Col nuovo accordo separato sul modello contrattuale Il taglio dei salari in tre anni sarà di 1.117 euro L'affermazione della Confindustria, pubblicata su Il Sole 24 Ore, secondo cui con il nuovo modello contrattuale i salari ci guadagnerebbero è falsa, aleatoria, ingannevole. Lo studio elaborato dall'Ires-Cgil, fondato su dati certi e inoppugnabili dicono tutt'altra cosa, dicono che col nuovo sistema le retribuzioni dei lavoratori nel triennio prossimo subiranno un taglio pesante. Gli esperti dell'Ires-Cgil hanno messo a confronto i due modelli, quello vigente e quello imposto da governo e Confindustria e sottoscritto da Cisl, Uil e Ugl, e concluso che: per il periodo 2004-2008 i lavoratori avrebbero perso mediamente 1.357 euro, con un risparmio per le imprese di 15-16 miliardi di euro circa; per il periodo 2009-2011 i lavoratori perderanno mediamente 1.117 euro, a favore dei profitti capitalistici per un ammontare di diversi miliardi di euro. Per il futuro, lo studio chiarisce infatti che, se si dovesse applicare da qui al 2011 il nuovo modello contrattuale, padronale e corporativo, si registrerebbe una perdita di 854 euro, di cui 453 direttamente sulle retribuzioni dei contratti nazionali. La differenza è davvero rilevante e riguarda milioni di lavoratori. La Confindustria sostiene che i salari nominali dovrebbero crescere da qui al 2011 di 2.503 euro; secondo le stime del centro studi della Cgil, con il sistema vigente dovrebbero crescere in realtà di 3.357 euro, con una differenza appunto di 854 euro. Considerato il mancato guadagno, la perdita complessiva sarebbe pari a 1.117 euro. Più nello specifico lo studio mette in evidenza che il nuovo modello riduce il valore punto (ovvero il valore economico attribuito a ogni punto di inflazione per calcolare le retribuzioni) basato sui minimi tabellari, portandolo mediamente dagli attuali 18 euro medi a 15,74, che risulta inferiore tra il 10 e il 30%. Considerando che nel periodo 2004-2008 l'inflazione mediamente si è attestata al 2,5%. Moltiplicando 18 euro per 2,5 punti d'inflazione per 12 mesi per 4 anni si ottiene un incremento di 2.160 euro. Moltiplicando, invece, 15,74 euro per 2,5 punti d'inflazione media annua per 12 mesi e per 4 anni la cifra si riduce a 1.889 euro (-271 euro). Per effetto del cumulo della perdita di potere d'acquisto generata dal primo anno considerato e trascinata nei successivi, la perdita cumulata esclusivamente attribuibile alla riduzione del valore punto e di circa 951 euro. L'altro taglio alle retribuzioni, sottolineato nella simulazione dell'Ires, deriva direttamente dall'applicazione dell'indicatore di inflazione IPCA (inflazione armonizzata dalla Ue) depurata dall'incremento dei prezzi dei prodotti energetici. Nello stesso periodo considerato (2004-2008) l'indice generale ha registrato una crescita media annua di 2,5% che depurato dalla voce energia scende al 2,1%. Ciò comporta un'ulteriore perdita di 406 euro. È vero che l'accordo prevede un recupero per uno "scostamento significativo" tra l'inflazione prevista e quella reale, ma con un ritardo di tre anni e non è chiara la consistenza. E questi "scostamenti" si verificheranno eccome, vista l'esperienza recente. Nel Dpef 2008-2011 Tremonti aveva fissato il tasso d'inflazione medio annuo attorno all'1,7%. Nel Dpef 2009-2013 stilato solo un anno dopo, questo tasso è salito a ben 3,4%. Anche Eurostat aveva diffuso i dati sull'inflazione in Europa relativi a marzo 2008-marzo 2007, registrando un 3,6%, con un incremento quasi doppio rispetto all'1,9% registrato tra marzo 2007 e marzo 2006. 4 febbraio 2009 |