7 morti (dei quali 4 operai in turno di notte), 50 feriti e circa 6.000 sfollati Il terremoto semina morte e distruzione in Emilia-Romagna Nessun allarme preventivo alla popolazione. Insufficienti e tardivi i soccorsi della protezione civile. Il governo Monti deve provvedere al soccorso dei terremotati e alla riparazione e ricostruzione degli edifici danneggiati e distrutti. Il Presidente del Consiglio contestato durante la visita a Sant'Agostino Strage di operai: i responsabili devono pagare Dal nostro corrispondente dell'Emilia-Romagna Sono le 4,03 di domenica 20 maggio quando una violenta scossa di terremoto con epicentro a Finale Emilia, tra le province di Ferrara, Modena e Bologna, colpisce l'intera Emilia-Romagna. Un boato lungo alcune decine di secondi durante il quale la terra trema con una scossa di magnitudo 5,9, forte quasi quanto quella che il 6 aprile del 2009 distrusse L'Aquila (6,3 della scala Richter). Prima della più intensa vi era stata una scossa all'1,13 di magnitudo 4, e dopo alcune scosse di oltre 5 di magnitudo e altre centinaia di assestamento. La popolazione è scesa in strada per sottrarsi ai crolli che in particolare hanno colpito le province di Modena e Ferrara, ma la scossa è stata talmente forte che è stata avvertita in quasi tutto il centro-Nord Italia. Particolarmente colpite San Felice sul Panaro, Finale Emilia, San'Agostino, Mirandola, Crevalcore. Ad oggi il bilancio parla di 7 morti, circa 50 feriti e circa 6.000 sfollati, in particolare hanno ceduto le abitazioni di campagna ma anche quella nelle città hanno riportato ingenti danni, così come edifici storici e culturali. È gravissimo che siano rimaste danneggiate anche tante strutture industriali di recente o recentissima costruzione. La strage di operai ha riguardato 4 di loro che stavano lavorando durante il turno di notte. Tarik Naouch di 29 anni, operaio marocchino dell'Ursa di Bondeno, Nicola Cavicchi di 35 anni e Leonardo Ansaloni di 50 anni operai nei forni della Ceramiche Sant'Agostino, Gerardo Cesaro di 54 anni, operaio alla fonderia di alluminio Tecopress, non sono vittime del terremoto ma del capitalismo assassino, infatti i capannoni dove lavoravano si sono afflosciati come fossero di pasta frolla e il bilancio poteva essere addirittura peggiore, a riguardo la procura di Ferrara ha già avviato un'inchiesta. Vedremo se pagheranno i responsabili che li hanno costruiti (si parla di imprese cooperative vicine al PD) e le autorità competenti che non hanno fatto niente per impedire questa strage. Provvidenziale l'intervento dei volontari che hanno soccorso la popolazione colpita e portato generi di prima necessità, ma i cittadini si lamentano giustamente della Protezione civile del capo dipartimento Franco Gabrielli, che non è ancora riuscita a soddisfare le richieste in particolare per quanto riguarda le tende per gli sfollati che in parte devono dormire all'aperto nei campi con temperature notturne abbastanza basse e il maltempo di questi giorni, nelle auto e nei punti di accoglienza, nonché la scarsità di derrate alimentari e vestiario per i tanti che non possono mettere piede nelle loro case per la possibilità di ulteriori crolli. Pesante il bilancio anche sul fronte occupazionale: secondo la Cgil a Modena e Ferrara 5.000 operai e dipendenti dell'industria sono attualmente senza lavoro in quanto le aziende sono danneggiate, senza contare quelli impiegati nel terziario, servizi, agricoltura, precari e interinali. Per Coldiretti il danno ammonterebbe a 200 milioni di euro tra crolli e danni ai macchinari e animali. È evidente che ci si trova di fronte a un avvenimento naturale devastante e difficilmente prevedibile, d'altro canto occorre però denunciare che nessun avviso è stato dato alla popolazione, possibile che non vi fosse proprio nessuna avvisaglia di quanto stava per accadere? E comunque la Protezione civile, ancora una volta, si è dimostrata inadeguata di fronte alle emergenze, così come il governo del tecnocrate liberista borghese Monti. Nel consiglio dei ministri di martedì 22 è stato decretato la stato di emergenza per i territori di Bologna, Modena, Ferrara e Mantova per la durata di 60 giorni coperto utilizzando le risorse del Fondo Nazionale per la Protezione Civile rifinanziato con 50 milioni di euro. Ma al momento non è stata assunta nessuna decisione per far fronte ai problemi occupazionali (concessione della cassa integrazione), mentre si parla solo di rinvio, e non invece di annullamento, del pagamento dell'Imu sulle abitazioni e sugli stabilimenti industriali danneggiati e che potrebbero addirittura non essere più agibili. Da tenere poi conto della normativa, contenuta nella "riforma" della protezione civile varata pochi mesi fa, in base alla quale lo Stato non è più tenuto ad intervenire per la ricostruzione in caso di calamità naturali (terremoti, alluvioni, ecc.) lasciando la popolazione in preda alle assicurazioni private. Il governo del tecnocrate liberista borghese Monti deve invece farsi carico di tutte le spese necessarie al soccorso e al sostentamento della popolazione e alla ricostruzione e riparazione dei danni, così come deve intervenire per dare sostegno al reddito a quanti rischiano il posto di lavoro. Sul fronte sindacale la risposta di Cgil, Cisl e Uil si dimostra del tutto insufficiente, infatti i sindacati confederali hanno proclamato solamente fermate "simboliche" sui luoghi di lavoro durante i funerali delle vittime, inoltre lanceranno assieme alle associazioni padronali "una grande campagna di sottoscrizione nazionale in favore della ricostruzione nelle zone devastate" invitando le masse popolari e lavoratrici a farsene carico invece di chiamare il governo Monti ad assolvere i propri doveri di fronte alle masse colpite, che hanno "accolto" la delegazione in visita in una delle zone più colpite, Sant'Agostino, composta dal presidente del Consiglio, dal presidente dell'Emilia-Romagna Vasco Errani, dal capo della Protezione civile e dal questore di Ferrara al grido di "Vergogna, ladri. Potevi stare a casa". 23 maggio 2012 |