Che che ne dica Prodi La svolta nel Dpef non c'è. Non sciolto il nodo dello scalone Non è nemmeno un "passo avanti", come dice Epifani. Sul piano sociale molta polvere negli occhi e poca sostanza. Si faranno la Tav e i rigassificatori. Le Poste e la Tirrenia saranno privatizzate e Fincantieri andrà in borsa La questione sociale rimane irrisolta L'approvazione, avvenuta il 28 giugno all'unanimità da parte del consiglio dei ministri, del Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) 2008-2011 e del decreto legge (dl) per l'impiego di parte del cosiddetto "tesoretto" ottenuto con l'extragettito fiscale, è stata accompagnata da dichiarazioni altisonanti e da giudizi mistificatori dei principali esponenti della maggioranza di governo. In primis del presidente del consiglio, il dittatore democristiano Romano Prodi, e del seguito il ministro per l'Economia, il tecnocrate rigorista iperliberista Tommaso Padoa-Schioppa. Questa - ha sentenziato giulivo Prodi - è la giornata della svolta. Il Consiglio dei Ministri ha raccolto i frutti di molti mesi di lavoro". Dpef e decreto legge sono stati "approvati all'unanimità", cioè con la copertura vergognosa della cosiddetta in modo improprio "sinistra radicale" al governo. "Si cominciano a distribuire - ha aggiunto Prodi - le risorse che abbiamo potuto liberare con la politica del primo anno di governo da oggi nasce il progetto di rilancio della nostra economia e si conferma la strada intrapresa". "È la prima volta - gli ha fatto eco Padoa-Schioppa - che in corso d'anno vengono distribuite risorse". "Lo scenario di oggi è molto diverso da quello di un anno fa. Il decreto varato oggi dimostra che avere i conti a posto significa essere ricchi e non poveri: poter fare le cose e non rinunce". Ha però voluto subito chiarire che il governo non ha fatto nessuna scelta in contrasto con il rientro del debito pubblico affermando: "Dall'Europa non mi aspetto un 10, ma neanche una insufficienza". Non sono credibili I lavoratori, i disoccupati, i pensionati, i precari, i giovani, le masse popolari in genere devono credere alla parola di questi due volponi politici borghesi? No, noi pensiamo che non debbano credergli! Ma è vero che con questo Dpef il governo della "sinistra" borghese mette in essere una "svolta" della politica economica e sociale a favore dei ceti più deboli? No, al di là delle apparenze, di misure con poca sostanza e tanto fumo negli occhi, non c'è svolta ma continuità e sviluppo della linea seguita sin qui! Col tanto decantato decreto legge e le misure ivi contenute si attua per davvero una redistribuzione del reddito, si realizza quel "risarcimento sociale", come ama dire il capofila del PRC e attuale guardiano della Camera, Fausto Bertinotti? Assolutamente no! Le briciole son briciole, gli spiccioli son spiccioli. Certo, il Dpef approvato è differente da quello per il 2007 che conteneva una megastangata di 35 miliardi di euro e tagli drastici alla spesa pubblica e sociale, al pubblico impiego, alla sanità, alla scuola e all'università, conteneva la riduzione molto pesante dei trasferimenti agli enti locali e alle regioni. La Finanziaria che ne scaturirà, sarà diversa da quella precedente. Non solo perché con la stangata sono migliorati i conti dello Stato borghese, per giunta in concomitanza di una sensibile ripresa economica che ha garantito un aumento delle entrate fiscali, ma anche per ragioni squisitamente politiche, sindacali ed elettorali. Quali: la credibilità del governo Prodi verso l'elettorato di "centro-sinistra" è precipitata in caduta libera; i margini per rimanere nella maggioranza di partiti come il PRC, PdCI e dei Verdi senza suscitare un'aperta ribellione dei loro militanti ed elettori si sono ridotti notevolmente (così si spiega anche la lettera aperta inviata da Mussi, Ferrero, Bianchi e Pecoraro Scanio a Prodi e Padoa-Schioppa proprio alla vigilia del varo del documento di programmazione economica); c'è in atto la trattativa, o per meglio dire la concertazione, con i sindacati confederali su pensioni, welfare, "mercato del lavoro", "ammortizzatori sociali" e altro ancora che il governo non può permettersi di far fallire. Una rottura con Epifani, Bonanni e Angeletti significherebbe, inevitabilmente, e non potrebbero non indirlo, lo sciopero generale nazionale. Solo differenze tattiche Sono perciò differenze tattiche che derivano da opportunità politiche ed elettorali. L'indirizzo economico e finanziario di fondo rimane di stampo liberista e filopadronale. Le priorità di questo governo, ribadite nei documenti approvati, sono le stesse: abbattimento del debito statale e del suo rapporto col Pil, riduzione della spesa previdenziale, sostegno fiscale e finanziario alle imprese per competere sui mercati esteri. Nella precedente Finanziaria, ricordiamolo, ai padroni sono stati regalati 5 miliardi di euro. E anche nel presente Dpef c'è qualcosa. In questo quadro liberalizzazioni e liberalizzazioni, privatizzazioni e privatizzazioni. Per il 2008 (forse) non si parla di ulteriori tagli alla spesa sociale e di nuove tasse. Ma dal 2009 in poi si ricomincia di gran carriera. Quanto alla sbandierata equità sociale, solo miseri provvedimenti, più formali che di sostanza. La questione sociale (povertà, precariato, assistenza per i non autosufficienti, casa, ecc.) rimane del tutto irrisolta. Per non dire della questione ambientale che va a peggiorare con la costruzione dei rigassificatori e altre infrastrutture costose e dannose come la Tav. Nel Dpef furbescamente non si fa menzione di cosa intende fare il governo sullo scalone della "riforma" Maroni (oggetto della trattativa in corso con i sindacati) che porta l'età pensionabile dal 1° gennaio 2008 da 57 a 60 anni e che vale un taglio della spesa previdenziale di circa 7 miliardi di euro. Si sa che non è disponibile a cancellarlo, come tra l'altro aveva promesso in campagna elettorale, ma tuttalpiù a diluirlo nel tempo e a prevedere delle incentivazioni. Lo ha detto in modo brutale e arrogante, alla maniera del peggior Craxi, il vicepremier Massimo D'Alema, nel confronto con Epifani all'iniziativa della Cgil del 29 giugno scorso, a Serravalle Pistoiese, con queste parole: "se anche ci fossero (i soldi, ndr), io riterrei sbagliato metterli in un'operazione di questo tipo", come a dire, dell'abolizione dello scalone pensionistico non se ne parla neppure. Perché, secondo lui, ci sono altre priorità, perché chi sotto i 60 anni va in pensione con un assegno di poco più di mille euro è un privilegiato e costituisce una "distorsione del sistema previdenziale italiano". Più chiaro di così! Vediamo ora i punti essenziali. Le cifre Queste le cifre macroeconomiche, indicate nel Dpef, ostiche e di non facile comprensione per i non addetti ai lavori. La crescita del Pil (prodotto interno lordo) del 2007 sarà del 2%. Nel 2008 calerà, secondo le previsioni all'1,9%, attorno all'1,8% per gli anni restanti. Il debito pubblico in calo al 105,1% nel 2007 dovrebbe scendere sotto il 100% del Pil entro il 2010. Quest'anno il deficit si è attestato sul 2,8%. Il prossimo calerà al 2,2%: È un dato che viene dato per sicuro visto che lo 0,3% di differenza sarebbe già acquisito con l'utilizzo di parte dell'extragettito fiscale messo in cassa. Nel 2010 il rapporto debito/pil dovrebbe calare al 98,3% e al 95% l'anno dopo. Prodi e Padoa-Schioppa promettono che in autunno non ci sarà la consueta manovra fiscale correttiva aggiuntiva. Ma non c'è da stare tranquilli. Il ministro per l'economia ha già iniziato a dire che si devono trovare 24 miliardi di euro di risparmi per onorare gli impegni stabiliti. Il "tesoretto" Il cosiddetto "tesoretto", ossia l'extragettito fiscale impegnato nel Dpef ammonta complessivamente a 6,5 miliardi di euro pari all'0,4% del Pil. Così distribuiti. 900 milioni per l'aumento delle pensioni minime sotto i 600 euro mensili. L'ipotesi fatta trapelare prevede 300 euro come bonus e un aumento mensile di 40-50 euro lordi. Tutto sommato una miseria che non cambia minimamente la condizione indigente di questi pensionati che sono tantissimi e che non basta nemmeno a recuperare il potere d'acquisto perso in questi anni. E per gli altri pensionati, anch'essi tantissimi, che sono poco sopra a questo reddito e comunque non arrivano a mille euro? Niente di niente. Al fondo per le politiche sociali vanno appena 186 milioni di euro. Circa 260 milioni sono per la lotta all'Aids. Attorno agli 800 milioni per le politiche giovanili e altri 800 per misure in favore dei precari. Dicevamo spiccioli, senza scherzare. Mentre ci sono 2,3 miliardi di euro per incentivi all'imprenditoria femminile e per investimenti nelle infrastrutture e 1,9 miliardi per la sicurezza e il funzionamento dei ministeri. La "dote fiscale" per gli incapienti Col Dpef il governo Prodi intende dispiegare in modo concreto la sua politica familista per la gioia del Vaticano e del papa nero Ratzinger. Come? Istituendo una "dote fiscale" per i figli dei cosiddetti incapienti, i quali avendo un reddito talmente basso, e quindi esente dall'imposizione Irpef, non beneficiano delle detrazioni fiscali. Ad essi dovrebbero essere restituite mensilmente le detrazioni in vigore per i figli. L'obiettivo futuro per tutti è di "unificare detrazioni e assegni in un unico istituto di sostegno al reddito delle famiglie con figli minori". Pari opportunità Il governo dice di voler adottare un piano per favorire l'accesso delle donne nel "mercato del lavoro". Non è però specificato come. Sono solo parole, o c'è qualcosa di concreto? Si accenna anche ad agevolazioni fiscali per le aziende che favoriscano una conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Si sottolinea un'attenzione particolare per aiutare le donne imprenditrici. Rigassificatori e Tav In cima ai pensieri del governo in questo capitolo stanno la costruzione dei contestatissimi, inquinanti e pericolosi rigassificatori, assieme al potenziamento dei gasdotti esistenti. Per le fonti energetiche naturali e rinnovabili nulla! Il completamento della Tav, ivi compresa l'altrettanto contestatissima tratta in Valle di Susa, ecco un altro pallino di Prodi. Privatizzazioni Qui c'è la prova regina che non di svolta ma di continuità nella politica liberista si deve parlare. Prodi e i suoi, compresi i ministri della "sinistra radicale", vogliono infatti privatizzare, oltre all'Alitalia, già in fase di arrivo, addirittura le Poste e la Zecca dello Stato. Inoltre, nei prossimi mesi intendono collocare in Borsa, e quindi iniziare a privatizzare, il 49% della Fincantieri l'ultima grande azienda pubblica rimasta, peraltro in buona salute finanziaria e in crescita come fatturato. Stessa sorte per Tirrenia. Ici, affitti e sfratti Anche qui promesse solo sulla carta, fumo e ancora fumo negli occhi. Il governo scrive che a partire dal 2008 ridurrà l'Ici sulla prima casa. Di quanto e a chi? Per ora si sa che tale riduzione avverrà sulla "base delle compatibilità finanziarie". Per gli affitti il governo dovrebbe introdurre delle detrazioni per le famiglie che sono in locazione. Per quanto riguarda però gli sfratti esecutivi, anche per anziani portatori di handicap e famiglie con figli a carico, nel Dpef non c'è alcuna proroga e quindi dal 14 ottobre prossimo potranno essere messi sulla strada. Circa la nuova costruzione di abitazioni popolari, silenzio assoluto. Sanità In tema di sanità il governo più che dare vuole prendere. Infatti afferma in premessa che "i cittadini devono contribuire direttamente alla spesa sanitaria". Solo che questa partecipazione va rivista e improntata "a una maggiore equità". Subito aggiunge che intende "aggiornare i livelli essenziali di assistenza (Lea) superando le prestazioni obsolete". Ciò che avverrà sarà: un taglio alla spesa sanitaria globale, un aumento dei ticket, una riduzione delle prestazioni. A un'analisi attenta e senza paraocchi, il Dpef e il decreto legge del governo Prodi dunque non meritano né fiducia né consenso. Anzi, i lavoratori e le masse popolari devono far sentire la loro voce critica, la loro delusione rispetto alle aspettative, devono mettere sulla piazza il loro potere contrattuale per ottenere miglioramenti sostanziali in sede di approvazione della legge finanziaria e per strappare risultati adeguati al tavolo della trattativa sindacale, in testa l'abolizione dello scalone di Maroni, poi la cancellazione della legge 30 e altro ancora. 4 luglio 2007 |