Un devastante terremoto si abbatte su 26 comuni Immane tragedia in Abruzzo poteva essere evitata Oltre 250 morti, decine i dispersi, 1.500 feriti, decine di migliaia gli sfollati. Onna rasa al suolo, Paganica semidistrutta. Gravi danni a L'Aquila. Inascoltato l'allarme del ricercatore Giuliani. Lo "sciame" sismico durava ormai da tre mesi. Solidarietà da tutta Italia e dal mondo Ricostruire rapidamente e gratuitamente Ancora una volta il nostro Paese è stato ferito a morte da un'immane tragedia ambientale. Alle 3,32 di lunedì 6 aprile una forte scossa di terremoto, classificata del 5,8° della scala Richter (8-9 di quella Mercalli) ha colto nel sonno le popolazioni della provincia di L'Aquila e in una manciata di pochi ma interminabili secondi, ha sconvolto per sempre la loro vita, seminando morte, radendo al suolo decine di migliaia di case, infrastrutture, monumenti, edifici storici, università. In un attimo un'intera comunità ha perduto tutto quel che aveva, dagli affetti più cari, madri, padri, figli, parenti, amici, alla casa, al lavoro. Il bilancio provvisorio di questa ennesima catastrofe è agghiacciante ed è destinato ad aggravarsi: nel momento in cui scriviamo sono salite a oltre 250 le vittime accertate, ma ancora decine sono i dispersi, e più le ore passano è più si affievoliscono le possibilità di estrarre persone vive da sotto le macerie. Per tutta la notte e per tutto il giorno si è scavato, anche a mani nude, riuscendo a portare in salvo 150 persone. 1.500 sono i feriti di cui un centinaio molto gravi e decine di migliaia gli sfollati. Lo stesso presidente della Regione Chiodi parla di 20-25 mila persone che non possono rientrare nelle loro case perché crollate o lesionate. Ma probabilmente sono molte di più. Commovente la solidarietà, vera, sincera, sconfinata con la quale le masse popolari si sono strette attorno alle popolazioni aquilane in una gara di aiuti. A partire dalle migliaia di volontari che da ogni parte del Paese sono accorsi sul posto per prestare i primi soccorsi, scavando spesso con le mani per portare in salvo le persone incastrate tra le macerie, dai donatori di sangue, da chi sta contribuendo alle raccolte di beni di prima necessità e di fondi. La furia del terremoto ha cancellato intere frazioni della provincia di L'Aquila, come Onna, dove si conta il maggior numero di vittime, fino ad ora 40, o come Paganica dove è stato localizzato l'epicentro del terremoto. Tempera, situata qualche chilometro più in alto, è ferita a morte. Sotto le macerie delle case sono morti in cinque, ma al tardo pomeriggio mancava ancora qualcuno all'appello. Stesso desolante scenario a San Gregorio, dove i cadaveri recuperati sono sei. Superato il ponte sul fiume Aterno, si arriva a Fossa. Ora il ponte è lesionato in più punti. Anche qui solo cumuli di macerie. Quattro le vittime, tra cui una bambina moldava di tre anni. In tutto sono 26 i paesi dell'aquiliano colpiti dal sisma. Particolarmente drammatica la situazione nel capoluogo. Strazianti le scene che si sono presentate ai soccorritori nel recupero dei corpi sotto le macerie, come quella di una giovane donna che è stata trovata abbracciata ai suoi due figli. Come i quattro bambini che arrivati in ospedale praticamente soffocati dai calcinacci e dalla polvere sono morti nonostante tutti i tentativi di rianimarli. A crollare non sono state solo le case vecchie, ma anche gli edifici pubblici e scuole costruiti di recente, che avrebbero dovuto rispettare rigorose norme antisismiche, visto che L'Aquila è classificata come zona al più alto rischio sismico. Gravissimo è il caso del moderno ospedale San Salvatore che dopo la forte scossa è collassato nelle strutture portanti diventando inagibile al 90% ed è stato evacuato, col doppio dramma dei malati ospitati gettati sulla strada e della sua inutilità a soccorrere e curare i feriti gravi causati dal sisma. O come la Casa dello studente, tristissimo simbolo della tragedia, sotto le cui macerie hanno perso la vita almeno cinque studenti. Ma il bilancio poteva essere ancor più pesante, se molti ragazzi non avessero deciso di anticipare le vacanze pasquali. Perché quanto è successo a L'Aquila è la cronaca di una strage annunciata, che poteva e doveva essere prevenuta almeno nel numero delle vittime. Infatti era ormai da dicembre che la zona era interessata da uno "sciame" sismico che aveva già arrecato danni a scuole e monumenti, tanto che due scuole non erano state neppure riaperte perché avevano subito danni importanti. Quasi duecento erano state le scosse, e da fine marzo, erano anche aumentate di entità. Il 30 marzo una aveva raggiunto il 4° della scala Richter. Anche nella sera di domenica 5 aprile, alle 23 la terra aveva tremato fortissimo (il sisma era stato avvertito in mezza Italia). Nonostante ciò, da parte della protezione civile di Bertolaso non erano venute che rassicurazioni e minimizzazioni. "Ci è stato detto che dovevamo rimanere tranquilli - denuncia la presidente della provincia de l'Aquila Stefania Pizzopane - Così tranquilli che siamo rimasti nelle nostre case trasformate in trappole". Addirittura ancora domenica, dopo la scossa delle 23, che aveva fatto precipitare nelle strade migliaia di persone, le tv locali lanciavano appelli a evitare inutili allarmismi. Inascoltato anche l'allarme del ricercatore presso il Laboratorio nazionale di Fisica del Gran Sasso, Giampaolo Giuliani, che basandosi sul monitoraggio del gas radon emesso, aveva previsto una scossa disastrosa a Sulmona, beccandosi di "imbecille" da Guido Bertolaso e una denuncia per procurato allarme. Anche gli ospiti della Casa dello Studente, appena una settimana fa avevano più volte chiamato i vigili del fuoco perché sentivano scricchiolare i muri, senza però avere risposte. Ora che la strage è compiuta Bertolaso, finge di piangere lacrime di coccodrillo, definendola "la più grande tragedia di questo millennio". Eppure porta la sua firma il comunicato del 1 aprile della Commissione nazionale per la previsione e prevenzione dei grandi rischi riunitasi a l'Aquila che afferma: "l'attività sismica delle ultime settimane... viene costantemente monitorata, pur non essendoci nessun allarme in corso". Mentre il vicecapo della protezione civile, Bernardo De Bernardinis, filosofeggiava: "Bisogna saper convivere con le caratteristiche dei territori". E la "comunità scientifica" confermava "che non c'è pericolo perché il continuo scarico di energia riduce la possibilità di eventi particolarmente intensi". Ecco in che mani è la prevenzione delle catastrofi naturali del nostro Paese. Disgustosa la passerella demagogica inscenata dal neoduce Berlusconi, che con finta costernazione per la tragedia, non ha fatto altro che magnificare la solerzia nei soccorsi assicurata dal fido Bertolaso, l'efficacia e la tempestività dell'azione di governo mentre ha seminato promesse a piene mani sul fatto che nessun terremotato sarebbe stato "lasciato solo". Ha fatto pure sfoggio di autarchica arroganza di mussoliniana memoria invitando quei Paesi, che si erano offerti a non mandare aiuti: "Siamo in grado di rispondere da soli alle esigenze, siamo un popolo fiero e di benessere e li ringrazio ma bastiamo da soli". In realtà, proclami a parte, non pochi sono stati i ritardi che si sono registrati nei soccorsi. Le tendopoli sono ancora insufficienti e soprattutto condannano gli sfollati all'addiaccio (nella notte la temperatura ha sfiorato lo zero), mancano le cucine da campo, e in molti casi anche i bagni sono insufficienti o senza acqua. Per di più la terra continua a tremare, con forti scosse e nuovi crolli. Anche le risorse che il governo ha annunciato di stanziare, 30 milioni euro e poi si vedrà, sono briciole rispetto ai danni e rimane sul vago su come saranno reperite. Come se non bastasse, Berlusconi non si è vergognato neppure di usare strumentalmente i danni di questo terremoto per sponsorizzare il suo famigerato "piano casa" affermando che gli piacerebbe che "si costruisse qui la prima new town", ovvero quello che lui ha fatto con "Milano2". "Ci saranno investimenti dei privati - prosegue - e insieme con la disponibilità delle banche si potrà arrivare ad avere rapidi mutui inferiori o pari al canone di locazione". Insomma, già il neoduce fiuta affari d'oro per i suoi amici palazzinari nella ricostruzione. Occorre opporsi a questa nuova immane colata di cemento. Bisogna invece imporre al governo che quanto è stato distrutto nei 26 paesi colpiti dal sisma venga ricostruito gratuitamente, rapidamente e con criteri antisismici, concentrando su ciò le risorse previste dal "piano casa", e dirottando sulla prevenzione e il risanamento edilizio e ambientale gli ingenti investimenti che invece sta sperperando nelle faraoniche "grandi opere". A mettere sotto accusa il governo nazionale sono anche i Vigili del Fuoco della Cgil che con un comunicato denunciano il "progressivo e continuo smantellamento di un sistema di protezione civile" mirato alla prevenzione delle catastrofi e alla salvaguardia del territorio. "Non ci si faccia ingannare - si legge nella nota - dalla immediatezza e generosità con cui... la macchina dei soccorsi e della solidarietà si è messa in moto" perché "tutto quello di cui, negli ultimi anni, ci sarebbe stato veramente bisogno è mancato", ossia "adeguate politiche ed investimenti per rendere partecipe, informare e formare la popolazione, per monitorare le condizioni dell'ambiente, per la programmazione e la ricerca, per potenziare mezzi ed attrezzature, per avere sempre più operatori dedicati soprattutto al soccorso e alla protezione della popolazione". Insomma un terremoto di tale entità poteva non trovare così indifesa la popolazione (le forti scosse che l'hanno preceduto dovevano quanto meno indurre le autorità ad allertarla) e invece non è stato fatto nulla per prevenire gli incalcolabili danni umani e materiali che ne sono derivati. No, non è il momento della "solidarietà nazionale", come invoca il leader del PD Franceschini echeggiato da Di Pietro. Occorre puntare l'indice accusatorio contro i governi nazionale, abruzzese e locali, il capo della protezione civile Bertolaso, e chiederne le dimissioni. È questo il primo passo, da cui deve ripartire il dopo-terremoto. Tutti questi morti, tutto questo dolore e tutta questa distruzione potevano essere ridotti al minimo se le autorità dei governi centrale e locali avessero veramente avuto a cuore il benessere della popolazione e avessero garantito costruzioni che rispondessero alle più elementari norme antisismiche e non agli appalti dei criminali cementificatori, speculatori e amministratori corrotti. Se fino a ieri Berlusconi e i suoi ministri magnificavano il loro famigerato "Piano casa" come l'occasione per aumentare senza controlli cubature e carichi delle abitazioni private finendo per peggiorare ulteriormente la loro sicurezza statica significa che essi sono responsabili come e più dei loro predecessori di questa immane tragedia. C'è ora un solo Piano casa da realizzare ed è quello di ricostruire rapidamente, gratuitamente e osservando i rigorosi criteri antisismici le zone vittime del terremoto. 8 aprile 2009 |