milioni di dollari per il nuovo complesso turistico a Freetown in Sierra Leone, 100 milioni di dollari per le infrastrutture e l'estrazione del rame nello Zambia, 600 milioni di dollari per un progetto idroelettrico nello Zimbabwe dove hanno anche conquistato il controllo di un operatore di telefonia mobile, sono presenti in quasi tutte le opere edili dei paesi del Golfo di Guinea. Particolare attenzione le multinazionali cinesi hanno rivolto verso il settore petrolifero, per le sempre maggiori necessità di approvvigionamento dettate dalla crescita economica del paese. La Cina è il primo compratore del petrolio sudanese, che già copre il 12% delle importazioni di Pechino, e dell'Angola; gli idrocarburi africani coprono complessivamente più del 30% dell'approvvigionamento di Pechino. La China national petroleum corporation ha investito un miliardo di dollari per costruire una grande raffineria a Khartoum, in Sudan; società cinesi hanno comprato per più di 2 miliardi di dollari un'importante partecipazione in un giacimento petrolifero in Nigeria e avviato ricerche in Mauritania. A pestare i piedi al concorrente imperialismo americano che considera le stesse zone strategiche per diversificare i propri acquisti di greggio. La strategia della Cina imperialista in Africa prevede nuovi accordi commerciali bilaterali o con organizzazioni regionali per garantire la fornitura di materie prime ma non riguarda esclusivamente i settori economici. Pechino offre in cambio la ricerca di "posizioni comuni sulle principali questioni internazionali e regionali", leggi protezioni politiche, e l'intenzione "di portare avanti attivamente cooperazione e scambi tecnologici che riguardano la sfera militare". Una politica imperialista a tutto tondo. 3 maggio 2006 |