Studio della Sapienza di Roma I giovani prime vittime della crisi Lo scorso 7 giugno, la facoltà di Economia della Sapienza di Roma ha presentato la nona edizione del "Rapporto sullo stato sociale". Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri, il segretario della CGIL Susanna Camusso e il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua. Il Rapporto testimonia con l'evidenza dei numeri la macelleria sociale in corso da due anni a questa parte, da quando ha preso avvio l'attuale grave crisi capitalistica internazionale. Le vittime sacrificate sull'altare del recupero dei profitti e delle rendite, è dimostrato nero su bianco, sono i giovani. Nel biennio 2009-2010, il 90% della riduzione di occupazione (482mila su 532mila) ha riguardato infatti i 18-29enni. Oltretutto, nel 2009 i collaboratori e i precari hanno provato a presentare 10 mila domande di disoccupazione, l'80% sono state respinte per mancanza di requisiti. Se il presente è un inferno, nemmeno il futuro si presume roseo. Chi oggi lavora, ricorda lo Studio, con un contratto di collaborazione, a partita Iva o con una prestazione occasionale, a causa di un'aliquota contributiva inferiore a quella dei lavoratori subordinati, nel 2035, quando avrà raggiunto i requisiti, riceverà una pensione inferiore a quella sociale (all'incirca 400 euro). Il sistema pubblico non garantirà nulla più che una pensione da indigente. Come uscire da questa condizione allarmante? Le vie indicate dagli estensori del Rapporto non solo sono discutibili, ma letteralmente deprecabili, in quanto manifestano a loro volta una linea borghese e antipopolare. Per i ricercatori, infatti, di fronte al disastro che colpisce giovani e precari, nella poco entusiasmante ottica di salvare il salvabile, anziché rilanciare le pensioni pubbliche, a loro detta toccherebbe ai fondi pensione privati svolgere un ruolo compensativo. Una seconda richiesta, poi, è di aumentare le aliquote contributive dei parasubordinati al 33%, come previsto per i dipendenti. Se ciò avvenisse, in realtà, la precarietà verrebbe solamente indorata, ma in sostanza non si fuoriuscirebbe dalla condizione di essere lavoratori usa e getta. La Camusso ha tuttavia accettato questa ricetta perché, sostiene, il lavoro flessibile deve costare di più di quello ordinario, chiaramente per disincentivarne il ricorso. Il presidente dell'Inps, Mastrapasqua, ha a sua volta rimarcato l'esigenza di rilanciare i fondi privati (l'adesione è il 23% in Italia e il 91% in Europa). Come? La sua ricetta è iperliberista. "C'è bisogno di maggiore competizione nelle previdenze integrative". Proprio non ci siamo, le toppe della Sapienza e di Camusso e Mastrapasqua sono peggio del buco. La soluzione all'immiserimento delle masse giovanili si può trovare solo se si denuncia e si lotta contro le cause che li ha condannati a queste condizioni. Vanno perciò abrogate la "riforma" Dini delle pensioni (1996), che ha segnato il passaggio dal metodo di calcolo retributivo a quello contributivo (liberando nel contempo in soli quattro anni, dal 1996 al 2000, risorse per 25 mila miliardi di vecchie lire per lo Stato borghese), il "pacchetto Treu" (1997) e la "legge Biagi" (2003) che hanno precarizzato tutti i contratti di lavoro. "Riforme" approvate, a turno, dalla "sinistra" borghese e dalla destra, al fine di liberare gli "spiriti animali" della borghesia italiana, alle prese con la sfida competitiva dei mercati internazionali. Una sfida da affrontare senza "lacci e lacciuoli". Allora, proprio considerando l'alto tasso di disoccupazione strutturale esistente, la difficoltà per le nuove generazioni ad avere un lavoro stabile, tutelato sindacalmente e a salario pieno è importante caso mai ripristinare il sistema di calcolo retributivo per tutti. È necessario battersi, da un lato, per un sistema pensionistico pubblico, universale, unificato, a ripartizione, fondato sulla contribuzione obbligatoria e con una tassa sui profitti dei capitalisti; dall'altro, per restituire centralità al lavoro a tempo indeterminato, a tempo pieno e sindacalmente tutelato. 22 giugno 2011 |