Lo stabilisce il Tribunale di Roma "La Fiat deve riassumere 145 operai della Fiom di Pomigliamo" Dura batosta a Marchionne Non è la prima volta, in questi ultimi due anni, che il nuovo Valletta Sergio Marchionne perde delle cause legali contro la FIOM che lui ha ingiustamente e illegittimamente cacciato dalle fabbriche Fiat. Sono già 9-10 volte che vari tribunali condannano il vertice del Lingotto per attività antisindacale e in alcuni casi, come a Melfi e Torino, gli impongono di cancellare licenziamenti illegittimi. Ma questa volta la batosta è di quelle grosse e pesanti. Arriva dal Tribunale di Roma che ha condannato il 21 giugno scorso la Fiat per discriminazioni contro la FIOM di Pomigliano. Ed ha ordinato che 145 lavoratori con la tessera del sindacato di Landini dovranno essere assunti nella fabbrica. Non solo, i 19 coraggiosi iscritti al sindacato che hanno promosso e vinto la causa legale, avranno diritto a 3.000 euro per il danno ricevuto. Ecco come è stato ottenuto questo importante risultato. La FIOM, ha spiegato l'avvocato Elena Polo, ha fondato la causa contro la Fiat basandosi su una normativa specifica del 2003 che recepiva direttive europee di contrasto alle discriminazioni. Che le discriminazioni ai danni degli iscritti FIOM ci fossero in modo macroscopico era evidente a tutti. Si trattava di farlo riconoscere in sede giudiziaria. Ebbene, alla data della costituzione in giudizio, un mese fa circa, su 2.093 assunti da Fabbrica Italia Pomigliano (FIP) nessuno risultava iscritto alla FIOM. Casualità, come hanno affermato ipocritamente i legali di Marchionne? Nemmeno per idea! La simulazione statistica, affidata a un emerito professore, Andrew Olson, dell'Università di Birmingham ha dimostrato scientificamente che le possibilità che ciò accadesse casualmente risultavano meno di una su dieci milioni. Ancora nel gennaio del 2011 gli iscritti alla FIOM erano 382 su un totale di 4.367 dipendenti; nonostante la capillare odiosa campagna di repressione messa in atto dai capi della Fiat che ha costretto molti lavoratori a lasciare la tessera per non perdere la speranza di riavere il posto di lavoro. Ed è in rappresentanza di tutti gli iscritti rimasti che il segretario della FIOM ha agito. Al momento della sentenza il numero degli iscritti era sceso a 207. Su questa cifra il giudice, Anna Baroncini, si è basato per determinare percentualmente il numero dei lavoratori con tessera FIOM che avevano diritto di essere immediatamente assunti. Comprensibile e prevedibile la gioia dei lavoratori FIOM di Pomigliano appena hanno appreso la notizia: "Abbiamo vinto" hanno gridato in coro. Momenti di commozione liberatori sono esplosi tra i lavoratori che, resistendo a pressioni e ricatti, e denunciando la Fiat, non hanno rinunciato a far valere i loro diritti. Questi i loro nomi: Birotti, Canonico, Ciccarelli, D'Alessio, Dell'Isola, Di Costanzo, Di Luca, D'Onofrio, Fiorillo, Maione, Manganiello, Manzo, Mellone, Niglio, Petillo, Pulcrano, Rea, Ruggiero, Sangiovanni. Davanti ai cancelli della fabbrica si è tenuto un presidio con tanto di bandiere rosse per festeggiare l'avvenimento. Questo il commento di Landini dopo la sentenza: "La FIOM considera di fondamentale importanza democratica la sentenza del Tribunale di Roma, che riafferma il principio di eguaglianza e di non discriminazione". "Ringraziamo tutte le iscritte e gli iscritti alla FIOM-CGIL che - ha aggiunto - negli stabilimenti Fiat, nonostante le pressioni e le discriminazioni, che stanno subendo, con la loro tenacia e la loro dignità difendono i principi costituzionali e l'idea fondamentale di un lavoro con diritti". A governo, parlamento e forze politiche Landini ha chiesto un intervento immediato "per ripristinare in tutti gli stabilimenti del Gruppo Fiat l'esercizio delle libertà sindacali e dei diritti delle persone che lavorano". Per il nuovo Valletta è, non c'è dubbio, una sconfitta cocente. Proprio a Pomigliano nel 2010 iniziò a dispiegarsi l'offensiva per imporre il suo modello di relazioni industriali mussoliniane che imponeva ai lavoratori sacrifici immani e non tollerava alcun dissenso sindacale. Ora tutto ciò è messo in discussione anche a livello giudiziario. Nessuno però si fa soverchie illusioni. La lotta deve continuare, intanto perché la sentenza del Tribunale di Roma venga applicata integralmente e tempestivamente, senza trucchetti e furberie varie. Più in generale la lotta è necessaria per costringere il Lingotto a rispettare le promesse relative alla riassunzione dei lavoratori di Pomigliano ancora in cassa integrazione, all'investimento e al rilancio industriale della fabbrica campana. Infine deve cadere il divieto liberticida della rappresentanza sindacale FIOM negli stabilimenti del Gruppo. Marchionne ancora non ha parlato. Non c'è però da star tranquilli memori delle volte precedenti e delle minacce reiterate circa la chiusura di un altro stabilimento, dopo quello di Termini Imerese e dell'Irisbus di Avellino, e circa l'intenzione di portare la Fiat fuori dall'Italia, come d'altronde sta già facendo gradatamente a favore dell'americana Chrysler. 27 giugno 2012 |